dalle origini ai tempi moderni
L'attuale territorio di Maruggio ebbe una sua prima organizzazione dèmica - in qualche modo documentata - a partire dal X°-XI° secolo, con l'insediamento dei monaci italo-greci, che lungo tutta la costa ionica e all'interno delle gravine murgiatiche crearono una civiltà, dando una nuova sistemazione ai tanti villaggi formatisi qua e là, all'interno del Gualdo tarantino, dopo le incursioni arabe. Pare sia questo il tempo in cui gli abitanti dei diruti casali di Castigno, Olivaro, Civitecchia e S. Nicolò, si conglobarono in quello che è il sito attuale di Maruggio, scelto a dimora di alcuni basiliani perché semi nascosto e protetto in un avvallamento del suolo ( De Marco 1985, 23). Segni della presenza basiliana sono attestati nell'antico culto a S. Maria di Costantinopoli, mentre nel centro storico sono ancora leggibili alcuni avanzi di una presunta laura basiliana (via Alfieri).
Intorno al 1105, con l'avvento dei Normanni, Maruggio fu concessa al monastero benedettino di S. Maria della Veterana di Brindisi da Boemondo, principe di Antiochia e altri territori all'Ordine dei Templari ( Filomena 1997, 44). L'appartenenza di questo centro agricolo-marinaro all'Ordine gerosolimitano è attestato da un documento angioino del 9 ottobre 1320. Trattasi di una Cedola di tassazione generale dei feudi di Terra d'Otranto, in cui compare l'elenco nominativo di tutti casali soggetti alla contribuzione fiscale nei confronti della Corona, compreso il «Casale Marugii quod fuit Templariorum» ( Minieri Riccio 1877, 202). L'Ordine dei Templari fu soppresso nel 1312, dal papa Clemente V e tutti i loro beni passarono ai Giovanniti, denominatisi, poi, Cavalieri di Malta.
Tra il 1266 e il 1282, Maruggio fu feudo della famiglia Marrese, che pare abbia dato il nome al casale, stando a quanto affermano il Foscarini e il Crollalanza e, di recente, il Filomena (cit., 46). Ai Marrese seguì la signoria dei De Pandis-Caballaro, con la nobile brindisina Giovanna Caballaro, che ereditò il feudo di Maruggio alla morte del marito, un esponente della famiglia De Pandis, già affiliato all'Ordine di Malta, stabilitasi a Brindisi nel XIII secolo. La Caballaro, nel 1315, donava il feudo di Maruggio ai Cavalieri melitensi, in occasione dell'investitura del suo unico figlio a membro di quell'Ordine. Nicola de Pandis fu il primo Commendatore di Maruggio e Gran Balì dell'Ordine ( Filomena 1997, 62). I Cavalieri di Malta tennero ininterrottamente la Commenda (ovvero l'insieme dei beni urbani e rurali) di Maruggio, a partire dal 1315 (o 1317) e fino al 1819. Nella sua storia, questo singolare casale, nella veste di «mansione templare», ha conosciuto il governo di venticinque Gran Maestri commendatori. Nel 1401, Maruggio è infeudata ad un tal Ottino de Caris, capitano di ventura; poi, dopo alterne vicende che videro invischiato il de Caris con i vescovi di Taranto, il feudo passò sotto l'amministrazione di G. A. Orsini, principe di Taranto e alla sua morte (1463) fu incamerato dal regio fisco. In questa prima metà del Quattrocento, i commendatori di Maruggio seppero convivere pacificamente con l'amministrazione dei feudatari, anzi notevole fu l'apporto in campo sociale ed economico, oltre che religioso di quest'ordine militare. I nominativi dei titolari della Commenda di Maruggio si ritrovano parimenti in quella di Brindisi, cui era associata. Dopo il 1419, le due Commende erano intestate a fra Filippo Ligorio, quindi a fra Ettore Caro di Napoli, a fra Giacomo Montarotto, a fra Melchiorre Bandini e, ancora, a fra Giacomo da Monteroni. Intorno agli anni settanta, reggeva le Commende di Brindisi e Maruggio il fiorentino tra Francesco Carducci.
Quest'ultimo fu una figura di spicco nella storia politica e sociale di Maruggio, infatti, si devono a lui gli Statuti della Bagliva, ossia il primo ordinamento delle leggi civili del casale ionico. Il 9 maggio 1473, nel salone del castello di Maruggio, si riunirono da una parte il sindaco Vitale Duro con una rappresentanza di cittadini, il notaio Giovanni Spagnolo e il parroco Antonio Soloperto (o Soroberto); dall'altra partecipava - in vece del Commentatario Carducci - il suo procuratore generale Russo de Muzijs. Oggetto della seduta fu proprio la stesura dei capitoli della Bagliva, un insieme di 28 articoli di natura giuridico-amministrativa, che da allora in poi avrebbe regolato la vita civile degli abitanti di Maruggio. E' inutile ripetere l'importanza storica di un simile documento, uno dei primi di tutta la Terra d'Otranto.
Al Carducci successe fra Diego Carvajal, quindi fra Gabriele della nobile casata napoletana dei Piscitelli e - ultimo per il XVI secolo - fra Ferrante Pagano di Napoli. Nel 1500, Maruggio fu eletta Commenda Magistrale, vale a dire centro di raggruppamento di tutti i beni patrimoniali degli ex Templari e dei Giovanniti di Terra d'Otranto, tenuti sotto la diretta amministrazione del Gran Maestro dell'Ordine, che da quell'anno elesse sua residenza la Commenda di Maruggio. Primo titolare fu fra Pietro Francesco De Capua (1496-1525). Sotto questo Maestro gerosolimitano, intorno al 1519 fu eretta la chiesa matrice di Maruggio (forse opera del noto architetto Raimondo di Francavilla). Gli successe il figlio Mattia, anche se non esistevano diritti di successione nell'amministrazione della Commenda. Nel 1534, sotto il governo di fra Mattia, fu aperto il convento di S. Maria delle Grazie dei Minori Osservanti.
