situato in Via Carducci
Il palazzo, attualmente sede del Ministero del Tesoro, fu voluto dal conte Corrado Ferrari che decise intorno al 1680 di ricostruire la propria dimora affidandone il progetto ai bolognesi Bibbiena, famiglia di architetti, pittori, scenografi giunti in Piacenza sul finire del XVII secolo al servizio dei Farnese. Il complesso, uno dei più interessanti della città, è un esempio emblematico del cambiamento che l'edilizia locali subì con l'arrivo dei Bibbiena. Alla assoluta semplicità di forme degli edifici precedenti, realizzati costantemente in laterizio, si contrappone qui una doppia facciata vivacemente decorata in marmo e connotata alla base da un alto zoccolo in bugnato da cui dipartono paraste composite che collegano i due ordini di finestre, ravvivate da complessi timpani, allo sporto del tetto retto da mensole rigonfie. Degna di nota è la balaustra in ferro battuto del balcone principale con motivi a fitti girali, presumibilmente eseguita nei primi anni del XVIII secolo, poco prima dell'altra balconata prospiciente via Roma, che palesa infatti ritmi più ammorbiditi. Il cortile interno è qualificato da un doppio loggiato a colonne binate. Da qui si può accedere allo scalone a tre rampe ricavato da un vano con altana, le sui pareti e le volte riccamente decorate a stucco sono opera di Provino Dalmazio della Porta (morto in giovane età nel 1694), che raffigura entro medaglioni le imprese di Ercole e Atlante e, negli angoli, le quattro stagioni, mentre putti e ghirlande fiorite adornano la lanterna centrale aperta. Dal loggiato superiore con archi ribassati, si giunge al salone principale che ospita al centro della volta una cartella sagomata con Apollo e le Muse, sui Iati brevi della stanza sono dipinti invece Apollo e una vittoria alata che appaiono al di là di pesanti tendoni sollevati da amorini. La sobria quadratura architettonica che circonda le delicate figurazioni mitologiche è ascrivibile a Giovan Battista Natali (metà del XVIII secolo) per via di quella evidente inibizione dei giochi illusionistici tipica della sue pitture, ben diverse da quelle del padre Francesco e dello zio Giuseppe, fedeli alle spericolate soluzioni dei Bibbiena, dal cui ambito essi muovono. Sconosciuto rimane invece l'artefice delle parti figurate, connotate da andamenti guizzanti e liquidi impasti cromatici. Si segnalano inoltre altri cinque ambienti le cui volte vennero affrescate agli inizi del XVIII secolo dal fiammingo Roberto de Longe, attivissimo in Piacenza e definito dal Lanzi «pittore di più stili». Il palazzo è agibile solo al mattino.
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