la Puglia da scoprire
Le prime notizie su Ceglie Messapica risalgono a quasi 1700 anni prima di Cristo, quando, secondo alcuni autori un popolo venuto dall’Oriente in Puglia – quello dei Pelasgi – fondò le antichissime mura e le costruzioni, formate da grossi blocchi di pietra, chiamate Specchie. All’incirca 700 anni prima dell’era cristiana, furono i Greci a portare in queste terre i propri modi di vita e Ceglie assunse il nome di Kailìa ed i caratteri della loro civiltà. Il nucleo urbano della città si estendeva ai piedi di un colle, chiuso da possenti mura di pietre, dette Paretone, di cui si conservano poche tracce; la zona abitata occupava approssimativamente l’area in cui si trova oggi la Stazione delle Ferrovie Sud-Est. Alla collina acropoli si accedeva con una scalinata, anch’essa esistente, che nel dialetto locale viene indicata come “li ciend’ scalun’”. In cima, dove è ubicato il Castello Ducale, si trovavano gli edifici pubblici ed i templi delle divinità più importanti. Fuori le mura erano metà di pellegrinaggi delle genti messapiche due celebri santuari dedicati ad Apollo – dove ora sta la chiesa di San Rocco – ed a Venere, sulla collina di Montevicoli. Divenuto un centro ricco e fiorente Ceglie, come capitale militare della Messapia – quella politica era la vicina Oria – dovette combattere dure guerre contro la potente Taranto che, per ragioni commerciali e di prestigio politico, voleva ottenere uno sbocco sul mare Adriatico, nella fascia costiera tra Egnatia e Càrbina, sottoposta alla giurisdizione messapica di Ceglie e di Oria.
Le due città, con un esercito formato dai soldati della Dodecapoli messapica, dopo alterne vicende, riuscirono ad allontanare il pericolo evitando un futuro di miserie e di schiavitù. Quando Roma assoggettò la Penisola, anche Ceglie, ormai decaduta, passò sotto il suo dominio e fu da essa assimilata. Nel medioevo divenne un povero villaggio in cui si conduceva un’esistenza grama, all’ombra del piccolo maniero nel quale risiedeva un barone. Era denominata “Celie de Galdo”. Molte furono le famiglie che dominarono la baronia in quei secoli: Drimi, Scisciò, Brancaccio, Dentice, Pignatelli. Il feudo risulta in possesso per un sessantennio anche degli Arcivescovi di Brindisi, finchè, il 24 ottobre 1584, don Cornelio Pignatelli, signore di Ceglie, non compie una permuta con don Ferdinando Sanseverino, conte della terra di Saponara, che diventa feudatario della città. Intanto, nelle campagne intorno a Ceglie, i monaci italo-greci avevano fondato dei grandi monasteri, di due dei quali restano notevoli testimonianze: l’abbazia di S. Anna, alla periferia dell’odierno abitato, e la chiesa della Madonna della Grotta, sulla vicinale per Francavilla Fontana. I Sanseverino ampliarono il castello conferendogli approssimativamente la struttura attuale. Promossero l’arricchimento economico e culturale di Ceglie, favorendo la fondazione del convento dei Cappuccini – abbattuto qualche anno fa e quello dei Domenicani, fino a qualche mese addietro sede del Comune.
Nei 1521, rivelatasi angusta, per le accresciute esigenze cultuali, la vecchia madrice, fu innalzata l’attuale Collegiata che, nel 1786, fu ingrandita ed imbarocchita. Ai Sanseverino subentrarono i Lubrano e i Sisto y Britto, che si estinsero con il Duca Raffaele, nel 1862, anno in cui ereditarono il castello e le residue proprietà dell’ex feudo i Verusio. Nel Risorgimento, a Ceglie fu costituita una vendita carbonara da Domenico Termetrio, originario di Cisternino.
Da Pietro Elia, amico personale del Mazzini, venne fondata invece una sezione della Giovine Italia che molto contribuì al riscatto dal dominio borbonico. Raggiunta l’unità, anche Ceglie venne a far parte del nuovo Regno Sabaudo e, proprio allora, alla fine dell’ottocento, conobbe un periodo di fervore di cui sono testimonianza le opere e i monumenti realizzati in quegli anni: S. Gioacchino, il Macello comunale, S. Rocco, il Cimitero, il Teatro Comunale, il Convento dei PP. Passionisti, la torre dell’Orologio nella Piazza Plebiscito. Nello stesso periodo si stampava un’importante rivista che, rimasta in vita per oltre un biennio, ebbe diffusione nazionale: “La scuola laica”, diretta da Giuseppe Elia. All’inizio del ‘900 la città ha vissuto le stesse vicende degli altri comuni del Meridione, con un costante incremento demografico, nonostante l’emorragia emigratoria, che costituisce la spia della situazione economica e sociale di Ceglie in quegli anni. Oggi, Ceglie guarda al futuro cercando anche di basare la propria economia sullo sviluppo turistico e culturale, avendo come referenti il grande pittore futurista Emilio Notte e lo scienziato Cataldo Agostinelli.
da www.ceglie.org
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