Verso il 1560, fu investito della Commenda di Maruggio fra Giambattista Alliata ( D'Ayala Valva 1974, 27). Nel 1585, per volontà del Gran Maestro, fra Paolo Affaitati, che in quell'anno teneva la locale Commenda, Maruggio vide la rifacitura dell'antica cappella della Madonna del Verde, un santuario extramoenia, di probabile origine templare, abbellita da un artistico capoaltare in stile barocco (proveniente dalla chiesa di S. Giovanni Battista, che nel XIX secolo fu chiusa al culto), in cui si trova incastonata una delicata effigie della Vergine col Bambino, la stessa che compare nelle insegne araldiche municipali. Questa chiesa mariana fu poi conglobata nell'area cimiteriale del paese. Intanto, dopo la rinuncia di fra Andrea Wissez, nel 1598 giunse a Maruggio il Gran Maestro fra Pirro Di Sangro, cui seguì fra Ippolito Malaspina e poi il romano fra Giambattista Naro; durante il governo di quest'alto personaggio dell'Ordine melitense, nel 1637, il 14 giugno, Maruggio pianse i danni di un'incursione turca, che piegò a lungo l'economia del paese ( Filomena 1997, 84).
A metà del XVII secolo, nel 1653, sotto il governo di fra Ettore Marulli, fu compilato il Cabreo, l'inventario dei beni delle Commende di Brindisi e di Maruggio. Dal documento si evince l'esistenza di un ingente patrimonio urbano e rurale, gestito dal Gran Maestro, senza alcun controllo fiscale da parte della Corona o d'enti ecclesiastici, ma soggetto, per mero atto burocratico alla sola supervisione del Priorato di Barletta. Nel 1669, Maruggio fu censita dalla Camera della Sommaria per il pagamento di un onere fiscale da destinare a spese militari del Regno; quell'anno furono residenti nel casale 259 fuochi fiscali (quasi 1300 abitanti). Verso la fine del Seicento, giunse a Maruggio per reggere la Commenda Magistrale, fra Gregorio della nobile casata romana dei Carafa. Durante il suo saggio governo, Maruggio prese ad espandersi oltre le mura; si edificarono dimore signorili a due piani, si abbellirono i balconi e le facciate d'antiche abitazioni, fu edificato il convento (oggi sede municipale) e fu resa decorosa la cappella dell'Annunziata, devastata dall'attacco dei turchi. Dopo il rifacimento dell'edificio di culto, nel 1688 fu scolpito nella pietra il nuovo altare barocco e al centro fu posta l'antica tela dell'Annunciazione.
Il Settecento fu un secolo tranquillo e improntato alla prosperità, come prospera era la situazione della Commenda, retta da illustri esponenti dell'Ordine melitense, quali Francesco di Capua e Costantino Chigi. Il primo arricchì la chiesa matrice con un sontuoso altare e altrettanto fece con la chiesa di S. Giovanni; il secondo, giunto a Maruggio nel 1733, donò alla chiesa una reliquia di S. Filippo Neri e, addirittura, il corpo di S. Costanzo martire. Intanto, il paese, a differenza di quelli limitrofi, che da secoli subivano le angherie dei feudatari e lo strozzinaggio del fiscalismo del Viceregno, era cresciuto, per la natura dei tempi, nel segno di una sorta d'insperata democrazia. I suoi abitanti (1070 ca.), stando alle informazioni ricavate dal Catasto onciario del 1769, vivevano decorosamente, dedicandosi alla pastorizia e ai lavori della terra, ma anche esercitando un mestiere in proprio, invece, l'80% delle terre e dei beni urbani era nelle mani dei notabili del posto o patrimonio dei Cavalieri di Malta. Nel 1775 era governatore della Commenda fra Domenico Bosurgi di Reggio Calabria. Aveva invece l'alta carica di Balì, il milanese fra Giuseppe Trotta (1794-1801), che ottenne il governo della Commenda Magistrale di Maruggio in un periodo di transizione per la storia europea e dello stesso Ordine gerosolimitano, che perse l'isola di Malta, conquistata dal generale Napoleone Bonaparte.
Intanto giunsero i tempi dell'eversione feudale, quando anche la Commenda di Maruggio fu soppressa; ultimo Commendatore fu il Balì fra Giuseppe Caracciolo di Sant'Eramo (1801-1806). Dopo le leggi murattiane (1806), col ritorno dei Borboni sul trono di Napoli, la giurisdizione religiosa della parrocchia di Maruggio passò all'ordinario di Oria, alla municipalità rimase la giurisdizione civile, mentre il Balì ebbe ancora il beneficio del patrimonio della Commenda sino al 1819, quando furono fissati i termini e i modi per commutare le proprietà dell'Ordine melitense in beni enfiteutici da assegnare ai privati e al civico demanio. Il lungo processo di commutazione comportò una serie di contenziosi e di cause, dibattuti presso la Corte di Appello di Bari e di Trani sino alla fine del XIX secolo, quando la città di Maruggio acquisì i pieni diritti sull'uso dei beni dell'intero suo territorio.
a cura di Tonino Filomena da www.comunemaruggio.it
|