Chiesa di San Francesco

Chiesa di San Francesco

a Potenza risalente al XIII secolo

Sul lato destro del Teatro Stabile sorge il Palazzo del Governo il quale occupa parte dell'ex convento di San Francesco che comprendeva anche l'ala occupata dal Palazzo di Giustizia, proprio a fianco di questa parte del grande edificio è la Chiesa di San Francesco

Per questo monumento abbiamo la data di fondazione del convento 1265 e quella di fondazione della chiesa 1274. La prima data, a quarant'anni dalla morte del Santo testimonia quanto seguito avesse ottenuto San Francesco nella città.

Nel 1279 un atto notarile registra le testimonianze di due testimoni oculari che dichiararono che nel costruire le fondazioni di un grande muro per la chiesa, nel 1266, una frana seppellì con terra e pietre gli operai che vi lavoravano. Dopo diverse ore, saputa la notizia, i potentini accorsero sul posto per recuperare almeno i cadaveri invece, scavando, trovarono tutti gli operai ancora vivi.

La Chiesa dovrebbe sorgere sul luogo di un precedente oratorio, forse protoromanico, del quale alcuni reperti sono murati nelle pareti del chiostro e dell'abside.

Nel 1758, Onorio reggente dei Minori Conventuali acquistò marmi dell'antica chiesa di San Giovanni Battista che volle sistemare come sedile all'ingresso del Convento. I marmi che erano del portale maggiore della chiesa di San Giovanni avevano un'iscrizione che testimonia la costruzione di una chiesa dedicata a San Giovanni avvenuta nel 1080.

La chiesa attuale ha l'impianto ad aula unica, molto allungata, conclusa da un'abside la quale è sottolineata da un arcone trionfale che reca motivi tardo gotici di ascendenza catalana. Tipologia d'impianto tipicamente francescana. La navata è coperta con capriate lignee a vista di restauro. Le tre monofore ogivali a doppia strombatura che si trovano nella zona superiore della parete sinistra sono del XIII secolo. L'abside è arricchita da una monofora trilobata a doppia strombatura ed è coperta da una volta a crociera poligonale con costoloni in pietra raccordati ai pilastri, a sezione poligonale, mediante capitelli a cesti fogliacei stilizzati.

La tipologia della facciata a spioventi e la pietra lavorata faccia a vista sono elementi comuni a molte chiese francescane della regione. San Francesco è comunque caratterizzata da un portale in pietra calcarea di forme durazzesche con una pregevole porta in legno intagliato datato 1499. Sul lato sinistro della chiesa si alza il campanile, che si articola su quattro livelli con una parte basamentale, il primo piano con finestre di stile gotico, il manufatto si conclude con una cuspide di restauro che sostituì un piccolo tetto a padiglione coperto con un manto di coppi curvi.

Dell'antico convento rimane solo il portale d'ingresso sistemato alla base del campanile, in pietra calcarea, con motivi decorativi di tipo durazzesco-catalano, ed una porta lignea intagliata e traforata. Di periodo e tipologia simili al portale è anche una finestra ad arco inflesso sistemata sul portale del convento attorno al 1940, proveniente da un edificio esistente nelle vicinanza, ora demolito.

Del chiostro, che venne ricostruito nel '500 dai Conti Guevara di Potenza, è rimasta solo un'ala addossata al lato sinistro della chiesa. L'ingresso al chiostro avviene attraverso un portale rinascimentale proveniente, come ricorda una targa che è sulla piattabanda, da una scomparsa cappella dell'Immacolata.

La porta lignea all'ingresso della chiesa è in legno di noce intagliato, di cm. 365x266, con formelle di cm. 24,5x24,5. E' costituita da due battenti centinati all'interno dei quali si apre un battente più piccolo per parte. E' composta di otto serie di formelle rappresentanti, a partire dall'alto, il monogramma Cristologico di San Bernardino da Siena con ai lati decori a motivi fogliacei; quindi sotto sono sei rosoni gotici diversi tra loro; la terzia fila presenta due angeli reggicartiglio con la data 1499, figure di suonatori e simboli francescani; seguono tre file di rosoni con motivi decorativi gotici; le due serie di formelle seguenti hanno immagini varie come aquile, suonatori di pifferi e scene di vita francescana; nella penultima fila le formelle sono intagliate con uccelli cavalcati da figure umane, demoni alati ed altre figure umane con fronde.

