... fanno risentire le loro voci nei pressi dei resti del castello
Nel 1296 il Castello di Guardasone, a Traversetolo, fu al centro della guerra tra Guelfi e Ghibellini e venne distrutto dagli Estensi.
Fu ricostruito nel 1356. Ospitò molte persone illustri, fra le quali anche il poeta Francesco Petrarca, che amava trascorrere le giornate fra i giardini e le stanze del castello alla ricerca dell'ispirazione. Riportiamo il testo di una leggenda così come la racconta Elia Bertoli Armani poetessa e scrittrice traversetolese. A quel tempo era signore del paese il nobile Ottobono Terzi che, come tutti i potenti, non era di cuore tenero e pretendeva dai suoi sudditi tasse impossibili. Essi abitavano in misere casupole e coltivavano le magre terre lasciate dai boschi e dopo aver pagato i tributi non restava loro di che sfamare la famiglia. Questa vita di privazioni, a lungo andare, fiaccò i sudditi che decisero di ribellarsi. La voce giunse a Ottobono che, temendo di perdere il potere, mandò a dire ai contadini che avrebbe concesso loro condizioni migliori e li aspettava una sera nel grande cortile del castello. Questi accorsero in massa increduli e timorosi, ben conoscendo la malvagità del padrone, ma la proposta non sembrava rischiosa. Si radunarono nello spiazzo e con loro sorpresa vennero accolti con offerte di vino e bevande. Approfittarono avidamente di quell’improvvisa abbondanza e cortesia, solo più tardi comparve il padrone che, con inconsueti modi gentili, li ascoltò ed accettò le loro proposte.
Stupiti ma felici si abbandonarono ad applausi e ringraziamenti ma alterati dall’effetto del vino non si avvidero del tranello teso loro dal perfido signore. Mentre loro gridavano di gioia i soldati nascosti tra il fogliame cominciarono a colpirli con potenti frecce che li uccidevano sul colpo. Le grida dei primi colpiti indussero gli altri a fuggire ma si trovarono il passo sbarrato da altri soldati che non risparmiarono nessuno.
Le donne in ansia attendevano nelle case, non vedendo gli uomini tornare si allarmarono e cautamente, protette dal buio, si avvicinarono al castello. Giunte vicino al cortile si trovarono di fronte quello spettacolo di morte. Fuggirono allora temendo anche per la loro vita e quella dei bambini. Ora, private dei mariti, dei figli adulti e dei padri, nei loro cuori colmi di dolore si insinuarono l’odio per il malvagio Ottobono ed il proposito di vendetta. Attesero pazientemente il momento propizio e durante una solitaria passeggiata colpirono a morte lo spietato padrone.
Per suo maggior castigo nascosero il corpo nel folto bosco, esso diventò così pasto per gli animali. Lo spirito, privato della sepoltura del corpo, fu costretto a vagare senza il riposo eterno, la vendetta fu così completa.
A tutt’oggi c’è chi afferma che il fantasma di Ottobono stia ancora vagando nella sua armatura e in quella zona, in certe notti di luna, si mostri trascinando catene dal rumore sinistro.
da www.turismo.parma.it
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