Roma: un pò di storia

Roma: un pò di storia

dalle prime tracce risalenti alla preistoria

Preistoria
Le prime tracce di insediamenti risalgono alla cultura dell'uomo di Neanderthal.
Segue un periodo di stasi, che solo con l'età del ferro sfocia in una definitiva colonizzazione della regione. Questa colonizzazione non sembra interessare genti autoctone, ma determinate da gruppi di invasori, i Latini.
Questi appartengono al gruppo latin-falisco, che, insieme al gruppo umbro-sabello, formano la stirpe italica. Gli italici sono le avanguardie delle migrazioni indoeuropee, spinti a sud della pianura padana, dal successivo arrivo degli illirici.

Insediamenti latino-falisco
Nella valle del Tevere si stanziarono così i latino-falisco, occupando la parte settentrionale della pianura laziale.
I volsci, di origine osca, occuparono la parte meridionale e i monti Lepini; gli aurunci erano stanziati ai confini della Campania; a nord, sull'Appennino, si trovavano i sabini; a est gli equi. Nella valle del Trero, gli ernici controllavano la via commerciale per la Campania.

Sul Palatino (X secolo a.C.), e successivamente sull'Esquilino e sul Quirinale, sorsero i primi accampamenti della futura Roma.

La località scelta non era certamente la più salubre, la zona era coperta da paludi e stagni. Ma quel tratto del Tevere era la migliore via di comunicazione tra la regione tirrenica e l'Italia centrale e la regione adriatica. Da lì passava la via del sale (Salaria), inoltre, l'isola Tiberina, permetteva un facile attraversamento del fiume.

Fondazione della città
Inizia così il periodo della Roma quadrata, così detta per la forma quadrata del Palatino, anche se non si può ancora parlare di una vera e propria città.
Lo sviluppo dell'insediamento inizia con la dominazione etrusca.

Si ritiene che Roma sia nata dall'associazione delle tribù della zona intorno all'VIII sec. a.C.; la tradizione maggiormente condivisa - e ripresa anche da Marco Terenzio Varrone (che con il suo De lingua latina gettò le basi per lo studio linguistico del popolo latino) - vuole che sia stata fondata da Romolo e Remo nel 753 AC; di parere contrario si dice Quinto Ennio il quale nei suoi Annales colloca la fondazione nell'875, mentre Fabio Pittore (che nel III secolo AC prese parte alla Seconda Guerra Punica), si riavvicina alle posizioni di Varrone individuandola nell'anno 748.

A dimostrazione che individuare la data esatta della nascita di Roma non è stato mai compito facile per gli storiografi, va detto poi che Lucio Cincio Alimento (autore di scritti in forma di Annali) e lo storico greco Timeo di Tauromenio (vissuto circa trecento anni prima di Cristo) vedono rispettivamente nel 729 nel 814 la fondazione di quella che sarà la città eterna (per Timeo, quindi, pressoché contemporanea a quella di Cartagine).

Tutto quello che storicamente si può dire è che la città fu opera etrusca. Lo stesso nome è etrusco (Ruma), da questo può essere dedotto il nome di chi fortificò unitariamente le alture, dando una salda organizzazione interna alle varie tribù, probabilmente un certo Romulius (che diventerà Romolo), in corrispondenza, forse, di una gens romana, i Romilii.

Romolo sarà il primo re di Roma, e a lui faranno seguito altri sei monarchi, anch'essi probabilmente di origine Etrusca. Ad ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell'urbe: Romolo viene ricordato come il fondatore della città, a cui diede le principali istituzioni civili e il Senato, Numa Pompilio creò la principali istituzioni religiose (tra cui il tempio di Giano, il culto delle vestali, la carica di pontefice massimo - pontifex maximus - la suddivisione dell'anno in dodici mesi con, precisamente regolamentate, tutte le feste e le celebrazioni religiose), Tullio Ostilio, sconfiggendo i sabini e conquistando Alba Longa, iniziò l'espansione territoriale nel Lazio, ad Anco Marzio si deve la fondazione del porto di Roma per eccellenza, Ostia, Tarquinio Prisco eresse il Tempio di Giove e costruì la cloaca massima, Servio Tullio divise in cinque classi di censo la popolazione cittadina e costruì la prima cinta muraria (le mura serviane di cui è possibile osservare dei piccoli resti all'interno del Forum Termini); l'ultimo di questi fu Tarquinio il Superbo che, a causa dei suoi atteggiamenti arroganti e del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane, sarà cacciato dal popolo nel 509 AC.

Organizzazione sociale
Il fulcro dell'organizzazione sociale era costituito dalla famiglia , che non era fondata solo sulle relazioni di sangue, ma anche da un rapporto giuridico di patria potestas. Il capo era il pater familias, cui facevano capo i figli, la moglie, le figlie, i nipoti, le mogli dei figli, gli schiavi, i liberti e i clienti.
Le varie famiglie, in funzione dei vincoli di sangue, costituivano le gentes.

