reportage Uganda
Moroto 23 luglio 2007
Entriamo quest’oggi nella seconda settimana di Karamoja. Una settimana piena, intensa. Merito di questa formula “Vieni e vedi” che Cooperazione e Sviluppo ha concepito. E messo a disposizione di coloro che sentono vicine le problematiche di questo paese. Di coloro che sentono proprio il dramma della fame, della sete, della povertà. Dramma che in questa parte di Africa è più attuale che mai. L’Uganda è regolato da un governo centrale, con sede nella capitale Kampala, che serve distretti, che potrebbero essere le nostre province. Questi mandamenti, che hanno potere locale, sono artatamente frazionati, tali da impedire di assumere un peso significativo capace di contrapporsi al potere centrale. Il quale si regge su un sistema fortemente corrotto, comandato dai soliti ricchi del paese. Niente di nuovo, è vero. Un deja vù che accomuna il pianeta terra come poche altre cose al mondo. Da nord a sud, da est ad ovest. E’ però chiaro che in una situazione come quella dell’Uganda, dove i problemi sono quelli legati ad una difficile sopravvivenza, le conseguenze di questa illegalità ai vertici sono quelle di morte e disperazione. Una corruzione che opera a tutti i livelli, che favorisce il mantenimento di uno stato di sottosviluppo, di ignoranza, di povertà. Un esempio sfacciatamente lampante è l’ospedale di Moroto. Lo visitiamo nel pomeriggio in compagnia di Cristina e Giorgio, una coppia di coniugi che operano qui da alcuni anni e che coordinano l’attività di Cooperazione e Sviluppo qui sul posto. Sono arrivato in tarda mattinata da Kampala, dove vivono e dove hanno lasciato la figlia Martina di una decina di anni. Una scelta importante, una decisione presa di comune accordo. Con la piccola Martina che ha dato il suo personale assenso. E che qui sta vivendo un’esperienza che la formerà su principi sani, su valori veri. Come quelli sui quali hanno costruito la loro quotidianità mamma Cristina e papà Giorgio, che rivedo con piacere oggi, dopo averli conosciuti un anno fa circa nella sede di Africa Mission a Piacenza. Sono loro a spiegarci di questo sistema di corruzione. Che opera a tutti i livelli. Sotto tanti aspetti. E quando i suoi effetti vengono manifestati laddove si decide la vita o la morte di esseri umani, allora si può tranquillamente criminale questo sistema e chi lo perpetra. L’ospedale di Moroto è un prodotto del governo criminale ugandese. L’ospedale di Moroto non esiste per curare e guarire persone. L’ospedale di Moroto prepara alla morte. E lascia morire. L’ospedale di Moroto è un ascensore per l’inferno. Strutture fatiscenti, strumentazione inesistente, personale fantasma. Nel reparto di malati di tubercolosi, un piccolo capannone mezzo diroccato, una donna di media età giace riversa a terra, in preda a convulsioni. Le sta vicino un parente che cerca di coprirla, che prova a darle un po di conforto. Le suore di Madre Teresa, che avevamo incontrato la mattina in visita ai bambini dell’orfanotrofio, hanno portato ai pazienti/condannati un po di alimenti. Della pasta, dl riso, forse della farina. Poi vediamo il reparto medicina, poi ortopedia, praticamente lo stesso capannone diviso a metà. Infine la pediatria dove sono ricoverati alcuni bambini. C’è anche Teresa, una piccola di due anni o poco meno, che avevamo conosciuto nei giorni precedenti proprio all’orfanotrofio. Pare abbia la malaria. Poi c’è un altro piccolo, poco più grande, avrà tre anni. Lo vediamo coricato in un lettino sgangherato, con il viso che fuoriesce da una sottospecie di coperta. La mamma è li e c’è vicino un’infermiera. Pare tranquillo, normale. Una folle normalità. Usciamo e ci soffermiamo per alcuni istanti davanti al reparto. Incrociamo suor Maria, gli angeli di Madre Teresa. Sempre con un largo sorriso, capace di profondere sicurezza, serenità, anche in quell’inferno. E’ d’improvviso che urla strazianti sommergono la voce delicata e rassicurante di suor Maria. Vediamo correre fuori quella mamma che pochi istanti prima teneva la mano al suo piccolo. Si dispera, sbatte contro le pareti, contro la porta. Si butta a terra e le urla si fanno più strazianti. Ha perso il bambino. E’ morto li, all’ospedale di Moroto, forse a causa di una banale malattia. A causa di qualcosa sicuramente curabile, guaribile. Con la medicina, con i medici. Ma all’ospedale di Moroto noi, in due ore di visita, di medici non ne abbiamo proprio visti.
Roberto Rossi
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