tre percorsi alla scoperta di un territorio particolarmente suggestivo
A- L'itinerario di prevalente interesse paletnologico e paleontologico inizia presso il valico di frontiera di Ponte S. Ludovico dove si aprono gli ingressi del complesso delle Caverne dei Balzi Rossi, ove si trovano testimonianze preistoriche risalenti a 240.000 anni fa: di forte interesse scientifico l'esame delle dimore e delle ricche sepolture del Paleolitico superiore; a questo proposito la Grotta del Principe ha restituito alla luce un frammento di osso iliaco, appartenente ad una donna adulta, preneandertaliana, che camminava con stazione eretta; esso rappresenta uno dei frammenti umani più antichi rinvenuti in Italia. Nella Barma Grande è stata invece ritrovata la famosa " Triplice sepoltura" consistenti nei resti ossei degli scheletri di un adulto, di un giovane e di un fanciullo appartenenti alla razza Cro-Magnon. Questi e altri reperti possono essere osservati al Museo Nazionale dei Balzi Rossi. Proseguendo presso il borgo medievale di Toirano, si può visitare il grande sistema delle grotte evolutosi nel tempo in un complesso carsificabile dolomitico del Trias (periodo geologico che si estende da 225 a 195 milioni di anni fa). Chi visita la Grotta della Bàsura, oltre agli affascinanti scenari costruiti dal carsismo, trova i resti del cosiddetto cimitero degli orsi, testimonianza della permanenza di questi animali nelle grotte dove si rifugiavano per il letargo. Il reperto più emozionante è però costituito dalle impronte di piedi, di mani e di ginocchia lasciate, più di 14.000 anni fa, sul suolo argilloso da alcuni uomini appartenenti alla razza Cro-Magnon, probabilmente entrati nella grotta per scacciare gli orsi o per celebrare riti propiziatori. Nei pressi di Ceriale, il Rio Torsero custodisce importanti giacimenti di macrofossili del periodo pliocenico conservati in un involucro di formazione argillitico-sabbioso a protezione delle parti più fragili degli organismi che al contrario sarebbero scomparse con la fossilizzazione del guscio. A protezione del giacimento contro il saccheggio operato dai raccoglitori di fossili, è stata istituita una riserva naturale regionale, che oltre alla salvaguardia di questi luoghi, è dedita alla divulgazione di notizie ed informazioni tramite l'opera di un museo paleontologico sito presso il bel nucleo storico di Peagna. Una bella strada panoramica risale da Finale Pia all'Altopiano delle Mànie, arrivando in un'area coperta di pinete ove si trova la grandiosa Caverna Arma delle Mànie, nella quale scavi archeologici hanno riportato alla luce interessanti tracce di antiche frequentazioni umane.
B- L'itinerario di prevalente interesse geologico e geomorfologico parte dai Calanchi di Castel D'Appio, ai quali si arriva attraverso la carrozzabile per S. Lorenzo. Questo tipico fenomeno erosivo, causato nei terreni argillosi dalla continua caduta delle piogge, si presenta con vallette profondamente incise poste da parte a creste affilate. Attraversando il confine italo francese, presso Ventimiglia, non si può non rimanere colpiti dalla bellezza delle Rupi di Roverino, veri e propri bastioni originatesi nel Pliocene e costituiti da ciottoli di roccia sedimentaria arrotondati e cementati tra loro da materiale calcareo. Proseguendo oltre gli abitati di Molini e Triora, lungo un'antica via del sale, si giunge alle gole del torrente Argentina, il cui corso d'acqua ha scavato una forra dalle pareti ricche di calcari di gusci fossilizzati di nimmuliti (protozoi). L'esame di questo deposito ha permesso di datare la roccia a circa 45 milioni di anni fa (Eocene medio). Molto interessante è pure il torrente Arroscia che, nascendo dai versanti orientali del Monte Frontè, già nel primissimo tratto di corso perde ben 1500 m di quota formando salti spettacolari e alte cascate. L'itinerario