reportage Uganda
Moroto 21 luglio 2007
Abbiamo atteso l’arrivo della squadra di ritorno dal Sudan, questa notte. Sono arrivati oltre la mezzanotte. Jeep e camion attrezzati per operare due mesi nel New Sudan, ad Yabio ed altri centri dove piantare ventuno pozzi d’acqua. C’è Giorgio, c’è Assan, c’è Egidio, poi arrivano altri, arrivano tutti. E c’è Stefano che opera con Cooperazione e Sviluppo dopo aver partecipato ad un vieni e vedi nel luglio scorso. Era venuto qui, come noi, per conoscere questa realtà, questo popolo. E qui si è fermato. Oggi lavora per un progetto nel Sudan. Si tratta di portare pozzi d’acqua in quel territorio, di rendere più vivibile una condizione che, al momento, è veramente dura. Se possibile, più dura e complessa di quella del Karamoja. Anche qui la povertà ai massimi livelli. Fame e sete, malattie e morte. Una guerra terminata solo qualche anno fa, durata oltre vent’anni. Con l’inevitabile strascico di vittime. Migliaia di vittime. Il gruppo di lavoro di Cooperazione e Sviluppo ha operato in quel paese in condizioni quasi disumane. Solo per il viaggio, per coprire i millecinquecento chilometri circa che corrono tra Moroto e Yabio, si sono impiegati sette giorni per andare ed altrettanti per tornare. Sono arrivati questa notte. Esausti, sfiniti. Hanno trascorso il primo periodo in Sudan sotto tende che non riuscivano a tenere l’acqua che cadeva. Un’avventura, un calvario. E’ in questo paese a nord dell’Uganda, nel Sudan, che Cooperazione e Sviluppo vedrà impegnate parte delle sue forze nei prossimi tempi. Per contribuire alla ricostruzione di un territorio martoriato da anni di guerra, di massacri, di distruzione. Tramortito, piegato su se stesso. Un altro progetto in questa Africa nera dimenticata da tutti, abbandonata. Le organizzazioni che vi operano ogni giorno fanno quel che possono. Ma è difficile. Tremendamente difficile. Lo vediamo ogni giorno, con i nostri occhi. Saremo di nuovo con Padre Gostoli, questo sabato. In un itinerario che ci porterà prima a Rupa, al confine con il Kenia, poi a Kaloi, per finire a Naoi. Salgo in jeep con Padre Gostoli, il gruppo ci segue per la prima tappa ad ovest di Moroto. Ha portato con sé due sacchetti di tam tam che comincia a distribuire lungo la strada, ai bambini che vediamo condurre il bestiame ed altri più piccoli che ci corrono incontro al nostro passaggio. Lo conoscono tutti qui Padre Gostoli. Anche lui li conosce tutti e li chiama uno ad uno. Poi gli parla in perfetto karimojong, una lingua molto difficile. Appena prima di giungere a Rupa scorgiamo due piccoli dromedari stazionare nei pressi di alcune piante. Giunti a destinazione sostiamo nei pressi della chiesa, attorno alla quale sorgono alcuni villaggi. Accorrono tanti bambini, Padre Gostoli li mette tutti in fila e loro, pazientemente, aspettano il loro turno, la loro tam tam. A pochi metri risuonano colpi decisi di un grosso martello che picchia su una lamiera. Sono i fabbri karimojong. Stanno realizzando rudimentali campane di piccole dimensioni per gli animali, che venderanno. Sono in tre. Uno di loro ha grosse ustioni sulla schiena, all’altezza delle scapole, e sulle braccia. Sono medaglie al valore, testimoniano l’eliminazione di almeno un nemico. Ad occhio, viste le dimensioni dei segni sulla pelle, questo di nemici ne ha uccisi più di qualcuno. Ci spostimo solo di qualche minuto per portarci ad un altro villaggio in zona. L’ambiente circostante è meraviglioso. A pochi chilometri si stagliano le montagne già in territorio keniota. Una distribuzione di tam tam anche qui e poi si riparte per Kaloi. Una strada al limite della percorribilità con corsi d’acqua asciutti che costringono i nostri mezzi a manovre impossibili. Sulla sinistra Padre Gostoli mi indica, in lontananza, Apulè, la montagna sacra. Qui a Kaloi sorge la chiesa titolata a Padre Pio, mentre a fianco un villaggio entro il quale si sta costruendo una capanna in terra e sterco di mucca. Rimangono ancora un po di tam tam per questi piccoli accorsi al nostro arrivo. Salutiamo e rientriamo, attraverso Naoi, per una breve sosta. Dopo il pranzo siamo tutti impegnati al Centro Giovanile. Oggi si svolge una sorta dii giochi olimpici di Moroto. Organizzati da noi, con la collaborazione di Sara, Lavinia, Stephan e Robinson. Corsa dei sacchi, bandiera, tiro alla fune ed altri. Partecipano quasi un centinaio di bambini che formano sedici squadre con sei giocatori ognuna. Si aprono le sfide all’insegna dell’agonismo e del divertimento. Tanto gioco, tante risa. Un quaderno a tutti come premio di consolazione, Al team vincente anche una semplice ma molto apprezzata t shirt.
Roberto Rossi
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