Il diritto romano riconosceva solo queste genti come dotati di personalità giuridica. Ben presto Roma si riempi di altre persone, che non erano schiavi e nemmeno appartenevano alle gentes: non erano patrizi e quindi vennero chiamati plebei. I plebei erano uomini liberi, ma giuridicamente non esistevano, quindi non potevano compiere alcun negozio giuridico. Da qui nasce l'istituzione della clientela: il plebeo si raccomandava ad un patrizio ed entrava a far parte della sua famiglia (in senso giuridico), mediante la mediazione del patrizio poteva compiere atti giuridici. Tutto ciò che possedeva, lo doveva alla gens gentilizia, non gli era permesso fondare a sua volta una gens.

L'autorità del pater familias all'interno della famiglia stessa era illimitata, sia nel diritto civile che in quello penale. L'autorità del re era circoscritta ai compiti militari, alla politica estera e a dirimere le controversie fra le gentes.

La primitiva divisione del popolo di Roma era in tre tribù (Ramnenses, Titientes, Luceres), con lo scopo principe legato al reclutamento militare, con la primitiva divisione centuriata.I re tentarono di indebolire il potere del patriziato, con lo scopo di riconoscere gentes di origine straniera, le cosiddette genti minori.

Repubblica Romana
Dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, i cittadini di Roma fondarono la Repubblica Romana che durerà fino alla seconda metà del I secolo AC. Durante questo periodo Roma condurrà una serie di guerre che la porteranno ad occupare tutta l'Italia, ma anche a subire disastrosi rovesci, come nel 386 AC, quando i Galli arriveranno ad assediare Roma e alla sua quasi totale distruzione.

Dopo lo scampato pericolo, le guerre contro le diverse popolazioni italiane, contro i galli, i cartaginesi e i macedoni, porteranno a consolidare il dominio sull'Italia e a iniziare l'espansione in Spagna e in Macedonia. Data simbolo di questa espansione nel Mediterraneo è il 146 AC, anno in cui, dopo un assedio durato tre anni e altrettante guerre combattute nell'arco di più di un secolo contro Roma, cade definitivamente Cartagine, la quale viene completamente rasa al suolo e cosparsa di sale dalle truppe romane comandate da Publio Cornelio Scipione Emiliano; viene conquistata e distrutta anche Corinto, città simbolo della resistenza greca alla politica di espansione romana; con queste due grandi vittorie, Roma abbandona il ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo Occidentale per assurgere a superpotenza incontrastata di tutto il bacino, il quale d'ora in poi, non a caso, verrà rinominato mare nostrum.

I problemi connessi ad una espansione così grande e repentina che la Repubblica dovette affrontare furono enormi e di vario genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare un piccolo stato; adesso le province (paragonabili alle colonie degli stati moderni, da non confondere con le colonie romane propriamente dette, le quali erano stanziamenti di cittadini romani a pieno titolo, cives optimo iure in territori extracittadini soggetti all'amministrazione e organizzazione diretta dello stato romano) si stendevano dall'Iberia, all'Africa, alla Grecia, all'Asia.

Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immisero sul "mercato" una quantità enorme di schiavi, i quali vennero usualmente impiegati nelle aziende agricole dei patrizi romani, con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano. Infatti la piccola proprietà terriera andò rapidamente in crisi a causa della maggior competitività dei latifondi schiavistici (che ovviamente producevano praticamente a costo zero), ciò provocò da una parte la concentrazione dei terreni coltivabili in poche mani e una grande quantità di merci a buon mercato, dall'altra generò la nascita del cosiddetto sottoproletariato urbano: tutte quelle famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono nell'urbe, dove non avevo un lavoro, una casa e di che sfamarsi dando origine a pericolose tensioni sociali abilmente sfruttate dai politici più scaltri.