che conduce alle cascate, dopo un breve tratto iniziale su roccia scoperta e tra rade roverelle, si addentra in un bosco più fresco, ove vegetano il càrpino nero e la primula odorosa. Stimolante anche la visita ai versanti liguri dell'alta Valle del Tanaro che, raggiungibili attraverso la panoramica che congiunge Monesi di Mendatica con Ponte di Nava, presentano peculiarità ambientali e culturali uniche e di sicuro interesse. Oltrepassato l'abitato di Upega, la valle si restringe improvvisamente nella Gola delle Fascette, profonda e suggestiva incisione scavata nella roccia calcarea e caratterizzata, in superficie, da calderoni, marmitte e salti d'acqua e, in profondità, da un'eccezionale rete carsica sotterranea. Un'escursione lungo il torrente Tanarello permette di ammirare nel substrato forme erosive quali cascatelle, calderoni e marmitte. I fianchi rocciosi, nel primo tratto di valle a pareti strapiombanti, sono abbelliti dalle fioriture della Saxifraga linguata e della Campanula macrorrhyza, tipiche e frugali abitatrici delle nicchie rocciose. Dal paese di Aquila d'Arroscia, poco dopo i ruderi del castello, si può accedere ad un itinerario pedonale che permette di penetrare in un ambiente di bellezza selvaggia, con gole e dirupi scavati dai corsi d'acqua negli strati calcarei. In queste rocce si sono formate per carsismo numerose grotte frequentate dai primi abitanti della Liguria dal Paleolitico superiore fino in età romana e il sentiero permette proprio di ammirare le Arme delle Porte e della Ravinella, dove furono ritrovati resti di un orso delle caverne, e la Grotta dei Carbonai in cui, oltre a resti umani, fu trovata una fibula in bronzo decorata con due testine d'anatra. Lo scenario forse più suggestivo è però quello offerto dall'Arma del Cuppà dove diversi ritrovamenti fanno pensare ad una probabile utilizzazione della grotta come sito rituale. Procedendo in alta Val Pennavaria troviamo numerose altre cavità naturali creatisi in seguito a fenomeni carsici avvenuti nel Giurassico inferiore (190-180 milioni di anni fa), e spettacolari pareti a strabiombo di dolomia chiara. Una delle vette più elevate delle Alpi Liguri orientali è senza dubbio il Monte Galero ove affiorano rocce denominate brecce composte da detriti (clasti) a spigoli vivi, tra loro cementati. I clasti, prevalemtemente carbonati, raggiungono dimensioni anche dell'ordine di più metri, e fanno pensare, per forma e composizione, a materiale di frana accumulatosi nel Giurassico medio ai piedi di pendii sottomarini piuttosto ripidi. Proseguendo troviamo il suggestivo borgo di Castelvecchio Rocca Barbera dove troneggia l'imponente massiccio delle dolomie di S. Pietro ai Monti, formazione coetanea di quella che costituisce le più note Dolomiti (Alpi Orientali). Lo scenario offerto da queste rigide rocce è di aspra bellezza, con guglie e pareti verticali ai cui piedi si accumulano falde detritiche. Vale senz'altro la pena di oltrepassare il valico per visitare, in un ambiente più fresco e boscoso, le sorgenti del fiume Bormida, le cui acque scaturiscono da una polla rintracciabile al bordo di un praticello appena sopra la strada. Degno di essere visitato il Bric Tana, il cui interesse deriva dalla natura del substrato geologico della zona formato da un complesso conglomeratico arenaceo-marmoso di età ologocenica (circa 30 milioni di anni fa), la "formazione di Molare", che si è intercalato, in corrispondenza di una potente bancata di calcare di scogliera in cui si sono evoluti numerosi fenomeni carsici. A poca distanza dall'Area del Bric Tana, troviamo la Valle dei Tre Re, dove in un'arenaria calcarea, si è sviluppata una grotta a circuito idrografico sotterraneo da cui è derivata una "valle chiusa", priva cioè di emissario superficiale. Continuando lungo l'area protetta regionale di Piana Crixia