Chiesa di San Savino

Chiesa di San Savino

situata lungo Via Roma

Stando alla storiografia locale, la chiesa di S. Savino sarebbe stata fondata all'inizio del V secolo dal vescovo Savino. Inizialmente dedicata ai Santi Apostoli e poi al fondatore di cui ospitò i resti, fu distrutta tra 1'899 e 902 dalle invasioni ungare e riedificata, con un attiguo convento, dal vescovo benedettino Sigifredo al principio dell'XI secolo. Il tempio e la sottostante cripta, affascinanti e importanti esempi dell'arte romanica, furono definitivamente consacrati nel 1107 dal vescovo Aldo.
Conobbe nel corso dei secoli diverse vicissitudini che ne alterarono le sagome originarie, ripristinate agli inizi del nostro secolo da impegnative operazioni di restauro, che eliminarono le aggiunte barocche e riportarono alla luce la cripta e i pregiati mosaici. Le integrazioni e i rifacimenti della parte plastica vennero affidati a Fedele Toscani che li condusse con criteri assolutamente mimetici.
L'attuale facciata, edificata nel 1721, aperta inferiormente in un atrio a tre fornici retti da colonne binate, non fu invece manomessa. Introduce in un maestoso interno basilicale a tre navate concluse da tre absidi semicircolari estradosse. Le navate a sistema alternato (a una campata della navata di mezzo ne corrispondono due nelle navetelle) sono coperte con volte costolonate cupoliformi e divise da pilastri cruciformi. Sotto al presbiterio si estende la cripta, raggiungibile da una ampia scala posta sul davanti del presbiterio stesso.
La chiesa conserva alcune parti dell'assetto decorativo romanico di notevole interesse ad esempio i 26 capitelli della chiesa superiore con figurazioni zoomorfe o a nastri intrecciati resi con un segno netto e preciso di gusto lombardo, sono databili al XII secolo e affini stilisticamente a quelli nella chiesa dei Santi Maria e Sigismondo di Rivolta d' Adda.
Risalgono al XII secolo anche le tracce di decorazione ad affresco visibili in fondo alla navata, nella cella sottostante al campanile. Qui gli spicchi della volta a crociera sono sottolineati da fasce con motivi geometrizzanti caratterizzati da una cromia forte e contrastante.
All'interno delle vele invece spiccano elementi vegetali distribuiti secondo un andamento circolare e includenti degli animali; in una delle vele si nota inoltre la raffigurazione di Cristo clipeato. La parete di destra reca due frammenti di figure femminili una aureolata e l'altra con due trecce, forse la Vergine e una ancella. I dipinti pur nella estrema lacunosità, consentono di essere attribuiti a un maestro occidentale arcaico, presumibilmente operoso entro la fine del XII secolo con soluzioni vicine a quelle delle pitture sulla navata centrale della chiesa di S. Michele ad Oleggio.
Nella prima campata della navata centrale è inoltre conservato uno stupendo mosaico a tessere bianche e nere, appartenente al primitivo assetto della chiesa. Le figure che lo compongono si distribuiscono simmetricamente rispetto ad una direttrice longitudinale, cinte ai lati da una cornice moderna squadrata. Al centro trovano posto due cerchi concentrici, inclusi a loro volta in un campo quadrato. Vi si accostano all'esterno quattro scene parzialmente mutile e, al di sopra, una fascia con animali e figure. Nel cerchio più interno un uomo barbuto regge due globi antropomorfi rappresentanti il sole e la luna, e ai suoi piedi un telamone sostiene il doppio cerchio, percorso ai margini da animali. Nei riquadri laterali di sinistra invece si notano due guerrieri in lotta e, al di sotto, tre lacunosi personaggi. Nella fascia sul lato destro è inoltre visibile un re (con la scritta REX) su un trono, accompagnato da un giudice (IUDEX) che addita un libro aperto ove compare la scritta LEX.
Nel quadrato sottostante si nota infine un uomo, seduto di fronte ad una scacchiera nell'atto di muovere una pedina.
Le scene, dall'indubbia suggestione, non hanno ancora avuto una esauriente spiegazione. La figura al centro che tiene il sole e la luna, potrebbe essere identificata con l'allegoria dell'anno, sorretto dal tempo (il talamone) e sospinto dai quattro Venti, (le figure agli angoli). Più difficoltosa è la lettura delle restanti immagini, forse la traduzione figurata di un dialogo tra Virtù e Fortuna. La Virtù impersonificata dal Re che osserva la Legge (negata invece dai Guerrieri violenti), mentre la Fortuna potrebbe essere simboleggiata dal gioco degli scacchi.
Anche la cronologia dell'intera opera, caratterizzata da un'impostazione geometrica e da ritmi vivaci, è un problema non risolto: per lo più si pensa ad un'esecuzione oscillante tra il 1107 e la seconda metà del XII secolo.
Si raggiunge così l'altare maggiore in marmo policromo e bronzo (1764) creato da Giuseppe Filiberti, che ospita all'interno di una ricca urna i resti di S. Savino (m. 420). Al di sopra si ammira lo stupefacente crocefisso ligneo (metà del XII secolo) restituitoci in tutto il suo fascino da un recente restauro (1983) che ha anche riconquistato parte della vivace cromia che un tempo doveva connotarlo. Si presenta secondo la iconografia del Cristo trionfante, con gli occhi aperti e il capo solo leggermente inclinato a sinistra. È fasciato ai fianchi da un perizoma a blocco compatto, nettamente tagliato nella parte inferiore e movimentato in superficie da geometrie simili nell'andamento alle linee che modellano il busto, dall ' austero risalto plastico.
Il percorso romanico prosegue inoltrandosi nella cripta. Questa è retta da sottili colonne sormontate da ricchi e svariati capitelli a intreccio appiattito (fine del XI secolo) o a elementi figurati (inizi del XII secolo). Il pavimento è rivestito da un raffinato mosaico, simile nello stile e nella datazione a quello della chiesa superiore. Vi si rappresentano i Mesi dell'anno, attraverso le attività umane ad essi pertinenti. I diversi campi, cinti da una fascia che riporta versi tratti da una Egloga di Ausonio, si distribuiscono su registri differenziati; due clipei di dimensioni maggiori (i mesi di gennaio e febbraio) si trovano invece oltre il gradino tangente l'emiciclo absidale. I Mesi si collocano su un fondale a onde, popolato da pesci (allusione alla Chiesa dei fedeli), da un tritone e da una sirena. Lungo tre dei quattro lati corre una cornice con motivi geometrizzanti, mentre il quarto presenta scene figurate a narrazione continua.
L 'altare della cripta risale invece alla fine del XV secolo, opera forse di uno scultore locale influenzato dai modi dell'Amadeo, e reca la figura della Vergine con il Bambino circondati da santi e dal Redentore.
Risalendo nel tempio si segnala la cappella della Immacolata con decorazioni settecentesche e sulla parete destra del presbiterio il tabernacolo in marmo bianco di Petro Calabrino, seguace dell'Amadeo, firmato e datato 1510.

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