nel comune di Paola in zona fra le più interessanti della Calabria
Nel corso dei lavori di sbancamento del 1949 per la realizzazione dell'odierna via del Cannone è stato rinvenuto un cannone di bronzo di cui non si conosceva l'esistenza. Un gruppo di operai sotto la direzione del Sig. Eugenio Carnevale e di suo fratello impresario, scoprirono ad una profondità di 2 metri questo pezzo d'antiquariato con grande meraviglia di tutti. Un'accurata descrizione del direttore dei lavori, resa oggi a distanza di quarant'anni, il punto della scoperta è stato circoscritto nelle adiacenze della parte destra dell'attuale caserma dei carabinieri. Secondo quando affermato dal Carnevale, un operaio impegnato nell'accurato esame del terreno, coadiuvato dai colleghi di lavoro, nel tentativo di scoprire altri eventuali pezzi, mosse una pietra che venne inghiottita dal terreno sottostante, lasciando intravedere un foro profondo. Subito allargato, si poté con meraviglia intravedere un sottostante vuoto. Una lunga scala fu calata sotto quell'antro buio ed un operaio vi si calò dentro per decifrarne l'enigma. L'esplorazione che ne seguì, sebbene sommaria, diede risultati assai sorprendenti. Una torcia aveva illuminato un grande camerone alto quattro, forse cinque metri che comunicava con altre aperture in altrettante stanze o corridoi. La vasta costruzione dal soffitto a volta, secondo i ricordi del Carnevale descrittigli dall'operaio, si indirizzava verso le case di Via Valitutti e, la squadra di operai stava lavorando esattamente in prossimità del soffitto di quella costruzione. Il Dott. F.Ferrari, storico locale, accorso sul posto insieme a un folto gruppo di persone, intuì l'importanza di quella scoperta e comunicò di trattarsi del piccolo convento dei Padri Domenicani sommerso dall'alluvione causata dal fiume nel 1563. Lo storico ipotizzò che forse altri cannoni potevano essere stati calati nelle viscere di quella costruzione. Nonostante le sollecitazioni di questi a fare continuare l'ispezione, la paura di eventuali crolli vinse la curiosità dei presenti, e l'apertura fu chiusa. Dopo secoli di preclusioni era stato violato un altro pezzo di storia cittadina. Gli amministratori disposero per l'occasione che il cannone fosse stato scortato dalla banda musicale fino ai magazzini del Comune.
Il Carnevale, per istradare gli improvvisati turisti locali sull'esatta ubicazione del ritrovamento, scrisse su un pezzo di cartone "via che conduce al cannone", che inchiodò ad un palo conficcato all'inizio della nuova strada che stava per nascere. Era nato in quel modo il titolo della via che successivamente accorciarono in "via del Cannone". "Riportato alla luce per la seconda volta", esso è oggi a disposizione dei visitatori.
Da un'attenta visita, si intuisce che si è di fronte ad un pezzo di artiglieria molto singolare, avente come caratteristiche uno stemma, la parola Paola e l'anno 1556. Lo stesso si è conservato bene, mentre dell'affusto, su cui era fissato un tempo, non se ne sono avute tracce. Trattandosi di una lunghezza considerevole, 2,50 m. e, tenuto conto delle caratteristiche di lavorazione, si può dedurre che è stato fabbricato durante la dominazione spagnola iniziata nel Sud dal 1503. In origine questa bocca di fuoco faceva parte di una batteria, spiegata per la difesa della costa paolana, vittima della scorreria dei pirata barbareschi, insieme ai centri di S. Lucido, Amantea, Cetraro, Reggio, ecc.. Nei secoli XVI e XVII le coste della Calabria furono prede dei turchi berberi e Paola fu una delle città sfortunate ad essere stata saccheggiata e semidistrutta, insieme al convento di S. Francesco. La data di tale drammatico anno è storicamente fissata al 2 luglio 1555. Un provvedimento tempestivo fu dunque preso dai reggimenti di Napoli, avente come scopo la difesa della costa. I cannoni furono pertanto quanto di meglio poteva servire per la preparazione di una valida difesa. Di grossa potenza, con stemma di nobile casato, anno di fusione e relativa città di destinazione, questi pezzi d'artiglieria erano considerati fra i migliori sulla piazza asportati per via mare, furono scaricati sulla spiaggia e trascinati fino ai punti nevralgici della città. Il 1556, epoca in cui è stato fuso il cannone, rappresentò un anno particolarmente turbolento per i regnanti di Napoli. Proprio in quell'anno infatti, l'imperatore Carlo V abdicava in favore del figlio Filippo II, al quale aveva lasciato il regno di Spagna, Paesi Bassi, regno di Napoli e le nuove colonie d'America, e Ferdinando IV a cui erano toccati i regni di Austria e d'Ungheria.