L'opera, per gli intagli ricchi di chiaroscuri, inseriscono l'autore, con matrice culturale tardogotica che riprende il gusto catalano del XVI secolo di Napoli, in un contesto di alta rappresentatività. Attribuita ad un ignoto intagliatore lucano appartenente a quel gruppo di artigiani locali la cui produzione attinge alla cultura dei lapicidi catalani operanti in Campania.

Entrando nella chiesa si trova, sulla parete sinistra, un affresco con il "Martirio di San Sebastiano", che si è ritrovato mutilo, di cm. 180x121, opera di Giovanni Todisco da Abriola, documentato dal 1545 al 1566, che dopo un inizio nel filone tardo-gotico elabora un linguaggio rinascimentale con la ricerca faticosa di un maggiore equilibrio compositivo-prospettico. L'affresco, realizzato attorno al 1550, rivela una vena di attento narratore dell'artista. La scena è realizzata sullo sfondo di un paesaggio ricco di particolari, i personaggi risultano fortemente caratterizzati nei ruoli. Il re, da una torre, dà l'ordine di infliggere il martirio, gli arcieri che accaniti mirano al Santo e questo che serenamente si abbandona al martirio. Lo stesso repertorio iconografico di questa opera è abbondantemente presente in composizioni precedenti.

Un "Crocifisso" ligneo policromo è sistemato al centro dell'abside. di bottega locale del XVII secolo, le dimensioni della croce sono di cm. 265x185, la figura ha la testa reclinata sulla spalla destra, il costato appena accennato e le braccia tese con le mani fissate più in alto della linea delle spalle. il volto è di forma allungata con barba e capelli composti, gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta che mostra la chiostra superiore dei denti.

L'analisi stilistica fa rilevare la prevalenza del corpo monumentale fermo e compatto, il panneggio del perizoma, ricco di pieghe, è realizzato in modo che ben si raccorda alla linearità del corpo.

Tutto lo schema dell'opera si rifà a modelli cinquecenteschi presenti in Basilicata.

Al centro della parete destra della navata è il sepolcro di Donato de Grasis, monumento funebre in pietra calearea di cm. 380X265, datato 1543. Su di un Casamento liscio che ha ai lati due piedistalli con figure umanoidi di tipo mitologico, poggia un secondo Casamento. Questo ha i piedistalli con putti che hanno una fiaccola capovolta e si appoggiano ad un piccolo scudo araldico. Questo basarnento è diviso in due zone da una fascia con il monogramma cristologico Bernardiniano. Sopra il secondo Livello è posto il sarcofago a vasca sostenuto da due grifoni accosciati. Ai lati sono due pilastrini riccamente decorati a candelabro con basi e capitelli. Sul sarcofago è distesa la figura del defunto. Superiormente si trova una lunetta con un bassorilievo dove è raffigurata una Madonna con il Bambino in braccio e due angeli inginocchiati ai lati. Questa opera riprende le linee stilistiche e modelli che tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo vengono realizzati per chiese e cappelle della città di Napoli da scultori lombardi. Mentre in Basilicata è presente una bottega che produce, innestandosi su un linguaggio tradizionale di schemi tardo medioevali, con repertori decorativi che sono delle opere di Tommaso Malvito.

Sempre lungo la parete destra si trovano in altre due nicchie i dipinti murali di "Santa Chiara" e "San Francesco di Assisi". La santa è di cm. 85x35 in posizione frontale eretta con il saio francescano ed un libro nella mano sinistra, nella fascia superiore è una decorazione dipinta con motivi geometrici. L'affresco deriva da prodotti napoletani della prima metà del XIV secolo, ma sia l'impostazione grafica che il disegno piatto e lineare indicano una maestranza artigianale dai dimessi toni espressivi. Il "San Francesco" di cm. 90x27, è in posizione eretta, a capo scoperto, con il saio fermato in vita da un cordone ed un libro nella mano sinistra. Recenti studi hanno individuato elementi affini tra questa opera e gli affreschi della chiesa di San Donato a Ripacandida del quinto decennio del XV secolo.