possiamo notare il contrasto tra la dolce morfologia delle zone pianeggianti e l'asprezza dei fianchi dei rilievi soprastanti; nei quali l'azione erosiva degli agenti atmosferici ha scavato imponenti calanchi, i quali si sono evoluti su terreni sedimentari, argillosi, marmosi, erodibili ed in attivo rimodellamento. Altra particolarità morfologica generata dai fenomeni di erosione selettiva è il curiosissimo fungo, osservabile sotto il centro medioevale di Borgo e la cui particolare forma è stata generata dallo scivolamento verso il basso di detriti che hanno lasciato emergere per qualche metro il gambo della roccia. Lo studio e l'osservazione dei fenomeni carsici nel Finalese hanno dato grande rilevanza a fenomeni di erosione sia profondi (con formazione di grotte), sia di superficie (doline ed inghiottitoi) e una piacevolissima escursione a Pian Marino da modo di osservare interessanti esempi di tali fenomeni. Partendo da Feglino e oltrepassato il villaggio di Cia, si prosegue in piano fino ai prati di Pian Marino, dove abbiamo una vasta depressione carsica senza inghiottitoio, circondata da una bella vegetazione mediterranea mista ad essenze collinari ed inserita nel bianco scenario roccioso della Rocca Carpanea. Da qui si raggiunge in breve tempo una cava di pietra di Finale, da sempre utilizzata, per il bel colore rosato, come materiale da rivestimento. Imboccando una deviazione della strada che da Finale Pia conduce a Boragni, si può effettuare una piacevolissima gita nella Val Ponci, per continuare verso il massiccio montuoso del Beigua dove l'ambiente è caratterizzato dalle serpentiniti, rocce metamorfiche e ricche di magnesio di remota origine suboceanica che costituiscono la parte più antica di un complesso di rocce verdi che i geologi chiamano "ofioliti del monte Beigua". Risalendo il torrente Gargassa si possono scoprire i tesori naturali della parte nordorientale dell'Area Protetta del Monte Beigua. Lasciandosi alle spalle il tratto di valle che scorre sulle ofioliti del Beigua, si attraversa un affascinante canyon in cui si riconoscono ciottoli delle formazioni metamorfiche. L'ascesa alla Punta Martin è una delle più impegnative ed interessanti escursioni essendo i versanti meridionali di queste cime di aspetto aspro e montano, con balze suggestive ed accumuli di detriti nei fondovalle. Le belle pareti della Punta ed i roccioni vicini, sono apprezzate palestre di roccia per gli alpinisti genovesi. L'itinerario stradale da Isola del Cantone verso Vallenzona consente di apprezzare i pregi panoramici e storici della Val Vobbia. Poco oltre Vobbietta si incontra la formazione oligocenica dei conglomerati di Savignine. In queste rocce, formatesi per cementazione di sedimenti marini, il corso d'acqua ha scavato un ripido canyon, mentre gli agenti atmosferici ne hanno scolpito le cime in suggestivi torrioni. Dal passo della Scoglina si intraprende un sentiero che costeggiando il tratto iniziale del torrente Aveto permette una gradevolissima passeggiata in un ambiente dove le sorgenti si trovano al Prato lungo e la valle, fino a quel punto incisa nelle arenarie, si allarga in un pianoro. Per ammirare un panorama ancor più ampio sul gruppo dell'Antola, si può raggiungere la cima del Monte Caucaso, costituita da strati di arenaria alternati a scisti ardesiaci. Proseguendo dal passo della Forcella, attraverso belle faggete, si alza il Monte Ramaceto, grande anfiteatro roccioso che racchiude in un ferro di cavallo la valle del torrente Cicana, il quale scava con notevoli effetti paesaggistici le argilliti e le arenarie del fondovalle. Queste, depositate in mare sotto forma di flysch nel Cretaceo superiore (100-65 milioni di anni fa) e dislocate nell'attuale posizione da eventi orogenetici successivi, producono un grande effetto scenografico. Più avanti troviamo S. Stefano d'Aveto, punto