itinerari religiosi a Paola
Si racconta che fu eretta in seguito ad un prodigio Divino, nella piccola pineta che era nelle vicinanze, fu trovato il quadro della "Madonna nera", questo fu portato al Duomo, ma il giorno dopo fu ritrovato nello stesso luogo, il fatto si ripeté anche l'indomani, i popolani increduli dell'accaduto, decisero di costruirgli una chiesa, proprio in quel sito.
"Con somma nostra allegrezza e consolatione habbiamo ricevuta la delegatione di benedire la prima pietra della consaputa nova chiesa in persona del nostro molto Reverendo Padre Perrimezzi": così scrivevano il 3 ottobre 1704 i "devotissimi et obligatissimi servitori Don Perseo Romano rettore e Don Paolo Giraldo arciprete" al "Reverendissimo Commissario Generale del Sant'Officio, Delegato di Monsignore Illustrissimo Arcivescovo di Cosenza". Ci si preparava, dunque, con tutte le autorizzazioni necessarie, a posare la prima pietra della nuova chiesa da dedicare alla Madonna SS. di Montevergine (o San Giacomo Maggiore), un'opera voluta fortemente dal popolo devotissimo di Paola, che desiderava in tal modo onorare degnamente la Vergine Santa che tante grazie aveva già elargito ai suoi fedeli, i quali vedevano esauditi i lori voti pregando davanti al quadro miracoloso e ungendosi con l'olio delle lampade votive che ardevano perennemente davanti al sacro dipinto. La profonda devozione popolare è puntualmente testimoniata da una fitta corrispondenza episcopale con cui, quasi quotidianamente, i parroci informavano la Curia di Cosenza sugli sviluppi della situazione. Il ricco carteggio, rinvenuto nell'Archivio Parrocchiale del Duomo di Paola, sfuggito fortunosamente al barbaro sacrilegio di pseudo-studiosi, copre l'arco di diversi mesi, dal 27 giugno al 3 ottobre 1704, e si rivela documento fondamentale per la storia della chiesa di Montevergine, non soltanto perché ci fornisce importantissime notizie circa la data e le modalità della sua costruzione, nonché del tessuto urbano di quel tempo, ma anche perché ci dipinge un interessante spaccato di vita religiosa e sociale in un'epoca in cui la gente affidava tutta la sua vita alla protezione divina (visto che, peraltro, ben poca era la protezione in terra!). La sacra immagine si trovava "dentro il Portico chiamato La Porta delli Santi nella Piazza di questa città di Paola" (lettera del 25 giugno), e cioè sotto un'arcata dell'antica porta d'ingresso alla città, Il concorso di pubblico, proveniente anche da paesi lontani, per vedere l'immagine miracolosa, si faceva di giorno in giorno più grande, tanto che per proteggere il quadro dall'ardore popolare si dovettero sistemare dei cancelli, come riferisce la lettera (del 28 luglio) ".., et oggi al consaputo luogo maggiore venerazione, e custodia, si fanno alle due porte due belle cancellate". Le innumerevoli grazie dispensato dalla Madonna convinsero ben presto i fedeli la creare un luogo più degno per accogliere il dipinto, e così: "Oggi (7 luglio 1704) più di centoventi persone sottoscritte, con offerte di elemosine in contanti, hanno fatto un Memoriale alla nostra, "Signora Marchesa, con chiederle un luogo pubblico nella Piazza, vicino la Porta delli Santi, per fondarvi una Chiesa ad onore dell'istessa Vergine sacrosanta".
