Museo del Territorio

Museo del Territorio

ad Alberobello, nella Murgia dei Trulli e delle Grotte

Il Museo del Territorio di Alberobello sorge in un luogo di grande rilevanza culturale ed ambientale, la Murgia dei Trulli e delle Grotte. E’ costituito da un agglomerato di trulli continui e comunicanti, i più antichi dei quali risalgono al sec. XVIII, ubicati tra piazza XXVII Maggio, piazza Mario Pagano e via Lamarmora, in una zona centrale dell’abitato che fa da cerniera tra il centro storico monumentale di Aia Piccola ed il centro storico ambientale di piazza del Popolo. Detto complesso abitativo, identificato come “Casa Pezzolla” dal nome dei proprietari degli immobili, nel 1986 è stato acquisito dal Comune di Alberobello, e tra il 1993 e il 1997 è stato interamente restaurato e portato all’origine. Il Centro museale nasce dalla volontà di conservare e narrare la storia dell’area territoriale del comprensorio dei trulli, riconosciuta dall’UNESCO nel 1996 quale patrimonio artistico d’interesse mondiale. Il Museo del Territorio comprende la creazione di una rete di servizi turistico-culturali intorno ad un Centro Museale Espositivo, un Centro d’Informazione Turistica e Culturale Specializzata (Casa D’Amore), un Centro di Esposizione e Degustazione relativa alle tecniche di produzione dell’olio (in via Verdi) in corso di allestimento. Il museo è anche Centro di documentazione, ricerca e formazione, teso a coniugare le antiche tradizioni artigianali del luogo con la cultura del design, dell’architettura e delle arti visive. Nel gruppo di immobili a trullo si distinguono due tipi di tessuto edilizio: uno più recente che si affaccia interamente su piazza XXVII Maggio e, con un effetto prospettico monumentale, si sviluppa su due piani, con facciata alta e stretta sormontata dal timpano triangolare che evidenzia la sezione del tetto a due falde, coperto da chiancarelle. L’altro tessuto rappresenta la parte più antica e risente dell’influenza della zona monumentale di Aia Piccola. Insieme al Trullo Sovrano, il gruppo di trulli sede del Museo rappresenta l’esempio di una cultura architettonica in evoluzione. L’introduzione della loggetta, in asse con l’ingresso centrale nella parte a conversa, è un evidente indizio del mutamento che si stava realizzando nella società alberobellese alla fine del Settecento. All’emergente borghesia agraria, capace di influire sulla conformazione della tipologia architettonica in pietra a secco, si devono gli ibridi tipologici nei quali si tentava di conservare all’esterno gli stessi caratteri dei trulli, coperture coniche, chiancarelle, ingressi ad arco, frontoni e camini, mentre all’interno si organizzava l’abitazione secondo modelli diversi. Il Museo del Territorio, che ha sede nel complesso abitativo di particolare interesse storico-artistico, denominato “Casa Pezzolla”, ripensa e ricostruisce il sistema socio-culturale in cui è inserito. Dedica particolare attenzione all’ architettura in pietra a secco, facendone conoscere i metodi e le tecniche per la manutenzione e il restauro. Il nucleo centrale espositivo si compone degli elementi essenziali che attengono alla lavorazione della pietra e al trullo: attrezzi, chiancarelle, pinnacoli. La materia prima per la costruzione di un trullo proveniva principalmente dalle pietre sparse sui campi e da quelle scavate da una cava. Il trullista, dopo essersi approvvigionato di pietre, cominciava il suo lavoro. Se occorreva dotare il trullo di una cisterna, questa veniva scavata e completata con una volta a botte o a cupola. Dopo provvedeva ad impostare accuratamente le stanze quadrangolari e cominciava a costruire i muri, realizzando la parete interna a piombo e quella esterna con pietre ben squadrate. Lo spazio fra le due pareti era riempito con pietrame e terriccio. Piccole aperture per finestre erano usualmente sormontate da un architrave in pietra, mentre l’uscio richiedeva un vero e proprio arco di pietre a secco accuratamente disposte. Negli spessi muri venivano ricavati spazi per posti letto e nicchie, con volte a botte, fatte con pietre a secco. Persino nella costruzione della volta il trullista raramente usava particolari sistemi di misurazione. In pratica, le pietre venivano semplicemente collocate ad occhio. All’inizio gli angoli della stanza venivano ricavati con pietre disposte obliquamente sino a quando non si perveniva al completo arrotondamento dello spigolo. Dopo si erigeva la volta con pietre disposte in anelli orizzontali. Quando la volta conica si approssimava all’apice vi si posava un lastrone di pietra che veniva solidamente ancorato alle pietre sottostanti. Dopo, si