Napoli: un pò di storia

Napoli: un pò di storia

dalla città di Cuma

La fondazione della città di Napoli risale a tempi remoti, cosicché non è possibile stabilire la data del primo insediamento. E' certo, comunque, che, già prima della fondazione della città, tutto il litorale era stato colonizzato da genti greche provenienti dall'Eubea e dalla Calcidica.
Essi fondarono la città di Cuma e da qui partirono alla volta dell'attuale colle di Pizzofalcone, dove fondarono il primo nucleo della città di Napoli, esso prese il nome di Partenope, che nella tradizione fu associato a quello di una sirena che avrebbe avuto la sua dimora nella acque del golfo.
Tale sito fu poi distrutto e così, intorno al 470 a.C., fu ricostruita la nuova città, che fu detta Neapolis, per distinguerla da quella vecchia; essa sorse ad oriente dell'area di fondazione della prima città.
Neapolis fu costruita secondo quello che, in seguito, è stato definito sistema ippodameo, perché creato dall'architetto greco, vissuto nel V sec. a.C. Ippodamo di Mileto: esso consiste in una rete di tre grandi strade parallele, dette, successivamente, con vocabolo latino decumani, intersecate ad angolo retto da altre vie, più strette, dette cardini. Presenti nell'attuale struttura urbanistica del centro antico di Napoli, i tre decumani sono le vie dell'Anticaglia (decumano superiore), dei Tribunali (decumano centrale) e San Biagio dei Librai (decumano inferiore).
Nel 340 a.C. i romani iniziarono la conquista del territorio campano e nel 328 a.C. scoppiò la guerra tra Napoli e Roma. Ben presto la città fu conquistata dai romani che, però, concessero agli sconfitti alcuni privilegi, come l'uso della lingua greca e la conservazione delle antiche magistrature.
La città divenne, poi, municipio romano e fu in questo periodo che l'aristocrazia romana iniziò a frequentare il golfo, costruendo splendide dimore, sia a Neapolis che in tutta la zona dei Campi Flegrei.
Caduto l'impero romano d'Occidente, l'imperatore d'Oriente Giustiniano, inviò a Napoli il suo generale Belisario per conquistarla; ma egli trovò un'accanita resistenza da parte dei napoletani. Stava quasi per abbandonare l'impresa quando alcune spie gli indicarono una via d'ingresso attraverso un antico acquedotto, solo così fu possibile per gli assedianti penetrare nella città.
Successivamente la città fu conquistata dai Goti e poi di nuovo dai bizantini. Durante il dominio di questi ultimi furono costruiti in città numerosissimi monasteri ed ebbe il definitivo sviluppo la religione cristiana.
Nel 581 e nel 592 fu la volta dei Longobardi, che assediarono Napoli. Successivamente la città si ribellò all'imperatore, dandosi un governo autonomo; ma ben presto Bisanzio ripristinò l'ordine. Infine nel 661 l'imperatore nominò Basilio duca e fu l'inizio di una certa autonomia della città.
Napoli crebbe di importanza; nel 773 il duca Stefano II, riconoscendo l'autorità del papa, a discapito di quella dell'imperatore, fu nominato vescovo. Da quel momento, pur restando formalmente soggetto all'imperatore, il ducato divenne indipendente.
In questi anni va ricordata la sconfitta dei saraceni ad opera della flotta napoletana guidata da Cesario, figlio del duca Sergio, nell'843; così come nell'849, quando, vincendo ad Ostia, si evitò il saccheggio di Roma.
Lo sviluppo dei commerci, dell'arte e della cultura fu una costante nel periodo ducale; però il nuovo attacco dei Longobardi nel 1027, costrinse alla fuga il duca Sergio IV.
Nel 1077 vi fu la comparsa sulla scena dei Normanni: essi avevano già conquistato Salerno, e solo Napoli resistette e riuscì a rimanere indipendente.
