al numero civico 80 di Via Roma
Nel campo dell'edilizia privata di matrice tardo barocca e rococò, nessuna delle città emiliane può vantare una ricchezza simile a quella di Piacenza. Uno dei più fastosi esempi è palazzo Costa, edificato a partire dal 1690 dal conte Giuseppe. La facciata, che risale alla metà del XVIII secolo e raffinato esempio del locale rococò, è caratterizzata da tre teorie di finestre abbellite da balconcini in ferro battuto e impreziosite da cornici a timpano. La parte centrale, a bugnato piatto, è chiusa da un frontone che reca a rilievo lo stemma della famiglia presentato da due figure alate. Varcato il portone si può notare l'impianto a U dei corpi del palazzo con portico sui tre lati e apertura scenografica sul giardino, secondo soluzioni tipiche degli edifici piacentini. In uno dei tre lati porticati è posta la scala che conduce al piano nobile, che ha nella prima rampa un continuo affacciamento sul cortile. Percorrendo il luminoso scalone, ornato da stucchi ed affreschi, si giunge alloggiato superiore con statue raffiguranti Giunone, Afrodite, Flora e Pomona, e quindi al salone d'onore realizzato (1699) da Ferdinando Bibbiena (1657-1743) per le architetture ad affresco e da Giovanni Evangelista Draghi per le parti figurate. Il Bibbiena, l'indiscusso protagonista della «quadratura» cioè di architetture dipinte con finalità scenografiche e ripetutamente attivo in Piacenza, mette qui sontuosamente a punto la sua abilità nel creare effetti illusionistici. Recuperando elementi architettonici tratti dal formulario classico abbinati a ghirlande, volute, trofei, medaglioni, e combinati in ardite prospettive, suggerisce una straordinaria e illusoria dilatazione del vano reale, che appare infatti moltiplicato in altezza e nel contem po espanso ai Iati tramite esedre e nicchie, dove sono dipinti a finto rilievo Minerva e le Arti. Il palazzo pervenne alla fine del XIX secolo alla famiglia Maggi, cui appartiene ancora oggi. È quindi visitabile solo per motivi di studio, su richiesta.
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