con la guida Tonino Zucconi
“Chi era e da dove veniva questa gente che per millenni ha vissuto e pregato il proprio dio sulla grande parete rocciosa?” Se lo chiede lo studioso, esperto ed appassionato di archeologia Antonio Zucconi. Ed è anche la domanda che appare sulla sua pubblicazione “La scoperta delle grotte di Rocca d’Olgisio” scritta in seguito alle sue ricerche che hanno consentito di ampliare la conoscenza su una serie di siti preistorici, protostorici, romani e altomedievali presenti in Val Tidone. Originario di Strà e residente a Pianello, Antonio, più noto come Tonino, divide il suo tempo libero tra la famiglia e la sua grande passione che è la ricerca archeologica, paleontologica e mineralogica. Durante l’anno l’Associazione Gruppo Geo Paleontologico organizza visite guidate alle grotte della Rocca d’Olgisio e presso la sua sede di Largo Dal Verme, 63 a Pianello è possibile ammirare una ricca esposizione di minerali ed oggetti rinvenuti in Val Tidone lungo le varie esplorazioni. In occasione della visita Tonino mette in mostra tutta la sua passione, evidenziata sia dall’enfasi che accompagna il racconto delle scoperte da lui fatte, come anche nella descrizione dei dettagli che aiutano a capire meglio il valore di tali emergenze, e nella disponibilità che dimostra nel rispondere alle varie domande che gli vengono poste. La visita si sviluppa su un percorso abbastanza semplice, anche se è necessario muoversi con attenzione e dotati di un abbigliamento consono ad una classica escursione di montagna, quindi capi semplici e comodi, scarpe ginniche o, meglio, scarponcini. La giornata sotto l’aspetto meteo non è certo delle più felici, ed anche il terreno non si presenta ideale poiché la pioggia caduta in precedenza lo rende scivoloso. L’itinerario comunque, con la necessaria attenzione, ci porterà in visita a tre grotte ed un altare sacrificale. Lungo il percorso Tonino tiene a precisare, qualora non venisse colto, che il sentiero tracciato che porta alle grotte, nel momento delle ricerche, proprio non esisteva. Al suo posto, nel 1996, quando ebbe inizio il suo lavoro, vi erano soprattutto sterpaglie, rovi, tanta terra e sabbia dovuta alla disgregazione della roccia calcarea, che ostruivano le grotte e coprivano il percorso. La fase di avvicinamento si percorre tuttavia su un primo tratto estremamente agevole che oltrepassa l’ingresso alla rocca, si incunea in un sottopasso che fuoriesce in corrispondenza di un prato. Subito qui una breve sosta per apprezzare un primo rinvenimento: una strada lastricata di epoca altomedievale lunga circa trenta metri per tre di larghezza antico accesso alla rocca, ritenuta dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Emilia Romagna “molto interessante, importante e ben conservata”. Ora il percorso continua, terminato il tratto di campo, su un sentiero fatto di gradoni ricavati nella roccia, con rurali corrimano in legno, che Tonino racconta di aver realizzato con l’aiuto degli amici Arnaldo e Francesco Bengalli e Andrea Aradelli. Si raggiunge così la Grotta delle Sante Sorelle Liberata e Faustina che fuggirono una notte, come racconta una delle tante leggende, per scappare dal padre Giovannato, ostile al desiderio di monacazione delle figlie, e si diressero alla città di Como dove fondarono un monastero. La grotta, luogo di preghiera delle Sante Sorelle, ospita una gradinata che sale affiancata da vani naturali da una parte, mentre dall’altra è fiancheggiata da sedute litiche di varie forme e dimensioni, ancora in buono stato di conservazione, evidentemente atte a svolgere funzioni di culto. Sulla base del più alto scranno è stato portato in luce uno straordinario bassorilievo, opera senza dubbio di una abile mano, raffigurante un ramo fogliato sormontato da una figura stilizzata. All’entrata della spelonca si notano due fori tondeggianti ricavati nel vivo dell’arenaria, pertinenti ad un’opera di palificazione, come anche altri ai lati che certamente costituivano parte di un rudimentale sbarramento. Si nota inoltre una piccola colonnetta