Conoscere Roma: Palazzo Barberini

Conoscere Roma: Palazzo Barberini

con la Galleria Nazionale d'Arte Antica

I progetti di costruzione del palazzo partono dall'uso delle fabbriche Sforza
che coincidono, nell'ala verso la piazza e nel corpo centrale, con la
costruzione poi realizzata. L'edificio originale, già acquistato da Giacomo Cesi
al cardinale Pio da Carpi nel 1549 e quindi venduto a Giulio della Rovere, era
stato ceduto dagli eredi di questo al Cardinale Alessandro Sforza di Santa Fiora
nel 1581. Un improvviso rovescio finanziario della famiglia interruppe i lavori
di ristrutturazione e portò nel 1625 alla vendita dell'immobile ai Barberini,
che si assicurarono tutta l'area tra la via Quattro Fontane e la via Pia
(l'attuale via XX Settembre), quale spazio necessario per il grandioso progetto
di palazzo-villa.

Il primo progetto si deve al Maderno, che ideò prima una costruzione
quadrangolare che inglobava la villa Sforza secondo lo schema classico del
palazzo rinascimentale, poi elaborò un progetto ad ali aperte che rivoluzionava
questo concetto in quello di palazzo-villa unendo le due funzioni di abitazione
di rappresentanza della famiglia papale con l'uso della villa suburbana, dotata
di vasti giardini e di prospettive aperte, mentre la facciata verso la piazza
barberini, che si affacciava già allora su una zona abitata della città, assolve
la funzione severa e di rappresentanza della costruzione.

Alla morte del Maderno subentrò alla direzione dei lavori Gian Lorenzo
Bernini che mantenne sostanzialmente il progetto originale, sua è l'ideazione
del grande salone centrale che occupa in altezza i due piani del palazzo, così
come dell'attigua sala ovale dalle armoniose proporzioni classiche, che riprende
il tema, tipicamente berninano, della pianta ellittica, sua è anche la
concezione della loggia vetrata che fa da tramite allo spazio esterno sulla
facciata ad ali, in rapporto al sottostante porticato, come pure lo scalone
quadrangolare che da' accesso al piano nobile e che si contrappone alla scala
elicoidale all'estremità opposta del porticato, progettata invece dal Borromini,
che già aveva lavorato nel cantiere del Palazzo con lo zio, il Maderno, il cui
intervento è stato individuato anche nel disegno delle finestre del piano nobile
nel corpo centrale ed in alcuni particolari decorativi, oltre alla scala
elicoidale sul modello classico di Caprarola...

Dopo l'Unità d'Italia l'area di Palazzo Barberini fu coinvolta nelle
speculazioni edilizie e nelle trasformazioni di Roma capitale. La piazza si
trovò al centro di un importante nodo di vie, la via Veneto che collegava il
nuovo quartiere nato dalla distruzione della villa Ludovisi, la via del Tritone,
allargata e rinnovata, alle quali si aggiunse infine la nuova via Barberini
finita nel 1932 che completa lo sbancamento dell'antico ingresso del palazzo, al
quale era stato già eliminato il portale monumentale con la costruzione del
vecchio Hotel Bristol.

I Barberini avevano già cominciato ad alienare le loro collezioni nel Settecento
con le vendite dell'ultima discendente, Cornelia Costanza, sposata a Giulio
Cesare Colonna di Sciarra. Le liti ereditarie dei figli che si dovettero
dividere le primogeniture Colonna e Barberini, portarono ad una divisione delle
collezioni fra i due rami della famiglia, con un accordo stipulato a Parigi nel
1811.

Solo nel 1934 si arrivò alla definitiva dispersione delle collezioni,
con l'avallo dello Stato, che, con una specifica legge, permise la vendita delle
opere fidecommissarie in cambio di un piccolo nucleo in proprietà, rinunciando
alla tutela di una delle più importanti collezioni fidecommissarie romane.
Solo nel 1984 si arrivò ad una migliore definizione dell'ordinamento
riportandolo nella sua sede storica originaria la collezione Corsini, e portando
tutte le opere di provenienza da acquisti o da collezioni prive della loro sede
storica nel palazzo Barberini. L'intento era di creare in questa sede, quando
fosse stato possibile, una Galleria Nazionale nel vero senso del termine,
ordinata cronologicamente ma con la possibilità di inserire nel percorso
acquisti e integrazioni, differente quindi come concezione dalla struttura
definita dalle collezioni storiche del panorama romano, viceversa di impianto
molto più vicino ai grandi musei stranieri e dotata come questi di tutti i più
moderni servizi.

Nel complesso la collezione è ricchissima di capolavori,
soprattutto dei secoli XVI e XVII. Non è rappresentato in modo completo il
secolo XV, dove però spicca il fondamentale dipinto di Filippo Lippi con la
"Madonna in trono con Bambino", datato 1437, in deposito da Corneto Tarquinia.
Più consistenti le collezioni del XVI secolo, fra le quali spicca per notorietà
la "Fornarina" di Raffaello, oltre a dipinti di Andrea del Sarto, del Beccafumi,
del Sodoma, del Bronzino, ad opere del Lotto, del Tintoretto, di Tiziano ed El
Greco, fino ad opere bolognesi, per arrivare alla fine del secolo con la
splendida "Giuditta che taglia la testa ad Oloferne" del Caravaggio e al grande
Seicento con opere di Reni, Domenichino, Guercino, Lanfranco, Bernini, Poussin,
Pietro da Cortona, Gaulli, Maratta.

Molto ben rappresentata è anche la pittura del Settecento. Si
articola in nuclei per scuole che danno un panorama completo e molto omogeneo
per qualità, della pittura italiana del periodo, con in più un raro nucleo di
dipinti francesi del Settecento.

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