nella Murgia tarantina
Sul primo gradino della murgia, che dalle fertili pianure costiere dello Ionio dolcemente si eleva fino all'affascinante altopiano stepposo, caratteristico dell’entroterra pugliese, si erge la città di Ginosa. Siamo in provincia di Taranto, nella meravigliosa Puglia al confine con l'affascinante Lucania: terre ricche di tradizioni ancora fortemente radicate e di capolavori d’arte, di musei, di cattedrali romantiche, antiche vestigia e innumerevoli testimonianze che popolazioni indigene, insieme a greci, romani, bizantini e arabi, normanni e longobardi e poi spagnoli e francesi, hanno qui lasciato. Un territorio, quindi, da sempre apprezzato dalle popolazioni che, di volta in volta, si sono qui stanziate, non solo per la sua generosità, ma anche per il sicuro rifugio che profonde forre naturali, scavate nel tenero tufo dal ritiro del mare in tempi remoti, sapevano da sempre dare: le gravine. D’incontaminata bellezza o estremamente vissute, le Gravine sono oggi uno scenario di grande suggestione, che immerge il visitatore in un percorso tra chiese affrescate e centinaia di grotte in un’architettura al negativo, recante ancora i segni di chi per secoli le ha abitate. Ginosa, l’antica Genusia che vari studiosi vogliono fondata da abitanti provenienti da Genusium, l’odierna Cnossa dell’isola di Creta, altri ai profughi della vicinissima Metaponto dopo la sua distruzione, altri ancora da genti provenienti dall’antica Iilliria dove scorre il fiume Genesus. Scrivendo di Genusium, Plinio parla di “popolus genusium” facendo supporre che l’antichissima genusium fosse costituita da tanti raggruppamenti di genti, come tribù sparse in diversi punti del territorio, aventi un nucleo principale come centro irradiatore d’operosa attività. Ciò è infatti provato dall’ingente materiale archeologico rinvenuto nel sottosuolo in punti diversi del territorio: resti di mura, sepolcri, vasi, monete, ornamenti, utensili, armature, materiale di grande valore divenuto successivamente tesoro di prestigiosi musei quali il Louvre. Sesto Frontino, nel III capitolo del “De Coloniis”, afferma che Genusium, posta la centro tra Taranto e Metaponto, capitale della Magna Grecia e famosa anche per aver dato asilo a Pitagora, “aveva mura e templii agli idoli innalzati e quello a cui rendea speciale culto era il dio Giano”. Con l'occupazione romana, Genusia divenne colonia militare tenuta in gran considerazione da Roma sia per la sua vicinanza alla Via Appia, da cui poteva facilmente ricevere aiuto, sia per il controllo della città di Metaponto, spesso alleata dei fenici. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente si innesca una reazione a catena di guerre e di invasioni (Goti, Bizantini, Longobardi, Slavi, Saraceni e Normanni) che spinsero i popoli di queste terre a trovare rifugio nelle grotte, alcune naturali altre scavate nel tenero tufo delle gravine. In questa realtà autoctona e originale si inserì il monachesimo italo-greco, soprattutto i seguaci di San Basilio che tanto contributo diedero dal punto di vista spirituale, artistico e pratico. A loro si devono i dipinti delle chiese rupestri, l’assistenza religiosa alla popolazione ed anche a tutta una serie di interventi nel territorio quali disboscamenti, dissodamenti e bonifiche delle paludi. Con il finire del Medio Evo inizia il lento declino della civiltà rupestre. La gente lentamente abbandona la gravina per spostarsi sulla collina dove sorge l’odierno abitato. Dall’architettura “spontanea”, fatta di forme e dimensioni estremamente irregolari, si passò alle case “lamiate”, alle case “soprane” e alle case “palizzate”. Fu in questo momento storico che “il vivere in grotta” divenne, dal punto di vista sociale, un elemento discriminante. da www.ginosa.net
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