borgo di antiche origini
Il paese è diviso in due settori: la "Caggiano romano-medioevale", chiusa ancora fra le mura ben solide, che ricordano episodi oscuri ed eroici del primo medioevo, con l'arco orientale ancora intatto, e la "Caggiano moderna", che ha subito un enorme sviluppo nell'ultimo dopoguerra. Le origini di Caggiano si perdono nella notte dei tempi. L'Antonini e il Gatta scrissero che Caggiano era stata fondata sulle rovine dell'antica Cesariana: questo è assurdo in quanto, nell'Itinerarium di Antonini il Pio, Cesariana è collocata fra Marcelliana (l'attuale Sala Consilina) e Nerulo (nei pressi di Lagonegro). Tanti reperti, vasi, anfore, capitelli, epigrafi e tombe del VI e del VII secolo a.C. e posteriori, venuti alla luce nell'abitato, suffragano, invece, l'ipotesi che Caggiano, alla venuta dei Lucani, fosse già una zona importante, popolata da gente sabellica o italiota. Non sarebbe fuori luogo affermare che Caggiano - se si dovesse escludere la gola di Veteranuso - sorge sui ruderi dell'antica e misteriosa Ursentum ma l'origine del suo nome è ancor più misteriosa: molto probabilmente l'attuale paese ricostruito sulle rovine di Ursentum distrutta durante la seconda guerra punica ebbe un proprio nome che i barbari tramandarono, dopo averlo corrotto o trasformato, e i Bizantini grecizzarono chiamandolo Cauchighiano, Caughiano, Cacanio, Caciano e di lì, attraverso altre trasformazioni, Caggiano. primi ad offrirci ufficialmente il nome del paese sono stati gli scrittori greci dell'età bizantina: non si dimentichi, infatti, che tutta la Lucania, fino agli Alburni, è stata in potere dei Bizantini e che monaci e preti, per sfuggire alla persecuzione degli iconoclasti, si rifugiarono sui monti della nostra regione e qui continuarono ad esercitare il loro apostolato per secoli. Caggiano ebbe, infatti, due chiese di rito greco: la chiesa di Santa Maria dei Greci e quella di Santa Caterina. Il territorio di Caggiano, per la sua "favorevole" conformazione, è stato, nelle epoche passate e nelle recenti, luogo obbligato di passaggi di eserciti, adatto alla battaglie e agli agguati. Annibale vi scorrazzò a suo piacimento: vi si fermò, devastò, incendiò ed, infine, tese il singolare agguato al Console Marco Marcello. Tra queste alture gli Ursentini combatterono l'ultima loro battaglia; quando videro che era tutto perduto, offrirono se stessi e i loro figli in olocausto alla libertà perduta. Al cospetto di queste terre, alle pendici degli Alburni, Spartaco sacrificò la sua vita nel 71 a.C. e con essa la fine del suo grandioso sogno. Poi venne la lunga notte del Medio Evo e i barbari, da Alarico ad Atalarico, dai Goti ai Longobardi, tutto incendiarono: devastarono, uccisero e taglieggiarono, eliminando ogni segno di vita. Il territorio tutto divenne un cimitero e i suoi abitanti, scampati a quegli avvenimenti, furono costretti alla fuga. E quanto e quale danno no arrecarono anche i Saraceni nelle loro improvvise scorribande? Ci vollero secoli perché quei luoghi venissero ricostruiti: solo quando nel Medio Evo i nuovi padroni, prima i Longobardi e poi i Normanni, si avvicinarono al mondo romano, scelsero questi luoghi per costruire i loro ostelli con fossati, terrapieni e torri. Ai piedi di quei castelli si svilupparono i borghi che, spesso, con la caduta dell'Impero, gli invasori, nella speranza di meglio governare, assegnarono ai loro più valorosi guerrieri - la nobiltà del tempo -, delegando ad essi il potere regio. Caggiano fu certamente sede di un grande Capo, per cui il suo territorio si ingrandì fino a raggiungere la catena degli Alburni ad occidente, e Sant'Angelo le Fratte ad oriente. Primo Signore di Caggiano fu, molto probabilmente, Guglielmo "de Cauciciano", che, o per l'età avanzata o per gravi malanni, trasferì, nel marzo del 1092, la sua autorità di Signore al figlio primogenito Roberto, che nel 1098 associò nel governo del paese anche i due fratelli Guglielmo e Omfrida. Da quel momento molti furono, negli anni, i Signori che si succedettero a Caggiano, dai Gesualdo ai Parisani. Lo sviluppò che ha portato Caggiano ai giorni nostri, iniziò, però, solo dopo l'Unità d'Italia: prima di quell'evento la città aveva vie di comunicazione mal ridotte o inadatte per cui era completamente, o quasi, chiusa dallo sviluppo commerciale; di conseguenza la miseria era diffusa nella gran parte degli abitanti. Il Castello e le fortificazioni risalgono al IX o X secolo e furono posti a difesa dell'abitato. Delle quattro porte di accesso presenti lungo le Mura di cinta, uno degli accessi, denominato Porta del Ponte e posto nella parte orientale, aveva un ponte levatoio. Le Mura di cinta sono state interessate da un recente intervento di recupero e pertanto sono in buono stato di conservazione. Il Castello è di proprietà di privati e gli spazi interni purtroppo non sono visitabili dai turisti. La Chiesa Madre del SS. Salvatore si mantiene in buono stato di conservazione; all'interno di essa sono presenti numerosi affreschi ed oltre all'altare Maggiore in marmo gentile colorato sono presenti due altari laterali nel Presbiterio. Da ricordare all'interno della Chiesa l'importante Pergamo di Fortunato Cafaro, per la cui realizzazione fu premiato nel 1921. La Chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire ha una struttura a crociera ed è attualmente interessata da un intervento di recupero. La stessa conserva ben sei opere del celebre pittore Nicola Peccheneda datate 1769, tra le quali si segnalano il "Cristo e l'adultera" ed "Il Sangue del Redentore". Gli storici ritengono sia stata la prima Chiesa eretta nel paese. Fino all'anno 1770 ha conservato la vera forma di chiesa greca e da i dieci anni immediatamente successivi (1780) custodisce gelosamente ben nove opere del celebre pittore Nicola Peccheneda, tra le quali la celebre "Madonna del Carmine con angeli e dannati". È chiusa al culto per il suo pessimo stato di conservazione e purtroppo non è visitabile.
|