testo a cura dell'Arch. Giacomo Bessio
Quando il Giardino Zoologico di Roma nacque, all'inizio del secolo scorso (1911), fu riconosciuto da tutti i visitatori come uno dei luoghi più incantevoli di Roma. I motivi non riguardavano solo le collezioni di animali ospitati ma l'effetto del mostrarli, senza gabbie e nell'orto botanico al centro della città, appunto Villa Borghese. Il primo master plan lo disegnò Hagenbeck con Lehmann ed Eggenschwiller che ne realizzarono le architetture.
Che cosa ne è rimasto oggi, dopo quasi un secolo? Ecco il paradosso di Roma, città che tutto sedimenta ma nulla cancella: le linee guida dell'assetto urbanistico appaiono pressoché invariate e l'architettura, intesa come quinta scenografica, è ancora lì, ad emozionare oggi i piccoli visitatori, come ieri i loro nonni, stimolati dalle letture di Emilio Salgari.
Dopo 25 anni dalla sua apertura, nel '33 arrivò il De Vico che, senza peccare di protagonismo, inventò l'architettura del Giardino Zoologico creando edifici armoniosi e ricchi di pregevoli dettagli. Dopo il De Vico scompare l'architettura. I corpi di fabbrica edificati successivamente, male si sono integrati nel dialogo tra natura, paesaggio ed architettura circostante, tant'è che oggi, appaiono dei corpi intrusi insieme ad una serie di altri piccoli volumi barbaramente aggiunti in epoche successive.
"Quando il Bioparco, nell'aprile del '98 mi chiamò per il riassetto del Giardino Zoologico, uno dei tanti problemi che mi si posero, fu appunto quello di liberare, nel più attento rispetto del contenuto artistico originario, le gloriose vecchie volumetrie dalle citate superfetazioni e togliere quel tono di disfacimento che poteva apparire irreversibile. Certamente questo non voleva significare che l'obiettivo fosse unicamente quello di tutelare gli elementi del passato ma, in perfetta armonia con essi, occorreva ideare e realizzare nuove ed emozionanti strutture".
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