Il luogo fu concesso, ma sorsero subito problemi di spazio e di proprietà, poiché per realizzare la Chiesa si sarebbe dovuta abbattere una costruzione appartenente ai Padri Agostiniani, pertanto si chiese l' intercessione dell'Arcivescovo di Cosenza per favorire la vendita di tale edificio: "Qui si manda un bel disegno per la Chiesa nuova da farsi in onore di nostra Signora di Montevergine vicino al consaputo luogo della Porta delli Santi, cioè una Chiesa ottagolata con cupola, occupando di circuito centosessanta palmi, e perciò deve occupare un lungo publico, ma anco un luogho dei Padri Agostiniani, dove si batte la chianca, e si vende la carne. Per tanto supplichiamo al maggior segno Vostra Signoria Reverendissima per amore della Beata Vergine, che interponga il suo autorevole mezo appo Monsignor nostro illustrissimo, che si degnasse scrivere appostamente un'efficacissima lettera a detti Padri Agostiniani per la vendita di tal luogo, mentre stimiamo, che con tal lettera facilmente si muovano a cederci, e venderci il menzionato luogo,che onninamente ci bisogna per edificazione di detta Chiesa" (lettera del 25 luglio). Gli Agostiniani avevano, infatti, in Paola, un grande e ben organizzato Convento, e certo economicamente florido, se potevano commerciare da se le carni in una propria bottega. Senza dubbio opposero una notevole resistenza alla vendita del fiorente negozio, visto che ancora dopo tre mesi non si era raggiunto l'accordo, nonostante ai Padri fosse stata offerta "...la commutazione con un'altra casetta fabbricata nuovamente dalli supplicanti a tal'oggetto con l'oblaziuni di limusine, di valore anche maggiore: "Il valore della casetta dei Padri Agostiniani è di ducati venticinque…, e la nostra di ducati ventinove e carlini cinque" (lettera del 14 Settembre). Nel frattempo si continuava ad ammassare il materiale occorrente, per la nuova Chiesa: diversi carichi di legname giunsero da Fuscaldo, mentre la popolazione di Paola portava le pietre necessarie alla fabbrica: "Da due giorni in qua nella Piazza si vede un monte di pietre, portate a gara, non solamente da uomini, ma anche da donne d'ogni sorta, e da fanciulli, con desiderio, et oggetto, che nel medesimo luogo più vicino alla Porta delli Santi s'edificasse una nuova Chiesa ad honore di detta Vergine Santissima" (lettera del 3 luglio), e ancora: "…fin da S. Francesco portarono su le spalle al consaputo luogo le pietre il Padre Provinciale, e tutto il Convento, dicendo le litanie della Vergine Santissima" (lettera del 26 agosto). Venne stabilito anche il giorno della festa della Madonna: "Questa città, essendosi informata che nel proprio luogo di Montevergine si fa la festa agli 8 di settembre, anche qui quest'anno in detto dìne vuole fare una sontuosa, a sue proprie spese, con lumi e sparatorie ad honore della gran Madre di Dio, che in detto giorno nacque" (lettera del 22 agosto). Si organizzò dunque una festa magnifica, che durò tre giorni interi e coinvolse tutta la città di Paola: persino il Marchese Spinelli vi partecipò, organizzando il Palio che si corse nella Ruga Nova, da identificarsi nell'attuale Corso Garibaldi. Ma l'evento per noi più interessante, di quella festa, è la predica di Padre Perrimezzi, ricordata nella lettera del 10 settembre, perché ci fornisce preziose notizie sul sito nel quale fu costruita la Chiesa: "Il tutto però l'ha coronato l'egregio Panegirico fatto a' primi Vesperi dal nostro Padre Provinciale Perrimezzi. Il tema è stato questo: fundamenta eius in Montibus sanctis, diligit Dominus portas Sion. La Sionne la pigliò per Paula, i Monticanti S. Francesco e la Beata Vergine, e le Porte La Maggiore, e nuova, dove presiede la statua di S. Francesco, e l'antica, chiamata La Porta delli Santi, dove presiede l'Immagine di nostra signora di Monte Vergine". Nella piazza si trovavano dunque due porte ben distinte: una antica, la Porta delli Santi, e una nuova la Porta Maggiore. Quest'ultima è, senz'ombra di dubbio, la Porta che oggi viene comunemente chiamata di S. Francesco, e che costituisce l'ingresso al centro storico, sulla quale venne posta la statua del Santo taumaturgo, a protezione della città, nel 1622, come ci riferisce il Pacichelli, che durante il suo viaggio del 1693 nel Regno di Napoli sostò anche a Paola, descrivendo accuratamente il suo arrivo in città. La porta antica, detta delli Santi, era invece uno degli ingressi della primitiva cinta muraria di Paola, importantissimo perché dava sulla strada che portava al mare, sulla quale si apriva con diverse arcate, tanto da essere definita un portico, come si legge nella lettera del 25 Giugno.
Possiamo individuarne la posizione basandoci su dati bon precisi: la lettera del 3 luglio ci indica che la nuova Chiesa sarà edificata in un luogo "vicina alla Porta delli Santi", dove i fedeli hanno già creato "un monte di pietre"; quella del 10 settembre ci informa che la Porta delli Santi non é la Porta di S. Francesco (contraddicendo quanto afferma il Ferrari); quella del 25 luglio descrive il luogo dove sorgerà la Chiesa come "luogo pubblico", tranne la piccola parte occupata dalla bottega dei PP. Agostiniani; dunque la piazza si presentava come un grande spazio delimitato sta due lati dalle due porte, e sulla sinistra "una via larga palazzata" che conduceva al Collegio dei Gesuiti coi suoi vasti giardini, alla loro Chiesa ancora in costruzione, e ad un'altra fontana, chiamata dai paolani Le Sette Cannelle.