Nel 1130 Ruggiero II fu incoronato re a Palermo; nel 1134, a capo di una potente flotta, strinse d'assedio la città, conquistandola. Successivamente il popolo napoletano tentò di costituire una repubblica, con l'aiuto del papa Innocenzo II, ma quando, nel 1139, i normanni sconfissero il papa, anche Napoli dovette arrendersi a Ruggiero.
Il nuovo re fu molto generoso con la città conquistata: favorì i nobili e i cavalieri e diede un grande sviluppo alle arti e alla cultura, così come ai commerci.
Alla sua morte gli successe il figlio Guglielmo I detto il Malo, in quanto avaro, egli regnò dal 1154 al 1176. Durante il suo regno vi furono contrasti col papa, che si alleò con Federico Barbarossa.
Fu poi la volta di Guglielmo II, egli regnò dal 1176 al 1189, morendo, in giovane età, senza eredi maschi. Salì, così, al trono suo nipote Tancredi, che regnò dal 1190 al 1194.
Nel 1191 Enrico IV, figlio di Federico Barbarossa, cercò di impadronirsi del regno, non riuscendovi. Dopo la morte di Tancredi, salì al trono Guglielmo III, che nel 1195 dovette cedere il trono all'imperatore Enrico IV.
Quando, nel 1197, l'imperatore morì, gli successe il figlio Federico II. Quest'ultimo, però, potette entrare in città solo nel 1220. Federico II fu un uomo estremamente colto, che accolse alla sua corte letterati, poeti e artisti e fondò l'Università a Napoli.
Alla sua morte, nel 1250, gli successe il figlio Corrado, ma dopo appena quattro anni questi morì, lasciando come erede il figlioletto Corradino. Però Manfredi, figlio naturale di Federico II e reggente del regno in nome del fratellastro Corradino, si fece incoronare a Palermo re di Sicilia nel 1258. Egli fu grandemente contrastato dal papa Urbano IV, che avviò trattative per affidare a Carlo I d'Angiò la conquista del regno di Sicilia.
Il principe angioino, giunto in Italia, sconfisse Manfredi nel 1266 a Benevento. Egli scelse Napoli come sua capitale e protesse anch'egli letterati ed artisti.
Un anno dopo la sconfitta di Benevento, dalla Germania scese in Italia Corradino, per riappropriarsi del regno. Egli, però, venne sconfitto da Carlo d'Angiò a Tagliacozzo nel 1268 e fu fatto decapitare.
A Carlo I successe il figlio Carlo II, che regnò dal 1285 al 1309; fu, poi, la volta di Roberto detto il saggio, che regnò fino al 1343. Anche questo sovrano fu amante delle arti e delle lettere e raccolse una ricchissima biblioteca. Egli ebbe un solo figlio maschio, Carlo, il quale morì lasciando due figliolette.
Fu così che, alla morte di re Roberto, a questi successe sul trono, nel 1343, la nipote Giovanna. Essa fu coinvolta in una congiura di palazzo che nel 1345 costò la vita a suo marito Andrea, fratello del re d'Ungheria Luigi I il Grande. La congiura fu capeggiata da Luigi di Taranto, che, poco dopo, sposerà la vedova Giovanna, cercando, poi, di far fronte al re Luigi I d'Ungheria, che aveva, intanto, occupato il regno per vendicare la morte del fratello. Conclusa la guerra, la regina Giovanna rimase di nuovo vedova e sposò in terze nozze Giacomo III d'Aragona-Maiorca. Alla morte di questi sposò Ottone di Brunswick. Non avendo discendenti diretti, Giovanna designò erede Carlo di Durazzo, figlio di un cugino, per poi ripensarci e designare successivamente Luigi d'Angiò. Carlo di Durazzo nel 1381 si impadronì del regno, facendo eliminare la zia. Nel 1386, dopo essersi recato in Ungheria per farsi incoronare re, Carlo di Durazzo fu avvelenato.
A questo punto la vedova di Carlo, Margherita di Durazzo, dovette fronteggiare una situazione difficilissima: con Luigi d'Angiò che accampava diritti sul regno, essa cedette, nel 1393, il trono al figlio Ladislao, il quale, dopo alterne vicende, riuscì addirittura ad occupare Roma. Ciò, però, suscitò la preoccupazione di Firenze, che chiamò in aiuto Luigi II d'Angiò, che sconfisse Ladislao nel 1411. La lotta sarebbe continuata, ma nel 1414 Ladislao moriva.
