con maschere e dolci
Il carnevale è una delle feste più antiche, diffusa in quasi tutte le parti del mondo e celebrata con rituali diversi, pur avendo una radice comune, autenticamente popolare. Il cerimoniale della festa, fin dalle più remote edizioni esprimeva l’anelito e la volontà del popolo di liberarsi dal male commesso durante l’anno, attraverso la purificazione del fuoco e nello stesso tempo voleva propiziare la rinascita della natura alla vigilia della primavera e l’abbondanza dei frutti. Da ciò è scaturita l’usanza, giunta fino ai nostri giorni di accendere sulle alture e nelle piazze, numerosi falò attorno ai quali convenivano grandi e piccini per gridare, suonare, cantare e danzare, insomma per esprimere in modo estroso e spontaneo io propri sentimenti e la propria gioia. Per il popolo, bruciare il falò significava anche mettere in fuga il malocchio, allontanare le stregature e chiudere il capitolo dei divertimenti per entrare l’indomani nella Quaresima, tempo di austerità e di raccolto. Al vertice del grande falò, veniva (e viene tutt’ora) infisso il fantoccio di “carnevale”, goffo personaggio vestito di stracci, ripieno di paglia e accanto a lui, veniva posto un altro personaggio femminile, chiamato in certi paesi “Poiana” e in altri “Vecchia”, ritenuta comunque la moglie del protagonista destinata a fare la stessa fine dell’infelice compagno. La finale infuocata, aveva l’accompagnamento di questa e altre filastrocche: “Viva viva Cranval! La poiana in sima al pal La ciama cranval, Cranval al vol mia gnir E la poiana la vol morir! Lasa ch’la mora Agh farèma ‘na casa nova, un piatt ad polenta un piatt ad confet, sera l’us e andema a let! ” (Viva viva Carnevale! La poiana sul palo Chiama carnevale, Carnevale non vuol venire E la poiana vuol morire! Lascia che muoia Le faremo una casa nuova, un piatto di polenta un piatto di confetti, chiudi la porta e andiamo a letto!)
Anche nel periodo di carnevale venivano preparati dalle signore i dolci tipici: tortelli dolci con ripieno di marmellata e le “chiacchiere”: dolci in pastafrolla tutti da scoprire! Fra le tante maschere che animano il carnevale, c’è anche quella ufficiale di Parma: “Dsevòed”. Si tratta di un popolano furbo che fingeva di essere tonto “… per non pagare i dazzi”. Il suo nome è dovuto non tanto al suo atteggiamento melenso, bensì al suo dire brillante e simpatico, era infatti chiamato anche “Dsevod salè”
da www.turismo.parma.it
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