Per ricostruire il resto della piazza basta leggere la bella descrizione del Pacichelli, il quale, entrando dalla Porta di S. Francesco, vede al centro della piazza "una fontana con quattro canali",trovarsi la porta delli Santi era sulla destra della Porta di San Francesco, e proprio in quel punto, vicinissimo alla Chiesa di Montevergine, è ancora oggi un sottopasso, con arco a tutto sesto in pietra, che dà sulla via Terravecchia, (paradossalmente ascritto all'epoca romanica dal Napoletano). Attualmente esso costituisce la base della Torre dell'Orologio, edificata nel l'Ottocento (sulla campana dell'orologio è incisa la data 1882, e non risale pertanto al Settecento, come afferma Minervino), e un tempo tale arco era parte di quel "portico della Porta delli Santi" ricordato nelle lettere, le cui arcate furono poi inglobate nei vari, palazzi costruiti a lato della piazza, e che si intravedono ancora nei magazzini a piano terra di alcuni di questi edifici; l'ultimo intervento risale al 1937 con la sopraelevazione della casa canonica. La Piazza era, pertanto, nel 1704, una vasta spiantata dentro le mura, un luogo di passaggio fra le due porte, con al centro la fontana, a fianco i giardini dei Gesuiti, e molto più su il loro Collegio con la Chiesa appena costruita: oggi la chiameremmo periferia, e certo una periferia molto degradata, se nella lettera del 3 Luglio ci si meraviglia di "vedere adesso quel luogo santificato con litanie sagre, con preghiere devote, et con lodi divine, quel medesimo luogo prima profanato da giocatori, bestemmiatori e donne impudiche". La città, infatti, si sviluppava più in alto, dove si trovavano il Duomo e il Convento degli Agostiniani, fino al Castello in cima al colle. La Madonna di Montevergine aveva così operato un ennesimo miracolo, salvando dal degrado quel punto abbandonato della città e permettendo la realizzazione di quella pregevole opera d'arte che è la sua Chiesa, uno dei lavori più belli dell'architetto Niccolò Ricciulli. Nella lettera del 19 Settembre abbiamo, a questo proposito, informazioni preziosissime: "Domenica prossima passata fu qui Mastro Nicolò Ricciulli di Rogliano, oggi abitante in Cosenza sotto le Vergini, che oltre l'arte di fabbricatore fa professione di disegnatore. ...L'é stato commesso di fare due disegni, uno ottagolato, et archeggiato con cupola in mezzo sostenuta da quattro colonne, e l'altro lungo e quadro, colla cupola alfine, dove deve stabilirsi l'altare maggiore. ...Noi confessiamo, che più ci piace il disegno lungo, che l'ottangolato, ancorché questo sembrasse più magnifico, ma la spesa immensa di più di diecimila ducati ci fa sgomentare, siccome ci ha detto il maestro; e la spesa di gran lunga minore ci fa più gradire il disegno lungo. ...Questo anco è il senso del pubblico, avvegnaché l'ottangolo è pensiero di pochi, benché d'animo grande". Per la nuova Chiesa, che vogliono splendida, i paolani hanno chiamato il migliore architetto del tempo: le sue sono idee di un "animo grande", il disegno di una Chiesa ottagonale e "pensiero di pochi", e queste parole bastano per farci comprendere quanto fosse tenuto in considerazione il famoso artista. Purtroppo, come in ogni tempo, anche la grande decisione del progetto fu determinata da motivi economici: è evidente che la preferenza andava al disegno più originale, quello della Chiesa ad otto lati, nuovo e fastoso, ma possiamo ben capire lo sgomento dei poveri parroci al sentirne il costo, diecimila ducati! Se consideriamo che dovevano sborsarne venticinque per la bottega dei Padri Agostiniani, la differenza per le loro tasche era stratosferica: solo un miracolo della Santa Vergine avrebbe procurato loro tale cifra. Ma un'altra sottile osservazione viene fuori da quéste righe, e cioè che il pubblico avrebbe sicuramente preferito il progetto tradizionale, perché "l'ottangolo è pensiero di pochi". Agli inizi del Settecento la gran massa della gente non sapeva ne leggere ne scrivere, non era mai uscita dai confini del proprio paese, e per soddisfare i propri modesti bisogni non poteva che sperare in una grazia divina: come si potevano far comprendere a questa gente lo più ardite novità dell'arte barocca - E fu così che venne edificata la Chiesa nelle forme che oggi possiamo ammirare, sui pianta quadrata, con tre corte navate, cupola impostata su tamburo ottagonale, e uno splendido portale in pietra, realizzato direttamente dal Ricciulli, come pure la balaustra, i cui