all'interno del Palazzo Farnese con ingresso da Piazza Cittadella
L'esigenza di creare anche a Piacenza un «luogo pubblico» dove ricoverare le testimonianze storiche e archeologiche, espressa da Bernardo Pallastrelli nel 1864 rimase a lungo disattesa. Le collezioni private, costituite in gran parte da monete, armi, resti archeologici, donate alla città, confluirono nella Biblioteca Comunale Passerini Landi, come la collezione Poggi (1842), la raccolta del medesimo Pallastrelli (1877) o di quella di Giovanni Agnelli (1885). Nel 1903 le raccolte furono trasferite presso l'Istituto d'Arte Gazzola e ufficialmente inaugurate. Presto questa sede divenne inadeguata e già verso il 1930 si cominciò a pensare a Palazzo Farnese come possibile sede del nuovo museo. Il progetto fu concretamente approntato a partire dal 1962. Dopo anni di lavoro il museo è stato finalmente inaugurato nel1988, anche se alcune sezioni sono ancora in fase di allestimento. Costituito da varie raccolte, diverse per generi ma accomunate dal diretto rapporto con la storia della città, il museo costituisce un percorso essenziale per la piena comprensione degli avvenimenti artistici che coinvolsero Piacenza. L'allestimento ha voluto giustamente recuperare, all'interno del percorso museale, la decorazione artistica dell'appartamento stuccato, ricollocando nella loro sede originaria le tele dei Fasti farnesiani, restituite ne11928, e speciali copie fotografiche delle tele rimaste a Napoli. Nella sala II sono esposte alcune opere del XVI secolo: I profeti dipinti da Camillo Bocaccino per le ante d'organo della chiesa di S. Maria in Campagna nel 1530; dipinti di Giovanni Sons detto il Fiammingo, Girolamo Bedoli Mazzola, Giovan Battista Trotti detto il Malosso, Giovanni Lanfranco (1611). In particolare posizione si trova il tondo di Alessandro Botticelli (1483-87). Nelle sale III e IV vi sono le collezioni ceramiche e del vetro. Nelle sale successive, dei Fasti farnesiani, si trovano anche dipinti fiamminghi, un interessante ritratto di Ottavio Farnese, già attribuito a Giulio Campi. La sezione medievale comprende alcuni affreschi provenienti da vari edifici, fra cui il ciclo trecentesco di S. Caterina, staccato dalla chiesa di S. Lorenzo (sala IX), lo splendido crocifisso in rame e bronzo già a Vigolo Marchese, forse degli inizi del XII secolo (sala X) e alcune sculture del XII secolo, la Madonna col Bambino, di cultura antelamica (prima metà del XIII secolo) e il rilievo del Benvegnù, assunto a simbolo dell'ospitalità piacentina (1330). Terminano la raccolta altre sculture più tarde e una serie di epigrafi (sala XI). Alla scultura in pietra e in legno dal XV al XVIII secolo sono dedicate due sale (XII-XIII), mentre nell'ultima sala sono esposti frammenti architettonici, capitelli e resti di modanature in terracotta. Nella sala XV è presentato il nucleo più significativo della collezione di armi antiche F. Gazzola, fra cui un' armatura di Pompeo della Cesa (1580-90), famoso armaiolo milanese. Al piano ammezzato si trova il Museo del Risorgimento che espone documenti, stampe, libri, periodici, monete, armi e riproduzioni fotografiche, oltre a particolari tipi di oggetti atti a documentare due momenti particolarmente fervidi della nostra storia più recente (1848-49 e 1859-61). Il Museo delle Carrozze è invece allestito nei vasti spazi dei sotterranei. Oltre alla collezione donata dal conte Barattieri, con esemplari dal XVIII al XIX secolo, vi sono corrieri postali e due berline di gala. La sezione archeologica, in fase di allestimento (1989), comprende vari reperti dell'età preistorica provenienti dal territorio e oggetti, iscrizioni, frammenti scultorei e architettonici di epoca romana e paleocristiana venuti alla luce in varie parti della città. Tra i più significativi la parte inferiore di una statua femminile firmata dal greco Cleomene (I sec. a.C.), scoperto nel 1938 durante gli scavi in piazza Cavalli e il fegato etrusco. Quest'ultimo pezzo, già esposto al pubblico in un allestimento provvisorio all'interno del percorso museale esaminato all'inizio, fu rinvenuto nel 1877 presso Gossolengo (PC). Datato tra la fine del II secolo e l'inizio del I secolo a.C., 4 in base all'esame paleografico delle scritte incise, costituisce un'importantissima fonte storica sugli usi aruspicini.
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