I1 progetto di difesa della costa decretato sotto Carlo V e sviluppato sotto Filippo II, attraverso l'opera dei vari viceré, prevedeva la costruzione di tutto un complesso di torri lungo la costa e, naturalmente un poderoso armamento fatto di cannoni, utili ad una pronta difesa. Paola ha avuto dunque una propria autonoma difesa, sollecitata anche dai vari feudatari della costa, i quali vedevano in quell'operazione una valida sicurezza per le loro terre. Carlo V morì nel 1558 ed il progetto di difesa della costa, portato avanti sotto il figlio di questi, ebbe buoni e fruttiferi risultati. Infatti le scorrerie turche andarono sempre più scemando, per terminare completamente nei decenni successivi. I cannoni che ebbero una parte di rilievo negli anni più cruenti rimasero a guardia della città nei secoli successivi. La fornitura dei pezzi inviati a Paola assommavano in tutto a cinque, forse sei. Questa cifra, scoperta nel corso delle ricerche, rappresentò per quell'epoca un buon numero, ma seguiamo attentamente le fonti storiche che, hanno avvalorato questa ricerca.
In una lettera del 6 marzo 1563 scritta dal marchese di Fuscaldo e diretta al re di Napoli quattro anni prima della compera della terra di Paola, si apprende che il castello era fornito di "...tre pezzi di artiglieria, che al presente se ci trovano, ecc.. Nel 1665 lo stesso risulta essere armato, oltre che da armi leggere, da questi cannoni posti... nelli luoghi opportuni". Dice infatti l'autore della fonte che "...si trovano disposti molti pezzi di artiglieria, perché in occasione di bisogno possono servire alla difesa del castello, e della città". Nel 1693 un abate, viaggiatore assiduo nel regno napoletano, nel descrivere il castello, ci informa che questo è provvisto di cannoni "... un de quali, si era crepato all'arrivo del P Generale, ecc.".
Per altra valida notizia bisogna attendere il secolo XVIII. Nel 1754, a seguito di una visita di un cavaliere reale spedito dai regnanti di Napoli per ascoltare le lamentele del popolo, si apprendono delle curiose osservazioni. Una descrizione questa che completa le ricerche sul cannone. Il dignitario reale ci informa che un'altra bocca di fuoco, era stata piazzata presso la torre in località "le Mole" (presso l'ospedale?), ed un altro era in dotazione della "torre del Soffio", e che al Comune aspettava il mantenimento con "... rotola 20 di polvere, numero dodici palle di ferro; mazzi sei di miccio; pietre dodici di foco; e rotola quattro di palle di piombo". Per la manutenzione era sempre chiamato il Comune che provvedeva per "... fare costruire la cassa, e ruote di cannone, mettendovi il ferro bisognevole". Per quanto riguarda il secolo scorso le notizie del cannone sono più frammentarie. Si sa comunque che gli stessi hanno funzionato durante i fermenti locali, legati all'epoca della conquista napoleonica del regno di Napoli, ne è prova il fatto che i paolani in gran numero, filo francesi, resistettero asserragliati dentro il castello e con grandi sacrifici con l'ausilio anche dei cannoni a cinque giorni di assedio, contro i massisti filo borbonici. Dopo questo episodio drammatico per i paolani del 1806, i cannoni non risultano registrati in altri fatti analoghi, almeno per altri decenni. Ultime notizie attendibili sono del 1848. In quell'anno esplose una sommossa popolare organizzata da un comitato insurrezionale sorto a Cosenza contro il governo borbonico. Fra i diversi campi armati nati in provincia uno si formò anche a Paola. Nel corso degli eventi successivi, si concentrarono nella città numerosi cannoni, rilevati dai comuni di Cetraro e San Lucido, i cui abitanti in forze si erano trincerati a Paola.
In un successivo sbarco dal mare di rivoltosi siciliani accorsi in aiuto, sbarcarono altrettanti cannoni con relative munizioni. A quel punto il concentramento di tali armi dovette essere notevole. Non si sparò nessun colpo perché la sommossa fu bloccata sul nascere, ma rimane però da considerare un fatto, e cioè che erano presenti a Paola una quantità grossa di bocche da fuoco che non avevano più alcun senso a rimanervi. Poiché la città dovette passare per reazionaria ai regnanti borbonici, questi dovettero farli requisire e trasportare lontano. Per spiegare come si sia salvato quest'ultimo ritrovato sotto due metri di terra, in una zona fino a poche decenni orsono, in aperta campagna, l'ipotesi più logica potrebbe essere quella dell'occultamento. Qualcuno che abbia pensato di nasconderlo in una fossa profonda per indubbie finalità. Questo superstite cannone rappresenta comunque un pezzo di pregevole valore storico. Lo scudo che si trova sul dorso raffigura un'effige molto importante. Diviso in due parti reca sul fianco sinistro e al centro del campo tre stelle a strisce, mentre a destra come unico disegno uno scaccato. Rappresenta come è ovvio, la fusione di due famiglie molto importanti. Esternamente un'aquila rampante con una corona reale in testa mantiene con austerità e tono regale lo stemma stesso. Il cannone era fissato ad uno affusto in legno che era provvisto di