di partenza ideale per effettuare gite ed escursioni alla scoperta di alcuni dei più interessanti monti dell'Appennino settentrionale: Monti Groppo Rosso e Maggiorasca, i quali presentano ambienti rupestri alternati da prati e pascoli. Un'altra delle mète più suggestive e note per l'escursione in Appennino è senz'altro la piana di Prato Mollo, alla quale si arriva attraversando il più tipico paesaggio vegetale più tipico delle alture dell'Appennino. Al margine meridionale della piana si trova una roccia riconoscibile per l'imponenza ed il colore bruno: la Pietra Borghese, costituita di peridotite, che per la sua forte magneticità richiama i fulmini. Continuando il viaggio e salendo verso la propaggine meridionale della Zatta si incontra la vetta del Monte Chiappozzo dove affiorano banchi di calcari del Cretaceo inferiore (età circa 120 milioni di anni) detti "a calpionelle", dal nome dei protozoi fossili che contengono. Il Monte Gòttero è la culminazione più importante della Liguria di levante costituito da un complesso sedimentario di origine marina e di natura arenacea, che i geologi hanno battezzato con il nome del monte stesso. Proseguendo troviamo il fiume Vara che, nascendo dal Monte Zatta, scorre interamente in provincia di La Spezia fino alla confluenza con il fiume Magra, offrendo scorci suggestivi, bellissimi meandri e gole molto apprezzate dai canoisti. La Punta Mesco, che separa l'insenatura di Levanto da quella di Monterosso, è un promontorio di eccezionale pregio morfologico e panoramicola cui origine è probabilmente da collegare a fenomeni tettonici che ne hanno ritagliato il perimetro. In continuità morfologica con lo spettacolare sperone roccioso dominato dal castello di Portovenere, nel settore occidentale del golfo di La Spezia, emergono gli scogli calcarei delle isole Palmaria, Tino e Tinetto. Dalla roccia calcarea della Palmaria è stato cavato per secoli il marmo Portoro. La carsificabilità di questi calcari ha generato le cavità della grotta Azzurra e della grotta dei Colombi, in cui vennero ritrovate tracce di insediamenti mesolitici. All'estremità orientale della Liguria, tra il golfo di La Spezia e la foce del Magra, troviamo il promontorio del Caprione e all'estremità meridionale di esso la Punta Bianca, che prende il nome dalla colorazione delle rocce che vi affiorano (calcari saccaroidi).
C- L'itinerario di prevalente interesse faunistico ha inizio dal Monte Saccarello, la cui popolazione faunistica ospita mammiferi inusuali per le abitudini della zona come la lepre alpina, il camoscio, la marmotta, l'ermellino, e, tra gli uccelli, la pernice bianca e il corvo imperiale; il tratto terminale del fiume Centa è soprattutto abitato da anatre e rallidi, quali germani, morette, moriglioni, folaghe e porciglioni. Vicino alla riviera trasformata dall'edilizia, l'isola Gallinara ospita una cospicua colonia di gabbiani reali. In località Montenotte Superiore un sentiero che si diparte dall'Alta Via dei Monti Liguri conduce ai Boschi dell'Adelasia, la cui fitta copertura boschiva favorisce la presenza di alcuni esemplari di caprioli. La zona di Capo Noli è il più bel paesaggio litoraneo che troviamo sulla Riviera di ponente paradiso del passero solitario e del falco pellegrino. Proseguendo per Bargone, nell'entroterra di Sestri Levante è degno di nota lo Stagno di Roccagrande popolato da numerosi anfibi quali la rana agile, la rana temporaria, la raganella comune, l'ululone a ventre giallo e i tritoni alpestre e crestato. Presso Sarzana troviamo i laghetti di Bozzi di Saudino dove vivono il pendolino, il martin pescatore, il tarabusino ed alcuni migratori raramente visibili in Liguria come gli aironi, le anatre e i piccoli trampolieri; in primavera è possibile incontrare anche il falco pescatore, uno dei più interessanti e rari rapaci delle zone umide.
