Importante centro della Val d'Arda
Era Florentia nel tardo periodo imperiale, oggi è un grande borgo che si adagia a cavallo della via Emilia, circa a metà percorso tra Piacenza e Parma: siamo a Fiorenzuola, comune che conta circa quattordicimila abitanti, situato all’interno del comprensorio piacentino. Il Virgilio di questo mio viaggio è il dott. Franco Sprega, profondo conoscitore della realtà fiorenzuolana, che mi accompagna lungo le vie del centro storico, donando voce ed anima ai luoghi in cui ci soffermiamo. Borgo a carattere prevalentemente rurale, fino a prima della Seconda Guerra Mondiale Fiorenzuola contava pochissime abitazioni, comprese tra quelle che erano le due principali circonvallazioni: le attuali via Roma e via Matteotti, rispettivamente a nord e a sud del paese. Dal secondo dopoguerra ad oggi, l’aspetto di Fiorenzuola è velocemente cambiato: se un tempo era il centro storico a raccogliere la maggior parte degli abitanti, oggi vi è stata una grande espansione della zona residenziale situata a sud e le campagne si sono spopolate, anche nelle due frazioni maggiori, ovvero San Protaso e Baselicaduce. In questo processo di ammodernamento secondo le leggi dei nostri tempi, alcuni gioielli del passato restano come sentinelle lungo le strade e nelle loro pietre è gioco affascinante leggere la storia che conservano. Muovendo i primi passi dalla sede del Comune e addentrandosi all’interno del centro attraverso via Carducci ecco il primo segno che il passato vuole lasciare indelebile: all’angolo con via Giovanni da Fiorenzuola due tacche speculari incise sugli angoli di due abitazioni riportano la memoria al 1966, quando l’Arda straripò da sud e le sue acque arrivarono fino lì. Lasciando scivolare oltre lo sguardo, strade strette e case basse, piene di colori e profumo del passato: ogni dettaglio costruito per rispondere a criteri abitativi del tempo e non alla nostra attuale viabilità; un tempo erano anche zone povere e con servizi igienici minimali, molto soggette al flagello del colera. Poco più avanti, una torre in pietra priva di campanile si nota tra i colori delle abitazioni: è il vecchio ospedale, primo embrione dell’attuale ospedale civile. Proseguendo per via Mazzini, scopro che questa era la “contrada di Caravaggio”, così chiamata per la presenza della Chiesa della Beata Vergine di Caravaggio, che segna la fine della strada con la sua facciata in stile barocco risalente al 1700. Questo non era però il solo nome usato per riconoscere questa zona; infatti veniva anche chiamata “contrada degli ebrei”, per via di un consistente insediamento ebraico, proprietario di opifici, depositi e granai.
Insediamento che scomparve del tutto dopo la Seconda Guerra Mondiale: gli ultimi ricordi si trovano al Museo ebraico di Soragna, al Centro ebraico a Milano e solo due scrittoi e altrettanti inginocchiatoi nella sede del Comune di Fiorenzuola. Pochi passi ed ecco la strada principale del borgo: via Garibaldi, l’antica via Emilia, racchiusa tra due simboli immortali di Fiorenzuola: il vecchio acquedotto e la locanda Croce Bianca. Porfido sotto ogni passo e antichi palazzi da ammirare: sulla sinistra si trova la ex sede degli uffici comunali, riconoscibile per la targa dedicata a Garibaldi. Sulla destra si nota quello che resta dell’architettura quattrocentesca di uno dei monumento più importanti di Fiorenzuola: Palazzo Grossi, con una splendida facciata a mattoni a vista solcata da doppi archi a sesto acuto contornati da decorazioni in cotto e con al centro lo stemma nobiliare della famiglia omonima, un leone rampante con l’elmo. Appena oltrepassato Palazzo Grossi, una vicolo sulla destra porta direttamente nella grande piazza principale, un tempo sede del primo mercato: al suo centro, la Collegiata di San Fiorenzo, la cattedrale. Costruita nel 1273 sulle fondamenta di una chiesa risalente al IV secolo d.c., ha una facciata gotica divisa in tre parti e sormontata da pinnacoli; la sua mole sembra ancora più imponente al centro di una piazza così ampia e il suo aspetto esterno è semplice e poco decorato, contraltare di un interno molto ricco: disposto su tre navate, conta cinque campate sorrette da pilastri bianchi con archi a sesto acuto e volte a crociera e ammirevoli affreschi nelle cappelle laterali. Peculiare del duomo fiorenzuolano è il suo campanile, totalmente staccato rispetto alla costruzione della chiesa, edificato nel diciottesimo secolo in una vecchia rocca: le sue origini si possono ancora osservare nel basamento, costituito da pietre arenarie, più grosse di quelle usate per la parte sopraelevata. Prima di visitare il teatro, una tappa d’obbligo è piazza Marsala, dove si trova la famosa locanda della Croce Bianca: l’attuale birreria non ha più il vecchio pergolato che contraddistingueva un tempo la locanda ma ha conservato identici sia il nome che lo stemma della Croce Bianca. Era qui che dal diciassettesimo secolo si teneva il mercato del giovedì, un tempo legato soprattutto al consumo alimentare e al commercio delle tele. Proprio davanti alla locanda invece si teneva il commercio di prodotti legati al mondo dell’agricoltura: grani e bestiame erano l’oggetto di compravendita. Nei pressi della Croce Bianca si può vedere ciò che resta di Porta Parma, il passaggio da varcare per coloro che venivano da Parma: un pezzo di arco in pietra incastonato in una costruzione è l’ultimo brandello di quel passato meraviglioso. Ultima tappa di questo viaggio è in via Liberazione, il famoso Teatro Verdi. Prima di raggiungerlo, nella stessa strada, un piccolo edificio di culto in laterizio con una torretta con campanile: è chiamato l’Oratorio della Buona Morte, ed era uno dei primi luoghi di assistenza e cura agli infermi che sorgeva in paese. Poi, ecco il teatro: inaugurato l’8 ottobre del 1853 e dedicato a Giuseppe Verdi nel 1901, è rimasto chiuso molti anni a partire dai Sessanta prima di essere ristrutturato e riaperto solo nel 2006. Lo spazio interno è piccolo ma sia la platea che i palchetti di velluto forniscono un’impressione molto accogliente: è tutto parte di un più vasto complesso dotato di camerini e sale prova. Oggi offre una tra le più interessanti stagioni tra tutti i teatri della provincia. Nella strada adiacente al teatro, un’ultima bellezza da non lasciarsi sfuggire: la vecchia osteria del teatro, un tempo sosta obbligata degli artisti, oggi circolo privato i cui gestori sono talmente disponibili da permetterci una visita all’interno. Tutta la struttura esprime un fascino originario: i tavoli, la cantina, la cucina e il bellissimo cortile interno ombreggiato da una pianta rampicante. Ormai abbiamo percorso tutto il quadrilatero del centro storico, siamo di nuovo vicini alla sede comunale, da cui si era partiti; ogni luogo visitato lungo il percorso ha lasciato dentro un suo pezzetto di storia: è il fascino immortale dei borghi antichi.
Roberto Rossi
|