Subito appresso è sistemata una tempera su tavola di cm. 99x68, opera di ignoto meridionale del XIII secolo. L'icona è venerata con il nome di "Madonna del Terremoto", raffigura una Madonna con Bambino e fu donata nel 1852 dalla famiglia potentina degli Janora alla chiesa, perciò non si conoscono notizie relative alla provenienza ed alla originaria ubicazione del pezzo. L'opera presenta affinità sia stilistiche che iconografiche con le icone pugliesi del XIII secolo. Le ante laterali dell'icona, con angeli scolpiti a rilievo, sono opera di bottega locale della prima metà del XVII secolo.

Tra le cose notevoli che conserva la chiesa sono da segnalare ancora alcune porte lignee. Quella che separa la chiesa dell'antisagrestia, ubicata nell'abside, è del XVII secolo di cm. 197x49. E' divisa in tre riquadri per battente nei quali sono raffigurati motivi vegetali a giorno, nel riquadro centrale è un fiorone inscritto in un cerchio incorniciato da volute e foglie; nell'ultimo riquadro inferiore è un fiore stilizzato centrale racchiuso in un cerchio circondato da decorazioni vegetali. L'opera è di un intagliatore meridionale ispirato a moduli campani rinascimentali con motivi seicenteschi vivaci e più ricchi di elementi decorativi.

La porta lignea che è tra antisagrestia e sagrestia è del XVI secolo di ignoto intagliatore meridionale di cm. 270x74 costituita di due battenti divisi in tre riquadri. Quello superiore sinistro reca intagliato lo stemma francescano, in quello centrale appaiono due genietti che abbattono un obelisco, nell'ultimo riquadro l'intaglio rappresenta un mascherone e due uccelli fitoformi; il riquadro superiore del battente destro contiene uno stemma in un cartiglio sorretto da due angioletti; nel centrale è intagliato un calice circondato da girali vegetali e pampini di uva; quello inferiore è uguale al sinistro in modo da costituire elemento di base. I motivi decorativi rinascimentali fusi con simboli vari evidenziano l'influenza napoletana accolta dall'artista che ha eseguito questa finissima opera.

La porta lignea che separa il chiostro dall'antisagrestia è opera di ignoto intagliatore meridionale del XVI secolo, di cm. 196x99, è a due battenti di tre riquadri uguali tra loro. I riquadri superiori e centrali sono traforati e separati da quello inferiore da una cornice decorativa con motivi vegetali fogliacci. Gli ultimi riquadri sono costituiti da due cornici rettangolari concentriche a decorazioni fogliacee la prima e con decori fioreali, la seconda si conclude in festoni ornamentali ubicati al centro del riquadro. Il lavoro riprende motivi del primo cinquecento campano.

Sono conservati nella chiesa anche dodici dipinti su tela raffiguranti gli apostoli. Di scuola napoletana eseguiti da diversi artisti e in un arco di tempo compreso tra la fine del '600 e gli inizi del '700. Si ritiene che le tele fossero state originariamente incastonate in un plafone in legno che costituiva il controsoffitto della chiesa, dal quale furono recuperate le tele ed uno stemma del committente. E dipinto del "San Pietro", per tratto pittorico ed affinità stilistiche, è molto vicino ai modi di Giovan Battista Vela. Quello del "San Giovanni", invece, è ispirato alla scuola del Solimena.

Il portale che funge da ingresso all'ala residua del chiostro, in pietra calcarea di cm. 295x291, è opera di lapicidi lucani attivi nella prima metà del XVI secolo. Ha due lesene con grottesche che si concludono in due capitelli jonici. Sopra questi ultimi poggia una trabeazione decorata con due fioroni laterali e due leoni al centro che sorreggono un epigrafe.

da www.comune.potenza.it

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