naturale in arenaria che si alza per una trentina di centimetri dalla base di calpestio, al centro dell’ingresso; in questo caso potrebbe trattarsi di una piccola ara sacrificale, poiché si evidenzia anche un leggero incavo nell’arenaria che somiglia ad un piccolo raccoglitore e convogliatore di liquidi. Ora si prosegue, lungo sempre un semplice sentiero, con la visita alla Grotta della Goccia. Mentre può risuonare soave l’immagine di un luogo così denominato, è tuttavia orribile il suo reale significato. Questa grotta, come narra la leggenda, rappresenta un luogo di tortura, una tortura lenta ed atroce. Il condannato alla pena capitale veniva legato ad un palo conficcato in una vasca, con il capo bloccato in corrispondenza della caduta di una goccia che scendeva dalla roccia con frequenza costante e perpetua, la quale procurava lo sfondamento della parte superiore della scatola cranica. Una bella gradinata posta al fianco della vasca poteva servire per accogliere coloro desiderassero assistere allo svolgimento della condanna. Tuttoggi il luogo incute un certo senso di inquietudine e fascino dato dalla vasca ancora perfettamente in ordine che raccoglie quella goccia che ancora oggi cade con la stessa costanza e puntualità. Rimane comunque da chiedersi quanto la leggenda sia in questo caso credibile poichè non si notano in corrispondenza della vasca nè fori nè eventuali segni che possano dare credito alla presenza di catene utili a tenere bloccato il condannato. Tornando alla struttura si evidenziano adiacenti la grotta due piccole gradinate, una delle quali sale verso altri piccoli alveoli, mentre l’altra prosegue oltrepassando la grotta e sale dritta per terminare dirimpetto al precipizio. Il sentiero ora ripercorre in breve parte il percorso già fatto per poi deviare e continuare lungo un tracciato un po più impervio e difficoltoso, in particolare con condizioni di terreno umido. Si raggiunge dopo una camminata scoscesa la Grotta Nera, così denominata da Tonino in seguito ad una esperienza fatta da bambino un giorno impegnato a raccogliere castagne. Per accedervi si salgono alcuni gradini ed entrando si rimane subito colpiti dal bel giaciglio ricavato a scalpello in un alveolo naturale sul fondo della spelonca, abbellito dall’intaglio a lisca di pesce frontale. Nell’angolo di sinistra un altro grosso alveolo trasformato in forno di cottura dove sul fianco si nota un focolare dove sono ancora visibili i fori per alloggiare i sostegni delle pentole. Altri gradini sono poi stati ricavati nel piano di calpestio interno ed esterno la grotta, mentre sulla volta d’ingresso si apprezza un lavoro di raffinato artigianato rurale per ricavare nell’arenaria una specie di camino utile a convogliare fuori i fumi. Alcuni sedili sono stati poi realizzati all’ingresso della grotta che, nel suo complesso, può rappresentare una signorile dimora protostorica a piano rialzato. Un ulteriore tratto di sentiero, non tanto più agevole del precedente, per giungere all’ultima tappa dell’itinerario rappresentato dall’altare sacrificale. Si tratta di un’opera a gradoni scolpita nella viva arenaria ed affacciata nel vuoto. Rivolta verso il Monte Aldone, il rilievo più alto della Val Tidone, è formata da cinque gradoni lavorati a lisca di pesce molto evidenti in particolare sul primo, mentre al centro del piano degli ultimi due si trovano due grossi e profondi fori, verosimilmente anch’essi atti ad opere di palificazione. Sono trascorse circa tre ore dall’inizio di questa piacevole ed interessante visita che è giunta al termine, ma prima di incamminarci per il ritorno un ultimo sguardo scorre in direzione del meraviglioso panorama che ci circonda. Un saluto a Tonino e a tutti gli amici con i quali ho condiviso la visita ed un arrivederci alla prossima, per ampliare la conoscenza andando a conoscere altre grotte e luoghi che la giornata uggiosa non ha consentito di raggiungere.
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da La Cronaca Roberto Rossi
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