motivi il maestro ripropone nelle pregevoli decorazioni della facciata della Chiesa della Madonna della Serra a Montalto Uffugo. La facciata, con tre nicchie di cui una centrale e le altre una per lato costruite presumibilmente per ospitare delle statue di Santi, esprime i modi tipici della fastosa decorazione barocca, con una profusione di volute e fogliame accartocciato ad attorniare l'intero portale, con figure maschili e femminili dalle forme piene a mo' di cariatidi per sorreggere le piccole cornici dei lati delle lesene scanalate, fiori e grappoli d'uva, il tutto proseguito anche al di sopra del timpano fino ad avvolgere la finestra sovrastante, mentre la stessa scritta incisa sulla trabeazione sottolinea le meraviglie dell'opera, descritta come "Opus mirabile Mariae Virginis iuxta aquam in plateis", quasi fosse anch'essa un miracolo della Vergine, operato di fronde alla bella fontana della piazza. Nella sua descrizione del portale in chiave antropologica, invece, il Minervino si dilunga in una ricerca di significati reconditi delle figure, definite, chissà perché, zoomorfe, visto che non hanno affatto forme animalesche, perdendo di vista, alla fine, il portale stesso, dal momento che descrive anche cornucopie e festoni assolutamente inesistenti, com'è altrettanto inverosimile la sua datazione al Quattrocento dell'origine della Chiesa, poiché i documenti del 1704 rappresentano la testimonianza certa della sua costruzione ex novo in quella data.
La Chiesa non subì gravi manomissioni nel corso dei secoli, tranne un piccolo ampliamento eseguito nel 1937 per realizzare la sacrestia e il nuovo campanile, mentre sul retro sono ancora visibili, e ben conservati, gli antichi archi che alloggiavano le campane, sormontati da pinnacoli terminanti con una sfera di pietra, motivo che ricorre anche sulla sommità della facciata. All'interno, la cupola è di circa 15 metri, le tre navate sono divise da tre grossi archi barocchi, la navatina di destra è dedicata a San Giuseppe, quella di sinistra alla Madonna di Lourdes, entrambe sono comunicanti con l'altare maggiore attraverso due piccoli archi barocchi . Sopra l'altare, una grossa cornice in legno finemente intagliata con lamine in oro zecchino impresse a fuoco ed al centro la Madonna di Montevergine "bizantina" con corona e diadema in oro. Il tabernacolo è in oro. Bellissimo è l'organo a mantice con cortiglio che porta la data 1752. Tele del 500 di San Giacomo e San Lorenzo. Rimane invece fortemente degradato il tessuto urbano dei quartieri circostanti, lasciati nel più completo abbandono e quindi alla mercé delle più svariate aggressioni edilizie, che hanno già pesantemente modificato in negativo questa parte del centro storico così importante per la storia e l'arte della città di Paola. Soprattutto la zona alle spalle della Chiesa di Montevergine e quella lungo Via Terravecchia riflettono una situazione di degrado che fa penosamente tornare alla mente le parole di quel parroco che nel 1704 descriveva l'arca della Chiesa come miracolosamente rinata alla vita civile e religiosa dopo essere stata ricettacolo di "giucatori, bestemmiatori e donne impudiche". Dopo quasi tre secoli, purtroppo, ci troviamo nuovamente nelle condizioni di doverci preoccupare del risanamento di quest'arca dimenticata, che invece avrebbe meritato ben altre attenzioni, a partire da un'appropriata campagna di recupero della Via Terravecchia che ancora serba le tracce delle terribili inondazioni del Torrente S. Domenico (la più grave fu quella del 1513), a causa delle quali rimasero sepolte sotto uno spesso strato di fango le case fino ai primi piani, di cui si distinguono le sommità dei portali e delle finestre quasi a filo della strada attuale. I1 sensibile innalzamento del livello del terreno fece evidentemente desistere gli abitanti dall'idea di poter scavare e riportare alla luce le vecchie case, e si ricostruì sopraelevando ciò che rimaneva di esse. Tale memoria storica va salvata e conservata nel suo complesso, poiché inutili e dannosi si rivelano gli interventi sporadici mirati solo al recupero di qualche emergenza monumentale più importante, se poi essi non vengono inseriti in un discorso più ampio di salvaguardia globale del territorio e di corretta pianificazione urbanistica. Sul portale "OPUS MARIAE VIRGINIS IUXTA AQUAM IN PLATEIS MONTE VERGINE".
testo a cura di Samà Franco
da www. comune.paola.cs.it
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