Pescocostanzo - il Tombolo

Pescocostanzo - il Tombolo

tipica tradizione locale

Nonostante l'ausilio di informazioni ricavabili da sculture, pitture e vasi antichi, i quali confermano l'impiego di attrezzi di lavoro non dissimili da quelli in uso ancora oggi, e le testimonianze di storici e poeti dell'epoca, è difficile risalire alla fase di passaggio dalla lavorazione con l'ago a quella con i fuselli ("tammarieje"), verosimili eredi di ibridi evolutisi nel tempo. Da una prima testimonianza storica sulla predilezione per i merletti da parte di Caterina dei Medici, nel 1547, si passa alla leggenda tramandata dallo studioso francese Lefebure, il quale attribuisce a Venezia la primogenitura di un intreccio di fili che sarebbe stato eseguito con l'ausilio di piombini pendenti da una rete di pescatori, carica, oltre che di pesci, di un'alga con meravigliose ramificazioni pietrificate: l'antenato della trina a tombolo.

I pochi scritti sull'argomento lasciano immaginare che la tecnica del fusello sia nata prima del Rinascimento e abbia raggiunto valori di vertice a Venezia, in anticipo rispetto alle altre zone che 1 'hanno adottata. Notizie sul merletto a tombolo si hanno anche da un documento della famiglia d'Este di Ferrara, nel 1476, e dal riferimento a una "striscia a dodici fusi" per lenzuolo, in un contratto stipulato a Milano.
La prima "officina" di merletti, che risulta nata a Venezia, raggiunge tali livelli di perfezione e decoro da promuovere una forte corrente di esportazione verso la Francia, inducendo il governo di quel paese a favorire l'espatrio di esperte trinaie veneziane per diffondere sul posto il tipo di lavorazione.

I risultati dell'iniziativa sono così positivi che, col passare del tempo, "il point de France" viene preferito al "punto di Venezia". Tornando a Pescocostanzo, vi sarebbe da supporre che, data l'intraprendenza delle classi locali evolute, l'artigianato del tombolo abbia tratto giovamento dai contatti con i principali centri di diffusione dell'epoca e cioe:

- Milano, per il determinante apporto delle maestranze lombarde, a partire dal secolo XV (il dr. Gaetano Sabatini, storico di fama, pescolano, è un sostenitore di tale paternità);

- Venezia, oltre che per i continui contatti con l'Aquila e l'influenza esercitata lungo le coste abruzzesi, ma forse anche per il rapporto di amicizia tra Caterina dei Medici e Vittoria Colonna. il cui contributo all'emancipazione pescolana potrebbe avere scavalcato la funzione politica in più di un caso. Lucilla Less Arciello, pescolana d'elezione, sostiene questa seconda ipotesi in un suo pregevole lavoro intitolato "Cristalli di neve in una trina";

- Genova, che alcuni studiosi citano come patria del tombolo. Qualunque sia l'ipotesi più attendibile, resta il fatto che la scuola pescolana diventa un fenomeno a se, un'industria e un patrimonio per l'intera collettività locale, in cui la famiglia si trasforma in laboratorio artigiano: ogni bambina, appena possibile, viene iniziata al tombolo mediante l'esecuzione graduale della "sceda"(scheda), che fissa le nozioni basilari di questa arte; ogni giovanetta in età da marito possiede un corredo principesco di tovaglie. tovaglioli, fazzoletti, lenzuola, centri, pizzi, merletti, che assumono nomi dialettali diversi a seconda del punto o della complessità della figura in cui la fantasia ha sempre la sua parte. Tenendo anche presente che il merletto a tombolo coinvolge altri artigiani: il sarto per la preparazione del "cuscino" (il tombolo) e per l'imbottitura con erba falasca; il falegname per la realizzazione dei fuselli ("tammarieje") in legno di noce, pero o ulivo stagionato, e dell.apposito cavalletto di supporto del tombolo; il disegnatore per l'elaborazione dei modelli. i quali richiedono una profonda conoscenza delle tecniche di lavorazione.
Chiese e cappelle private, palazzi patrizi e case sono arredati con “pezzi” di valore. Nei primi due casi si tratta di doni.
Durante l'ultima guerra, i tedeschi, che ne fecero bottino, manifestarono apertamente la loro meraviglia per le ricchezze e la varietà di quel patrimonio, nel quale figuravano, oltre a merletti in seta, esecuzioni con fili d'oro e d'argento.

I merletti di Pescocostanzo, la cui compattezza di tessitura non ha uguali in un vasto circondario (Marche incluse) e i cui disegni sono a volte autentiche rarità o esclusiva di qualche trinaia o famiglia, fanno oggi splendida figura nelle esposizioni di industrie tessili italiane ed estere.
Buona parte del merito va assegnato alla specializzazione e all'inventiva dei disegnatori locali. L'odierno merletto a macchina, per quanto ineccepibile nella esecuzione, non potrà mai competere con la morbidezza e il calore della lavorazione a mano se non per motivi di costo di produzione, così che, non trattandosi di lavoro su base industriale ogni pezzo è da considerare un "unicum". Da qualche anno sono visitabili la Scuola del Merletto a Tombolo e il relativo museo realizzati dal Comune nel palazzo Fanzago, in piazza Municipio.

da www.pesconline.it

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