D- L'itinerario di prevalente interesse botanico inizia a Villa Hanbury nei cui giardini vegetano enormi alberi di Ficus elastica e molti elementi tipici delle latitudini tropicali e subtropicali come le palme, le cicadacee e le piante succulente. Proseguendo si deve far tappa a Monte Grammondo dove il clima ha favorito lo sviluppo di una vegetazione mediterranea con pino d'Aleppo, lecci arbustivi e ginepri di Fenicia; in cima si trova il pino silvestre, mentre scendendo poi verso l'abitato di Olivetta, si può ammirare, nel periodo di giugno, la superba fioritura della rara e protetta Peonia officinalis e osservare una interessante lecceta d'alta quota. I Boschi di Gouta ospitano l'abete bianco, il faggio e il pino silvestre. Risalendo la Val Nervia, attraverso la strada che da Pigna porta a Colla Langan, si possono notare gli alti versanti ricoperti da uno scuro e compatto manto vegetale di una lecceta accompagnata da un ricco corteggio di specie della macchia mediterranea. Poco prima della Colla, si raggiunge il giardino botanico di Carmo Langan, nel quale il CAI di Bordighera ha raccolto, a scopo didattico e di conservazione, circa 200 specie vegetali appartenenti alla flora spontanea delle Alpi Marittime, nonchè altre piante alpine di importazione. Nell'entroterra di Bordighera, al confine con la Francia, i monti Toraggio e Pietravecchia costituiscono la mèta di una delle più ricche ed interessanti escursioni naturalistiche della Liguria con suggestivi paesaggi d'alta quota, splendide distese di fioriture quali gigli, pomponio, martagone, aquilegia di Reuter e di Fritillaria involucrata. Su queste cime si trova la più cospicua concentrazione di piante endemiche delle Alpi Liguri presenti in tutto il settore. Tra di esse: Moehringia lebrunii, Phyteuma balbisii, Saxifraga cochlearis e Viola valderia. Il Monte Carmo di Loano è invece paradiso ideale per la fioritura del mirtillo rosso, il ginepro nano. Sul Colle del Melogno vi è una delle più belle faggete della Liguria la quale, da alcuni decenni riconvertita da "ceduo" in "alto fusto", ha raggiunto la struttura di fustaia pura "disetanea", dove i faggi si presentano in differenti stadi di crescita. Tra i rilievi posti alle spalle del Monte Acuto si verificano fenomeni di convivenza davvero insoliti tra i vegetali: su versanti interamente ricoperti da un'impoverita macchia mediterranea, con euforbia spinosa e timo, si trovano la Globularia cordifolia e il fiorellino azzurro dall'aspetto prostrato tipico delle piante nordico-alpine, oltre a rarità come le orchidee selvatiche e l'Echinops ritro che fiorisce in giugno-luglio. Proseguendo verso l'altopiano di San Bernardino, caratterizzato da una vegetazione di tipo mediterraneo, con specie a foglie dure e coriacee, è interessante osservare il fenomeno ecologico dell'inversione altitudinale della vegetazione: gli orizzonti vegetali mediterranei, di solito localizzati più in basso, sono qui insediati nelle zone in quota, mentre il fondo delle incisioni vallive, con ambiente più fresco, ospita associazioni di specie vegetali meno eliòfile con prevalenza di càrpino nero e roverella. Andando avanti a due passi dalla città di Savona si trova l'isolotto di Bergeggi, per il quale, è stata istituita una riserva naturale regionale dalla vegetazione pressochè incontaminata. Il breve tratto di costa sotto la Via Aurelia, presenta spiaggette ed anfratti rocciosi, dove si alternano cavità naturali anche ampie, tra cui la Grotta Marina, visitabile sia da terra che dal mare. A Bergeggi si trovano piante rare od endemiche (Campanula sabatia), con un'interessante presenza della Euforbia arborea, un arbusto termofilo che, come molte piante tropicali, si riposa nella stagione secca tornando a vegetare in inverno. Più avanti, all'interno dell'Area Protetta del Monte Beigua, si trova la Riserva del Lajone ove vengono ospitate alcune forme vegetali