rilevante componente del patrimonio culturale locale
La favolistica e le credenze popolari costituiscono un’altra notevole componente del patrimonio culturale di Pescocostanzo.
Da alcune fiabe e superstizioni raccolte in loco e riportate da Gennaro Finamore nel suo volume “Novelle popolari abruzzesi”, si ha conferma della chiara radice pescolana della loro elaborazione, poiché il tessuto narrativo, è talmente puntuale nei riferimenti al comprensorio comunale da eliminare ogni dubbio in proposito. E’ così anche in questo campo, Pescocostanzo ribadisce la sua propensione all’autosufficienza. Qualche perplessità potrebbe nascere per la Madonna delle Grazie, nominata nella prima fiaba, la quale sembra non avere alcunché in comune con la stessa, ubicata attualmente al Colle di S. Maria, come anche per il “Ponte di Pietra”, un rudere in quel di Pizzo di Coda, peraltro ancora transitabile prima della distruttiva bonifica del bacino del torrente “La Vera”, e per il “Colle delle Sante Celle”, toponimo non riportato sulle carte dell’IGM ma ancora oggi adottato come riferimento inconfondibile al distrutto “Monastero”, il quale sorgeva grosso modo in prossimità delle attuali masserie Macino. Per il resto, comunque, fatto piuttosto insolito nella favolistica, i richiami all’ambiente cui si riferisce ogni storia, sono a portata delle esperienze e conoscenze locali, senza però l’uso di re, regine, principi, principesse ed altri ingredienti di routine, fatta eccezione per qualche fuggevole drago o strega.
I testi, di cui molti anziani di “Pesco” serbano memoria, sono ripresi fedelmente dal volume del Finamore sopra citato.
Prima Fiaba
Un uomo di Pescocostanzo si sognò per tre notti di seguito che doveva andare a scavare un tesoro alla Madonna delle Grazie (tra Pescocostanzo e Rivisondoli). Dovevano essere otto persone: due, comprano un pane e salacca, dovevano andare in un sito detto “ju Schiappare” e altre sei dovevano rimanere sotto Rivisondoli. I due che andavano allo Schiapparo, avevano da mangiare il pane e la salacca al ritorno, senza mai parlare, sebbene gli avessero a uscire incontro tanti soldati di ogni specie alla Portella, le montagne pareva che si avvicinassero per schiacciarli; pioveva a dirotto, tuonava, lampeggiava, pareva un finimondo; e costoro spaventati erano per dare indietro ma proseguirono il cammino. Giunti alla Liberata(Sotto Rivisondoli”) la tempesta ingagliardì; ma fu l’ultima stretta. Trovarono colà i compagni e mangiavano sempre. Tutti e otto andarono alla Madonna, ed alla soglia della chiesa cominciarono a scavare. I due che erano andati allo “ Schiapparo” dissero: “Coraggio adesso, e non nominate nessuno!”. Scava e scava appariscono le orecchiette di una caldaia. In questo mentre, vedono un grandissimo drago a Rivisondoli, chegettava fuoco dagli occhi, dalle orecchie e dalla bocca, e urlando si avvenatava agli scavatori. I due del pane e della salacca, gridavano: “ Non abbiate paura!” E il drago sparì. Scoprirono la caldaia: era piena d’oro! Uno di sei, che al vedere tutto quell’oro aveva perso i lumi disse:” Madonna mia, tutto quest’oro ci abbiamo a spartire” non l’avesse mai detto! La caldaia sparì, e i cavatesori si trovarono, in un batter d’occhio, chi sopra Pizzalto, chi su la Porrara, chi sul Morrone, chi sul Monte Corno, uno in alta Italia, e uno morì di paura.
Seconda Fiaba
Sapete come una donna diventò strega? Un giorno gli venne in mente di farla finita con una maledetta gatta che era la dannazione sua. Lega questa gatta per la coda, la sospende in mezzo alla casa, e “l’abbrucia” con lo spirito. La povera bestia avrebbe voluto morire subito: ma non faceva altro che girare intorno a se stessa. ( già far morire una gatta o una donna, si sa che c’è ne vuole..). Ma finalmente, morì arrostita.Fatto questo arrosto che altro pensò di fare quella donna?? Prese il fiele di quella gatta, l’abbrustolì e se lo mangiò. Da quel giorno diventò strega. A Lanciano si dice: “Chi ‘ccide’ na hatt’ à sette male disgrazie”.
Terza Fiaba
Una donna di Pescocostanzo, una volta, negò l’elemosina ad una vecchia di Rivisondoli, la quale si diceva che era strega. Il fatto si fu che,e da quel giorno, la creatura della pescolana comincia ad andare sempre indietro in salute. La povera mamma racconto il fatto alle amiche sue, e queste la consigliarono di rimandare a chiamare la vecchia, e di fargli grandi promesse se guariva la creatura. E così fu fatto. Va quella vecchia, prese per i piedi la creatura, e la tenne così, sospesa per un poco. Poi, gli aprì la bocca, prendendo con l’indice e col pollice di ciascuna mano il labbro di sopra e il labbro di sotto, e poi per tre volte alitò nella bocca della creatura. Dopo, la riprese per i piedi, e la ritenne sospesa così per un poco; e all’ultimo la rinfasciò. Da quel giorno, la creatura migliorò sempre, e guarì perfettamente.
Quarta Fiaba
Una volta un uomo si sognò che per prendere un tesoro, che è al Colle delle Sette Celle era d’uopo (“ce servive”) un ragazzo di sette anni, una testa di morto, sette palle di sego, due candele, e un altro ragazzo che portasse il catino dell’acqua santa, ed altri due o tre uomini che portassero tuttas l’altra roba. Posero al testa di morto sull’estremità di una mazza; di là e di qua due persone con quelle due candele accese; appreso i due ragazzi uno col catino dell’acqua santa e l’altro con le palle di sego, e si misero in cammino. Quando furono al “mondezzaio”, poco fuori dal paese, quella testa gettò un grido, ma più forte assai e un’altra voce venne dal Colle delle Sette Celle. Arrivati al luogo designato, trovarono una porta, e dentro, una gradinata che andava giù giù, tutta illuminata. Cominciarono a scendere. Quello del sogno rinnovava le esortazioni ai compagni” A momento vedrete soldati, serpenti e draghi; ma non abbiate paura di niente”. Presero il ragazzo di sette anni e lo fecero andare avanti. Poi,il ragazzo con le palle di sego e poi il ragazzo con l’acqua santa. La testa di morto e le candele le avevano posato a capo della sala. Ecco che cominciarono ad uscire tanti soldati, anche di cavalleria, con le sciabole sfoderate, che ti volevano uccidere, e i serpenti che si avventavano ai ragazzi per mangiarseli. Ma, visto che non si impaurivano, scomparvero. Dopo di questo uscì un serpentone grosso, grosso, con la bocca aperta…..ed era il Demonio, che voleva l’anima. Cominciò a girare intorno al ragazzo di sette anni; ma come stava per finire un giro, l’altro ragazzo con le sette palle gliene buttava un in canna. E fece sei giri. All’ultimo giro il ragazzo delle sette palle non fece in tempo a buttargli in gola l’ultima. Il ragazzo di sette anni a vedere serpentone andargli sopra con tanto di bocca aperta per inghiottirselo, gridò:”Madonna”!!..A questo punto, i ragazzi si ritrovarono uno a letto, un altro al paese, svenuto, e gli uomini chi alla macella, che a pizzalto e chi dentro i boschi.
da www.pesconline.it
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