due ruote laterali che lo rendevano più agevole negli spostamenti. Questa bocca di fuoco è stata fuso in bronzo, in una fonderia specializzata, a differenze di quelle in ferro del passato, tale da risultare più leggero, più preciso e più potente. Bisogna rammentare che proprio nel secolo XVI si cominciò a precisare la terminologia assai diversa comunque da un paese all'altro. Fra le denominazioni generiche più diffuse ricordiamo fra tutti il termine di origine spagnole di bombarda. Quest'ultima, a canna lunga e il tiro teso, era impiegata per lanciare proiettili metallici, come nel nostro caso, identificata più specificamente come cannone. La lunga canna, fissata tramite due orecchioni laterali, era equilibrata da un affusto almeno una volta e mezzo la lunghezza. Sparava tramite l'accensione di una miccia al salnitro, che veniva infilata nel foro, ancora ben visibile, detto lumello o focone. Fra i diversi accessori in dotazione, molto importante era il posto occupato da una lunga asta in legno. Questa era provvista del calcatoio, di quell'arnese cioè posto ad una delle due estremità che serviva a spingere il proiettile e la carica dentro il condotto. Nei periodi di riposo, l'interno della bocca veniva pulito con lo scovolo, quest'ultimo costituito da una sorta di spazzola cilindrica posta all'altra estremità dell'asta. L'ultimo importante dato storico che è necessario sapere di questa singolare ed interessante ricerca, è l'attribuzione dello stemma genealogico che si trova impresso sulla canna del cannone. La parte destra dello scudo (a sinistra di chi guarda) raffigurata da una fascia con tre stelle (con tre spine secondo la raffigurazione araldica), avente ciascuna cinque punte, rappresenta lo stemma degli Spinelli di Cariati15. La parte sinistra dello scudo (a destra di chi guarda), lo scaccato, per l'esattezza, rappresenta la famiglia di Alvarez di Toledo, nella persona del viceré di Napoli Don Pietro di Toledo.
Le due famiglie si imparentarono attraverso il matrimonio di Giovan Battista Spinelli duca di Castrovillari con Isabella, figlia del viceré Don Pietro di Toledo. Nel 1546 Giovan Battista Spinelli donò alla moglie Isabella di Toledo la terra di Paola. Lo Spinelli morì nel luglio 1551. Alla successione feudale e al pagamento dei diritti fiscali fu chiamata la figlia Francesca Spinelli duchessa di Castrovillari, a carico della quale, nell'ottobre 1553 venne emessa la significatoria, ossia ordine di pagamento. Nei MSS genealogici di Livio Serra di Gerace, vol. VI fol. 2088 (Spinelli di Cariati) si trova conferma del matrimonio di Giovan Battista Spinelli con Isabella di Toledo (di Pietro e Maria Osorio Pimental) dai quali nacque la figlia Francesca ricordata qui sopra. Tenuto conto della data 1556, dell'apertura della successione feudale alla morte di Giovan Battista Spinelli (il 1551) e delle figurazioni che appaiono nello scudo, si è dell'opinione che lo stemma sul cannone debba attribuirsi a Francesca Spinelli la quale adottò nello stemma le insegne pertinenti al ramo paterno e a quello materno. Ma c'è dell'altro, e cioè che nel corso delle ricerche è saltato fuori anche lo stemma degli Spinelli di Fuscaldo. Infatti si trova nella cappella votiva annessa alla chiesa del Santuario di S. Francesco appeso in cima al mausoleo funebre del marchese Salvatore Spinelli. Le tre stelle in strisce a destra dello scudo (a sinistra di chi guarda) sono presenti in questo stemma in modo inequivocabile. A sinistra dello scudo (a destra di chi guarda) troviamo però un altra insegna che rappresenta una grossa famiglia, imparentata con gli Spinelli di Fuscaldo. Un altro scudo appartenuto alla famiglia fuscaldese si trova appeso alla parete sinistra del portico, a fianco della monumentale facciata del Santuario di fronte ad una fontanella. Lo scudo in questione comprova anche un altra cosa, e cioè che gli Spinelli di Fuscaldo erano imparentati al ceppo degli Spinelli di Castrovillari, avendo avuto in comune una medesima origine.
Donna Francesca, duchessa di quest'ultima città, troverà poi assai conveniente vendere nel 1567 la terra di Paola ai parenti di Fuscaldo il cui feudo era di confine proprio con la città natale di San Francesco, ma molto distante da Castrovillari, perciò alla vendita che ne seguì, il marchese Spinelli di Fuscaldo comprò anche l'armamento che faceva parte del castello, consistente in cannoni. E' auspicabile che venga creato l'affusto mancante, per valorizzare quest'ultimo cannone rimasto in vita. Il pezzo risulterà più interessante e potrà competere con i migliori cannoni dell'epoca, in più una testimonianza valida a giustificare il ruolo attivo svolto dalla città nei secoli passati. A prova di questa tesi, il marchio dello scudo è stato coniato apposta per Paola, il che vuol dire prestigio che la città di San Francesco aveva acquisito presso i regnanti spagnoli di Napoli. Oggi il cannone si trova in Piazza Nassiriya, sistemato su di una base in ferro.
testo a cura di Giovanni Panaro
da www. comune.paola.cs.it
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