visita al piccolo centro montano
Per questo appuntamento di Itinerari Piacentini siamo andati a Coli, piccolo centro montano dell'Appennino che sorge ai piedi del monte S. Agostino. Raggiungibile percorrendo la strada statale n° 45, superata la località di Bobbio, si sale a sinistra, addentrandosi in una piccola valle che evidenzia subito caratteristiche di ruralità e tranquillità. In pochi minuti, con un tratto che arrampica fino a quota 638 metri, dopo aver superato curve e controcurve, un lungo rettilineo conduce nella piazza di questo grazioso centro. L’appuntamento è in frazione Agnelli, qualche chilometro oltre il centro di Coli, dove mi attende per la mia guida. Si tratta di Sandro Agnelli, assessore al comune e profondo conoscitore del territorio, il quale, messo in moto il proprio pick up, mi propone subito di partire. Mi descrive l’itinerario che ha pensato per questa prima uscita, ed inizia a raccontarmi… Immediatamente capisco il legame che ha con la sua terra, con quei luoghi, lui che li c’è nato, c’è cresciuto, lui che li ha fatto famiglia, crescendo ed educando, com’è stato insegnato a lui, la cura per l’ambiente, l’amore per la natura. Usciamo dal piccolo agglomerato di case, svoltiamo a destra e, allontanandoci dalla frazione di Agnelli, andiamo in direzione Cornaro, dove vecchie case stanno per essere recuperate e rese abitabili dagli stessi proprietari, nel tempo scesi nei più grandi centri, ma ancora legati a quei luoghi, a quelle mura, tanto da impegnare tempo e denaro per poterci tornare, ora da villeggianti. L’ambiente tutt’intorno è di grande suggestione, la valle si perde nel verde di una natura che privilegia castagni. La tranquillità trasmessa da questi luoghi è quella che mette in pace l’anima, l’aria che si respira è quella che fa riempire i polmoni in un profondo respiro, per poi espirare lentamente, ed inconsciamente fa aprire le spalle, chiudere gli occhi. Proseguo, in compagnia di Agnelli, verso Fossoli dove, mi racconta, c’era un vecchio mulino. Si tratta di un gruppo di case abitate solo stagionalmente. Scendiamo dall’auto e ci incamminiamo verso alcuni ruderi. Sono quelli del vecchio mulino, si scorge ancora la macina riversa a terra, mentre la ruota è saldamente ancorata alla parete che ancora resiste. La musica del vento che muove le foglie e il canto degli abitanti del cielo, si fondono con il suono del silenzio, per un attimo rotto dal rumore di legna che viene accatastata. Mi volto e vedo un anziano signore che, disinteressato della nostra presenza, continua a lavorare, a sistemare le sue cose. Lo seguo con gli occhi per qualche istante mentre si ritira dietro una piccola porta, dentro la sua casetta che immagino piccola, accogliente e calda, semplice, fatta apposta per lui, l’unico abitante di Fossoli. Lasciamo questo minuscolo borgo e proseguiamo per la tappa successiva, percorrendo una strada che costeggia sulla destra la Curiasca di San Michele. Laggiù, mi indica Agnelli, indicandomi la parte più bassa del vallone, vi erano due vecchie case utilizzate in periodo di guerra come rifugio per i partigiani feriti, in seguito trasformate da deposito per il legname e le castagne. Non vi è più nulla, né resti, né tracce, e comunque laggiù ci si arriva solo a piedi. Noi continuiamo lungo questa piccola strada un po agevole, un po no, e raggiungiamo la frazione di Pescina. Qui ha sede una propria pieve e si sta intervenendo con un importante opera di recupero sull’intero borgo rurale, grazie anche all’interessamento della Comunità Montana, sostenuta anche dall’Amministrazione Comunale. L’itinerario conduce poi a Rovere, altro minuscolo borgo di poche case, per fare tappa alle Costiere, zona ricca di funghi e di una qualità speciale di patate. La strada che stiamo percorrendo, mi racconta Agnelli, è stata aperta solo nell’immediato dopoguerra, attorno alla fine degli anni ’40, dagli operai muniti semplicemente di piccone e badile. Solo dopo arriveranno i militari con mezzi più adeguati ed esplosivi. Isolo la mente per qualche secondo ed immagino, o cerco di farlo, l’incredibile lavoro che questi uomini erano stati chiamati ad eseguire. Nel frattempo siamo giunti a Barche, con la chiesa che vedevamo dominare dall’alto del costone, realizzata in pietra locale scavata proprio attorno a dove sorge l’edificio religioso. Le stesse pietre sono state utilizzate dal Perotti per la realizzazione del monumento alla resistenza che sorge nella piazza antistante la chiesa di Peli, che in seguito andremo a visitare. Barche, ricorda Agnelli, era un luogo dove conveniva la gente dei dintorni, un centro dove si aggregavano giovani e meno giovani per le feste