Anche la struttura originale della famiglia, delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti : il contatto con la superiore civiltà greca e l'arrivo nella città di moltissimi schiavi ellenici (in molti casi più colti e istruiti dei loro stessi padroni!) generò nel popolo romano, specialmente tra la classe dirigente, sentimenti e passioni ambivalenti: da una parte si desiderava (e alla fine in buona parte ci si riuscirà) a svecchiare, rinnovare "sprovincializzare" i costumi rurali romani -mos maiorum- introducendo usanze e conoscenze provenienti dall'Oriente. Questo comportamento farà sì effettivamente che il livello culturale dei romani, almeno dei patrizi, crebbe significativamente -basta pensare all'introduzione della filosofia, della retorica, della letteratura e scienza greca- ma ciò generò indubbiamente anche una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi e abitudini perfino oggi moralmente discutibili. Tutto ciò naturalmente non accadde senza provocare una strenua opposizione e resistenza da parte degli ambienti più conservatori, reazionari e anche retrivi della comunità romana. Costoro si scagliarono contro le culture extraromane, tacciate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità, di sacrilegio nei confronti delle abitudini religiose romane. Questi due opposti schieramenti furono ben rappresentati da due gruppi di potere di eguale importanza ma di radicalmente opposta visione: il circolo culturale degli Scipioni, che diede a Roma alcuni tra i più dotati comandanti militari della storia (l'Africano su tutti), e il circolo di Catone, il quale lottò accanitamente contro l'ellenizzazione del modo di vivere romano con una tenacia e un vigore che diventarono leggendarie (o famigerate a seconda dei punti di vista), tutto a favore del ripristino del più antico, genuino ed originale mos maiorum, quell'insieme di costumi e usanze tipiche della Roma arcaica che, secondo Catone, avevano permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità, di sconfiggere ogni sorta di nemico, di piegare il mondo al proprio volere. Questo scontro tra nuovo e antico, come è facile immaginare, non si placò fino alla fine della repubblica, anzi possiamo dire che questo scontro tra "conservatorismo" e "progressismo" (termini da usare, quando si discute di vicende romane, con molta accortezza, infatti parlare di ideologia progressista in senso moderno nella società romana, una società, al di là di ogni romanticismo, basata sullo schiavismo di massa, sulla romanizzazione anche forzata dei popoli, sull'autoritarismo, sulla repressione e su un atteggiamento intollerante e a volte anche feroce su chiunque osasse mettere in discussione il potere romano e le sue leggi, è a dir poco fuorviante) è stato presente in tutta la storia romana, anche nel periodo imperiale, a testimonianza di quale trauma deve essere stato la scoperta, il contatto e il confronto con civiltà al di fuori dei brulli paesaggi laziali.

Nel I secolo AC la Repubblica inizia a scricchiolare e deve affrontare la guerra civile prima e la rivolta di Spartaco poi. Arriveranno altre conquiste, la Gallia da parte di Giulio Cesare, ma i romani arriveranno fino in Siria ed in Armenia.

Principato
La tesi secondo cui il dominio di Roma ormai si estenda su un territorio troppo vasto e sia troppo complicato per le strutture della Repubblica gestirlo, provocando la nascita del Principato è ampiamente superata. Le ragioni dell'ascesa di un modello di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare nel declino del governo senatoriale della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di Scipione Emiliano. La diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia della diffusione di effigi monetali ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato medesimo. Questo processo si manifesta in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita indubbiamente dalla conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della Magna Grecia (Italia meridionale) e della Sicilia, e sospinta dalla conquista romana della Macedonia, della Grecia moderna e di gran parte del mondo ellenistico, ad eccezione dell'Egitto dominato dalla dinastia Lagide, posto comunque sotto un sempre più pressante protettorato. Il ricorso sempre più assiduo al mandato dittatoriale incominciato con Gaio Mario stravolge la portata costituzionale della magistratura dittatoriale, prevista dall'ordinamento repubblicano, fino all'esito della dittatura sillana, intesa come mandato a restaurare lo Stato romano in senso conservatore-oligarchico (a favore degli optimates) e non pervenuta ad un esito monarchico per l'esclusiva volontà di Silla. La dittatura cesariana (46-44 a.C.) riprende in pieno il modello sillano, seppur partendo da un campo politico opposto (quello dei populares, gli oligarchi più propensi ad usare la demagogia sul popolino, il vulgus, per assumere il potere) e formalizza il rifiuto di un esito monarchico naturale adducendo la ragione del rifiuto culturale della Romanità per l'istituto monarchico ufficiale. L'ascesa di Ottaviano (44-30), attraverso la partecipazione ad un istituto apertamente sovversivo come il "secondo" Triumvirato, si formalizza nel 27 a.C. nella rinuncia ai poteri dittatoriali ormai estesissimi in cambio di un cooptato riconoscimento senatoriale di un "bisogno dello Stato romano" ad una figura di guida e di ispirazione politica del governo: con l'appellativo di Augusto, Ottaviano inaugura quel particolare istituto costituzionale romano noto come Principato (erroneamente talvolta chiamato Impero per la presenza effettiva di imperatori, dimenticando che la carica di "imperator" è appellativo già repubblicano per il generale vittorioso, e che la creazione di un'amministrazione decentrata attraverso la creazione di provinciae risale al 237 a.C., col caso siculo). La crisi del Principato, avviatasi già alla morte di Marco Aurelio, si concretizza nell'ascesa di Settimio Severo (193-211) e nella riforma dell'istituto del principato, ormai estraneo alle dinamiche dell'ambito senatoriale e dominato da quelle dell'esercito. La monarchia militare severiana (193-235), seppure ripesca talvolta la necessità di una legittimazione senatoria, prelude all'avvento del Dominato (285-641), dopo la fase assai dinamica dell'anarchia militare (235-285). La progressiva adozione della religione cristiana (che di converso si istituzionalizza a contatto con lo Stato romano, assumendone tratti organizzativi e alcuni modelli iconografici) avviata da Costantino (306-337), si conclude, dopo periodi di oscillazione tra scelte protoereticali (Costanzo II,337-361) e tentativi di restaurazione dei culti tradizionali, mediante l'organizzazione di un istituzione ecclesiale parallela a quella cristiana (Giuliano II,361-363), con l'adozione ufficiale del culto cristiano (Teodosio I Magno,379-395).

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