Roma e il colle Esquilino
Secondo le fonti antiche (Orazio) abbiamo una descrizione del colle Esquilino prima della bonifica fatta da Mecenate; si trattava di una zona destinata a sepolture e trasformata dallo stesso Mecenate in una villa tra il 42 e il 35 a. C.: la necropoli viene in parte eliminata interrando alcune zone e dando il via al la trasformazione dell'Esquilino in un pianeggiante altopiano, utilizzato come luogo di residenza, mentre le aree sepolcrali verranno confinate ai margini delle grandi strade che lo attraversavano. Tutta quest'area ricca di verde (horti) fatta costruire da Mecenate aveva un notevole vantaggio ovvero che dall'Esquilino passavano la maggior parte degli acquedotti (Marcio, Claudio, Anio Vetus e Anio Novus) che entravano a Roma, mettendo così a disposizione una notevole quantità d'acqua per il mantenimento dei giardini. Negli horti, lasciati alla sua morte da Mecenate in eredità ad Augusto, si andò a ritirare Tiberio al ritorno dal suo esilio di Rodi. Grazie a Filone di Alessandria, venuto a Roma nel 38 d.C. alla guida di un'ambasceria ebraica presso Caligola, ci ha lasciato una precisa descrizione dei giardini imperiali sull'Esquilino: gli horti di Mecenate e quelli Lamiani erano limitrofi, vicini alla città, ed erano ambedue di proprietà dell'imperatore, provvisti di sale a due piani, finestre schermate con lastre di marmi preziosi e di ogni altro lusso. Gli horti di Mecenate passarono poi in proprietà del retore Frontone alla metà del II secolo.
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