danzanti, ragazze e ragazzi che potevano qui conoscersi, frequentarsi, nelle osterie e nelle trattorie che qui sorgevano. Chissà quante storie hanno avuto inizio qui a Barche, chissà quante di queste famiglie di oggi hanno trovato origine in questo piccolo borgo. Si ritorna a percorrere la Curiasca che qui prende il nome dalla località, prossima tappa dell’itinerario: Rosso. E’ zona ricca di frutteti questa, grazie alla sua posizione, protetta dai venti e dalle intemperie. Anche qui qualcosa si sta recuperando, alcune case sono in ristrutturazione, e sono gli stessi originari di questi luoghi che sistemano la loro vecchia casa, mettono mano ad edifici che altrimenti andrebbero a pezzi, persi, e con loro, anche l’identità di una comunità, di un paese. Ed è grazie a questa gente che non ha dimenticato la loro storia, che non ha perso l’affetto delle proprie origini, che certi luoghi ritornano a vivere e, a volte, a risplendere, perché sono angoli di paradiso sempre più rari, dove l’uomo ritrova il suo habitat più naturale, dove la natura è pace, dove lo sguardo può spaziare, la mente rasserenarsi…Qui scorazzano cinghiali, e sono tornati ad abitarla caprioli e daini. Noto piccoli appezzamenti per la coltura delle patate ed è evidente la particolare formazione di questa terra, molto friabile, molto simile alla torba. Superiamo Cimarini e ci dirigiamo in frazione Costiere, dove facciamo una sosta ristorativi presso la Locanda del Secolo (tel. 0523.934179), immersa in un ambiente che consente lo slogan riportato sul bigliettino da visita (fatto a mano!): “un bagno nella natura…”. Qui si possono gustare piatti tipici e si può soggiornare in graziosi alloggi, dice sempre il bigliettino. Non mi sbilancio circa la qualità del servizio di ristorazione e di ospitalità, ma di certo è un luogo paradisiaco, da dove si possono effettuare escursioni sull’Aserei e sulle Costiere, andare per funghi e per castagne. Con l’amico Agnelli prendiamo la strada del ritorno per fare visita alla chiesa parrocchiale di Peli, dedicata a San Medardo, un tempo antico maniero. La piazza antistante è dominata dalla statua dedicata al comandante partigiano Emilio Canzi. Da qui lo sguardi spazia sulla valle della Curiasca di San Michele, sul castello di Faraneto e sulla torre di Magrini, della quale rimangono ora solo pochi resti. Decidiamo di concludere questa prima uscita in visita al territorio di Coli, concedendoci un brindisi e l’occasione è ghiotta, in tutti i sensi, per andare a trovare i coniugi Opizzi, in località Averaldi (vedi box).
A casa dei conuigi Opizzi L’ultima tappa dell’itinerario è ad Averaldi, dai coniugi Opizzi. E la giornata non poteva finire meglio… Veniamo accolti con il solito calore tipico di questa gente ospitale, generosa. Sono le sei pomeridiane e la signora Franca sta iniziando la produzione del suo ottimo formaggio. La trovo mentre sta mungendo l’ultima delle mucche e posso così assistere all’intera filiera di lavorazione. Dopo aver raccolto il latte, Franca passa alla colatura nel tipico “lavez”, un pentolone di rame. Segue la cagliatura e dopo soli venti minuti mi mostra come il latte ha già preso una certa consistenza. La rurale costruzione nella quale mi trovo profuma però di sapori che, a tratti, mi distraggono. La stanzetta dove sta lavorando Franca confina con l’ambiente di stagionatura dove, aperta al porta, trovo risposta alla mia domanda… non solo formaggi nelle varie fasi di stagionatura, ma anche pancette, salami, coppe ed insaccati che, visto l’aspetto e l’ora, me li vedrei affettati volentieri accompagnati da un buon bicchiere di vino. Ma è tardi, Franca e Angelo devono continuare a lavorare, ma la promessa l’ho strappata, alla prossima occasione mi rifaccio anche di quest’oggi. Un brindisi comunque ci sta, perché un buon bicchiere di rosso non porta via mai troppo tempo e fa sempre bene. Cin cin…
Cenni di storia Alle origini Coli fa parte del pagus Bagienno di Bobbio sotto la dominazione romana ed è nel municipio di Velleia. In seguito passa ai Longobardi e nel 614 a San Colombano ed al monastero di Bobbio. Con la fondazione del monastero Coli diventa fiorente cella monastica. Lo stesso San Colombano, nel 615, si trasferisce nell'eremo di S. Michele, nella Curiasca di Coli, detta la Spelonca. Vede succedersi le dominazioni delle famiglie Grassi, Peveri e nel 1441 passa alla potente famiglia Nicelli, tutti feudatari di Bobbio. In seguito diventa feudo dei Dal Verme e segue le sorti del comune di Bobbio fino al 1923, anno che determina l’elevazione a Comune della Val Trebbia, sotto la Provincia di Piacenza.
Roberto Rossi
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