La zona archeologica di Laurelli

La zona archeologica di Laurelli

a Caselle in Pittari

Il sito

L’insediamento rinvenuto a Caselle in Pittari sorge in località Lovito su un vasto pianoro, che presenta un’estensione di 13 ettari, lambito da due torrenti (Vallone Grande e Vallone Piccolo) che, confluendo nello Sciarapotamo, conferiscono al territorio l’aspetto di un triangolo isoscele con il vertice volto verso il Golfo di Policastro.
Il pianoro era occupato da un uliveto secolare il cui espianto, mettendo in luce strutture murarie e materiali ceramici antichi, ha indotto l’intervento della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno, Avellino e Benevento.
Le diverse campagne di scavo condotte hanno permesso di portare alla luce varie abitazioni che costituiscono la prova della presenza di un abitato lucano sul pianoro che va a costituire, probabilmente, un centro territoriale.
I Lucani occupano il pianoro nel corso del V secolo a.C. come documentano i rinvenimenti sia di un’antefissa a protome femminile di età classica che di una serie di blocchi reimpiegati nelle strutture di IV secolo a.C., che presentano segni di anathyrosis.
Nel corso del IV secolo a.C. sul pianoro si impiantano, probabilmente al di sopra di preesistenti edifici, tre complessi abitativi che si denomineranno Complesso A, edificio costruito in tecnica pseudo – velina, Complesso B, edificio in cui si sono rinvenute 18 monete greche d’argento, e Complesso C, di cui si sono individuate solo alcune tracce .
Il Complesso A, posto nella parte centrale del pianoro, presenta orientamento NO\SE ed è aperto su un’asse stradale posto ad occidente versante in cui si è rinvenuto l’ingresso dell’abitazione.
L’edificio è costruito in tecnica pseudo – velina, vale a dire in una tecnica molto simile a quella utilizzata per l’edificazione dei complessi presenti a Velia e definita comunemente a scacchiera. Tale tecnica consiste nel disporre due lastre di arenaria distanziate tra loro, in modo da lasciare un riquadro libero nel quale sono inseriti blocchi di dimensioni minori.
L’abitazione presenta una serie di ambienti disposti sia a nord che a sud dell’ingresso posto sul versante occidentale.
Nel versante settentrionale, infatti, si sono riportati alla luce tre ambienti uno dei quali, precisamente l’ambiente centrale, misura 7 x 5 m.
Nel versante meridionale si sono rinvenuti ambienti di dimensioni minori che potrebbero costituire, viste le esigue dimensioni, vani residenziali.
Sul lato sud – occidentale del Complesso A, separato da questo da un grosso muro in pietra non squadrata, si è rinvenuto il Complesso C di cui si sono documentati soltanto due ambienti divisi da un muro interno: il primo, posto all’estremità occidentale, è caratterizzato dalla presenza di un piano pavimentale basolato; il secondo, posto all’estremità orientale, presenta al centro un riquadro regolare che ha permesso di ipotizzare la presenza di un piano pavimentale in tegole o basoli di arenaria successivamente spoliato.
Un altro nucleo insediativo sembra essere localizzato in corrispondenza dell’attuale accesso al pianoro; infatti in tale area si sono rinvenute, durante la campagna di scavo del 2000, strutture murarie che documentano la presenza di un complesso abitativo.
Il Complesso B è posto a valle del Complesso A ad una distanza di circa 300 m. Tale edificio è a pianta rettangolare allungata e presenta orientamento E – O.
L’edificio presenta sul versante settentrionale un muro di terrazzamento separato dal muro perimetrale del complesso da un corridoio largo circa 1 m.
Lungo il muro perimetrale si sono individuati almeno tre ambienti di cui uno destinato a cucina, considerato il rinvenimento di un banco di pietra con tracce di bruciato.
In questo edificio, come si è già accennato, sono state rinvenute 18 monete d’argento di zecca magno - greca, databili tra la fine del IV secolo a.C. e gli inizi del III secolo a.C..
L’abitato fu abbandonato nel III secolo a.C., epoca in cui tutto il territorio ricadente nel Golfo di Policastro fu conquistato dai Romani.
Probabilmente nei pressi dell’abitato lucano si impiantano ville rustiche ma tale ipotesi va documentata attraverso un’ approfondita indagine archeologica.


La necropoli

Sul versante nord – ovest dell’abitato, in località Citera, si è rinvenuta parte della probabile necropoli del centro indigeno.
In tale località si è riportata alla luce una tomba a camera al cui interno si è rinvenuto parte del corredo costituito da frammenti di vasi a vernice nera e da un balsamario che permettono di datarla tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.


Inghiottitoio Orsivacca

Esplorata per la prima volta nel 1952 dal Circolo Speleologico Romano,la grotta di Orsivacca si trova poco distante dall'imponente forra della "Rupe" . Lasciando la strada asfaltata si accede all''ingresso della cavità tramite un comodo sentiero percorribile in pochi minuti. La grotta è stata esplorata per circa 80 metri , e dall'ingresso fino al punto esplorato vi è un dislivello di 170 metri .
Grazie ai colori insoliti della roccia e alle conche d'acqua, la grotta assume un aspetto particolare. Nel tratto analizzato Orsivacca ha dei sensibili restringimenti che conducono alla Sala Hidalga, salone di vaste proporzioni che presenta in alto il finestrone d'arrivo del vicino Cozzetta.
Quindi con una retroversione la grotta torna su se stessa e dopo qualche saltino ancora termina in una sala sifonante nella quale arriva un apporto di acqua proveniente da un sifone pensile posto ad una quota non molto dissimile dal sifone finale dell'inghiottitoio Caravo.

 a cura di Alberto Giudice

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