piatti e specialità
Quando la Pasqua sta per venire in paese si percepisce attraverso sfumature impalpabili, ma reali: profumi, colori, luci, suoni.
Il caratteristico odore dei forni (alcuni sono rimasti a legna) si diffonde invitante nell'aria. E' preceduto da quello acuto "di sp-nz-l senza tadd" (cipolle nuove senza bulbo), consumate a quintali. Le strade si animano nei primi giorni della Settimana Santa di un andare e venire "d cazzarao-l" (di teglie a bordo basso) che contengono "il calzone", una pizza di cipolle soffritte, olive nere snocciolate, acciughe salate tra due strati di pasta che galleggia nell'olio di oliva. Questa la cena di rito consumata in tutte le case la sera del Giovedì prima dei "Sepolcri".
Le uova, simbolo della vita, sono l'ingrediente base nella cucina, dopo l'astinenza quaresimale, prima osservata scrupolosamente. Nel pranzo di Pasqua sono immancabili alcuni cibi: "u b-n-ditt" (il benedetto), l'agnello cotto con un gustosissimo contorno di finocchio, battuto d'uovo e pecorino e poi "iao-v ross". Esiste nel mare che fu nojano, a Torre a Mare, un'erba profumatissima e dal forte potere colorante, "u rei-t". Si fa bollire con le uova che, rassodandosi, si profumano e si colorano di uno splendido rosso pompeiano. S'intuisce facilmente il perché del nome "rito". Si preparano poi i biscotti all'uovo d'ogni forma, d'ogni sapore, da quelli friabilissimi a quelli "sc-cattue-sc-t e sc l-pp-t", tanto gonfi da scoppiare, calati poi nel giulebbe. Per i bambini, a forma di cavalluccio, di borsetta ecco "i scarcedd", un impasto dorato, coperto di "anisini" su cui troneggiano uno o più uova sode.
Testo a cura di Rita Tagarelli da www.provincia.ba.it
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