provvedeva a coprire la struttura della volta con il tetto formato da pietre piatte dello spessore da 5 a 7 centimetri, chiamata chianche o chiancarelle, inclinate e sovrapposte l’una all’altra per far scivolare l’acqua piovana. Le chiancarelle generalmente venivano anche usate, dopo essere state ben squadrate, per pavimentare la casa. Intonaco di calce fu usato sulla sommità della volta conica per formare un apice su cui si modellava un pinnacolo decorativo in varie forme geometriche e simboliche. Nel Museo sono esposti pinnacoli di varie forme che danno un’idea della particolarità di questi elementi decorativi. Di particolare interesse sono anche i simboli disegnati con calce sui tetti dei trulli: non rispondevano ad una precisa funzione, né avevano un esplicito significato, ma certamente erano l’espressione di aspetti non materiali della vita degli occupanti, una forma di sortilegio per invocare la divina protezione o una pura e semplice soddisfazione di avere il proprio trullo più decorato di quelli del vicinato. Nella sala d’ingresso sono esposti i manifesti delle mostre che il museo ha prodotto dal 1997: una dedicata alla devozione popolare per i Santi patroni Cosma e Damiano; un’antologica di Antonio Paradiso, scultore di origini pugliesi; una personale di Enzo Guaricci, che usa per le sue sculture un materiale sintetico che imita la pietra; una mostra sull’opera dello scultore rinascimentale Stefano da Putignano, attivo tra la fine del sec. XV e il 1538 nell’entroterra barese e nel Salento; una mostra sull’architetto-artista Antonio Curri (Alberobello 1848-Napoli 1916), interprete dell’eclettismo di fine secolo. Nella sala 1 è narrata l’origine dei trulli e la nascita del comune di Alberobello (27 maggio 1797). Alberobello rappresenta un caso eccezionale, perché qui i trulli (case contadine normalmente sparse nel territorio) si trovano ammassati in gran numero fino a formare un vero e proprio agglomerato urbano. Sono, inoltre, esposti alcuni attrezzi usati dai contadini alberobellesi dei primi del Novecento: trebbie (che servivano a separare i chicchi di grano dall’involucro), forconi per il fieno, falci e rastrello. Nella sala 2 sono esposti oggetti che rimandano al lavoro dei campi e allo sviluppo edilizio e urbano dell’abitato di Alberobello. Dalla sala 3 si entra nel nucleo centrale espositivo, dedicato all’architettura in pietra a secco. Sono raccolti oggetti in pietra che testimoniano il variegato utilizzo della pietra nella società alberobellese: ruote per macine, attacchi per animali, l’architrave di una porta, la vera di un pozzo, il terminale di un canale di scolo. All’interno di una delle due alcove (ove si ponevano i letti) è allestito un tavolo da lavoro sul quale sono esposti gli attrezzi usati dal trullaro per la lavorazione della pietra. Nell’altra alcova sono sistemati tre tipi di chiancarelle: chiancarelle vecchie per trullo, chiancarelle nuove per trullo e chiancarelle segate. Nello spazio di fronte alle chiancarelle sono posizionati gli attrezzi più grandi (pala, piccone e pala per impastare la malta) e una mastella contenente pietrisco utilizzato come materiale di riempimento. Nella sala 4 sono esposti alcuni tipi di pinnacolo (cuspide presente al vertice del cono del trullo). Si tratta di elementi plastici e decorativi basati sul cerchio e sul triangolo e che vanno dal semplice e rozzo disco lapideo alle forme più raffinate e composite, quali la clessidra, i poliedri stellari, la sfera. Su un pannello, inoltre, sono presentati i segni iconici che caratterizzano la cupola del trullo. Non sono semplici forme decorative, bensì simboli arcaici che rimandano agli elementi primordiali della vita: al ciclo della terra e dei suoi prodotti (spiga, tralcio di vite), al mistero del cosmo (stelle, soli raggiati, mezzelune e svastiche), alla sfera del magico (corna rovesciate, ferri di cavallo, stelle a cinque punte) e a quella del sacro (monogrammi mariani, croci, ostensori), in un sincretismo nel quale sacro e profano concorrono alla funzione apotropaica e protettiva che governa la vita del contadino. Le sale 5-9 contengono una mostra sul restauro dei trulli che ospitano il museo. Attraverso una serie di tavole e di fotografie vengono illustrate le tappe del recupero del gruppo di trulli avvenuto tra il 1993 e il 1997. Inoltre nelle sale 7 e 9 , in corrispondenza dei “focarili” ( zone separate con camino per cucinare e per riscaldarsi), sono presenti due plastici che rappresentano fedelmente il complesso dei trulli restaurati e portati all’origine.

da www.provincia.ba.it

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