così nominata per la peculiarità della sua architettura nobiliare
Già i viaggiatori che nel ‘700 attraversarono la Valle Padana avevano soprannominato Piacenza “la città dei Palazzi”, per la peculiarità della sua architettura nobiliare. Infatti, diversamente dalla vicina Parma, dove l’aristocrazia si era resa cortigiana, la corte era praticamente assente e la classe nobiliare, che preferiva avere residenza in città, poteva celebrare il proprio rango in fastose imprese architettoniche. Già in età prefarnesiana furono edificati palazzi di una certa importanza, con porticati lungo tutti i lati del cortile d’onore come il Palazzo Scotti, ora Collegio Morigi, e Palazzo Landi, e con esterni in cotto arricchiti da fregi e portali secondo la consuetudine lombarda. Di solito la loro altezza non era elevata ma si strutturavano su due piani. Se nel tardo Cinquecento e nella prima metà del secolo successivo gli esterni sono piuttosto austeri e disadorni, gli edifici di fine Seicento hanno facciate più decorate, grazie all’influenza esercitata dai Bibbiena e soprattutto di Ferdinando che lavorò per tanti anni alla corte farnesiana. E’ suo il progetto del grandioso partito decorativo a finte architetture dipinto nel salone di Palazzo Costa. Quest’ultimo è un edificio dal tipico schema ad “U”, in cui la scala, pressoché “libera”, presenta un rapporto immediato col cortile d’onore e una sorta di sfondato nella volta. Tutti questi sono elementi architettonici che caratterizzano tanti scaloni bolognesi ma anche numerose residenze piacentine come i palazzi Ferrari, Falconi e Scotti. L’architettura piacentina risulta di un certo interesse anche per la volontà dei giovani seguaci del Bibbiena di applicare all’architettura costruita il principio compositivo “per angolo” messo a punto dai noti artisti bolognesi soprattutto in campo scenografico. Le scale sono spesso realizzate con una disposizione delle rampe in salita secondo tracciati diagonali, come nei palazzi Radini Tedeschi, Somaglia, Mischi, Mulazzani, Villa Scrivani. Negli antichi inventari rimane la traccia dell’esistenza di uno straordinario patrimonio pittorico custodito un tempo nelle dimore gentilizie e formato da opere di pittori, non solo piacentini, ma di svariata provenienza. Anche se a Piacenza mancava una scuola locale di figurinisti, fiorì in compenso nella città, un gruppo numeroso di artisti specializzati in pittura di architettura e di ornati, che ebbero un grande successo in tutta Italia e che li portò ad eseguire splendide decorazioni nelle residenze borboniche del Regno di Napoli e in Spagna. Famosissimo il salottino in porcellana disegnato da Giambattista Natali, attualmente conservato a Capodimonte e considerato un capolavoro dell’arte rococò.
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