di alta quota che qui si trovano piuttosto in basso rispetto al loro optimum altitudinale. Causa di questo interessante fenomeno è il clima particolare della località, dove nebbie frequenti, abbondanti nevicate e piogge stagionali favoriscono la sopravvivenza di alcune specie vegetali, dette microterme, come la Parnassia palustris, la Sassifragacea dalla bianca fioritura estiva e la Drosera rotundifolia. Proseguendo verso Ceranesi e prendendo la strada che porta in direzione delle Capanne di Marcarolo (Piemonte), si attraversa l'altopiano dei Piani di Praglia, ricoperto da una vegetazione scarna, duramente selezionata dal substrato ofiolitico. Poco dopo Praglia, uno sterrato lascia la strada asfaltata per scendere nella conca di Pratorondanino. Qui presso un'azienda ippoturistica, il Gruppo Ligure Amatori Orchidee ha realizzato un giardino botanico con piante caratteristiche delle Alpi e dell'Appennino Ligure. Tra le specie vegetali che si possono ammirare: alcuni semprevivi, il rododendro ferrugineo, la peonia officinale e le pianelle della Madonna. Proseguendo per la valletta del rio Lischeo si incontranopresso le pozze e nei piccoli rigagnoli la pianta acquatica, svariate igrofite. Nei substrati inondati da acque a bassa temperatura si riproducino specie di microterme, come la calta, la genziana palustre e le insettivore Pinguicola vulgaris e la Drosera rotundifolia. Più in là sul Monte Antola troviamo belle fioriture, e pascoli che nel versante ligure ospitano una preziosa flora d'altitudine. Alle spalle di Rapallo, il Santuario di Montallegro è circondato da una bella lecceta con alberi anche di grandi dimensioni. Questo tipo di bosco rappresenta la forma più evoluta della vegetazione mediterranea che un tempo ricopriva tutti i rilievi costieri. Sui versanti a mare del promontorio di Portofino si possono ammirare ricche vegetazioni mediterranee, tra cui bellissime euforbie arboree e i pini d'Aleppo, mentre su quelli settentrionali un paesaggio vegetale di tipo medioeuropeo con castagni, noccioli e maggiociondoli. Le rupi offrono invece rifugio ad un raro endemismo con la Saxifraga cochlearis dalla bianca fioritura estiva, rinvenibile solo sulle Alpi Liguri, mentre tra la flora mediterranea ricordiamo la lisca. Sulle pendici nord-orientali del Monte Aiona si trova un sistema di conche lacustri di grandissimo valore naturalistico: i laghi delle Agoraie. L'origine di questi laghi risale a circa 20.000 anni fa, durante l'ultimo periodo glaciale, quando l'azione erosiva di una lingua di ghiaccio addolcì il pendio in successivi pianori e l'impermeabilità del substrato (diabasico) consentì successivamente il ristagno delle acque meteoriche il cui deflusso a valle è impedito da cordoni di detriti e massi depositati dallo stesso ghiacciaio. Le particolari condizioni climatiche, più di 2.000 mm. di pioggia annui, lunga persistenza della coltre nevosa e acque sorgive con temperatura sempre inferiore a 10°, hanno permesso la sopravvivenza di specie vegetali e animali caratteristiche delle latitudini circumpolari o delle più elevate vette alpine. Proseguendo tra le più belle formazioni boscose del Levante Ligure, vi è senz'altro la faggeta che ricopre i versanti settentrionali ed orientali del Monte Zatta, caratterizzato dal tipico corteggio floristico della Paris quadrifolia e del campanellino. La formazione vegetale di Punta Manara è costituita dalla rilevante presenza di leccio, di tipiche vegetazioni marittime come l'euforbia arborea dai gialli fiori invernali e da qualche interessante presenza di sughera. ercorrendo la costa delle Cinque Terre, si incontrano audaci terrazzamenti a vigne e lembi relitti di lecceta; come altro esteso consorzio arboreo vi è il pino marittimo, nel cui sottobosco si può notare una buona rinnovazione della macchia e dei lecci. Tra le altre essenze arboree begli esemplari di pino d'Aleppo e di sughera.
|