Gli succedeva, così, la sorella Giovanna II che, anch'essa senza eredi, prima adottò Alfonso V d'Aragona e, successivamente, nominò suo successore Renato d'Angiò. Alla morte della regina quest'ultimo fu proclamato successore.
Alfonso d'Aragona, però, non aveva rinunciato alle pretese sul regno e assediò Napoli, penetrandovi, infine, nel 1442. Fu l'avvento della nuova dinastia aragonese. Egli fece il suo ingresso trionfale in città nel 1443, e si dimostrò da subito amante delle arti, dei letterati e mecenate. Egli favorì lo sviluppo di una accademia umanistica che, in suo onore, fu detta Alfonsina e, successivamente, Pontaniana.
Alla morte di Alfonso, nel 1458, gli successe il figlio illegittimo, poi legittimato da papa Callisto III, Ferdinando I o anche Ferrante. Egli fu inflessibile nei confronti del potere della nobiltà, che cercò in tutti i modi di combattere. Soffocò nel sangue, nel 1485, la cosiddetta Congiura dei Baroni, mandando a morte tutti i congiurati.
Nel 1494 a Ferrante successe Alfonso II, ma alla discesa in Italia delle truppe di Carlo VIII di Francia, egli abbandonò il regno, rinunciando al trono in favore del figlio Ferdinando II detto Ferrandino. Questi tentò di opporsi all'invasione francese, ma dovette fuggire. Riuscì a rientrare in città pochi mesi più tardi, ma, a meno di un anno da questo evento, morì senza eredi. Il regno passò a suo zio Federico, ma questi non poté nulla contro francesi e spagnoli che si contendevano le sorti del regno. Così, mentre Federico si consegnava nelle mani dei francesi, gli spagnoli, guidati dal generale Consalvo di Cordoba, entravano a Napoli: era l'inizio di due secoli di dominazione spagnola sulla città.
Il regno fu governato da viceré. Tra i tanti ricordiamo don Pedro Alvarez de Toledo, che promosse lo sviluppo urbanistico della città, con la creazione della grande strada che, ancora oggi, porta il suo nome. Così come il conte di Lemos don Ferrante Ruiz de Castro y Andrada, che fece edificare il Palazzo Reale.
Nel 1700, alla morte di Carlo II di Spagna, vi fu una lotta per la successione al trono tra Filippo V e l'imperatore Leopoldo d'Austria, alla fine fu instaurato a Napoli un viceregno austriaco, che durò dal 1707 al 1734.
Alla fine Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese decise di conquistare l'Italia meridionale e nel 1734 sconfisse gli austriaci, instaurando, nuovamente, un regno indipendente. Egli diede un notevole impulso alla vita del regno e della sua capitale. Fece realizzare la Reggia di Capodimonte e quella di Caserta, il Teatro San Carlo e l'Albergo dei Poveri, nonché la famosa Fabbrica di Porcellane di Capodimonte.
Alla morte, nel 1759, del fratellastro Ferdinando VI, re di Spagna, che non lasciò eredi, gli succedette sul trono.
Sul trono di Napoli salì il piccolo Ferdinando IV, che governò, data la giovane età, per mezzo di un consiglio di reggenza. Quando, nel 1798, attaccò i francesi, che avevano occupato Roma, questi occuparono Napoli, costringendolo a rifugiarsi in Sicilia.
Fu così proclamata la Repubblica Partenopea. Ben presto, però, venne a mancare l'appoggio della Francia, impegnata nella campagna d'Egitto con Napoleone. Gli inglesi sbarcarono a Napoli e fu una spietata repressione: furono giustiziati l'ammiraglio Caracciolo, Eleonora Pimentel Fonseca e tanti altri fautori della Repubblica.
Rientrato a Napoli, Ferdinando IV dovette, dopo poco, fuggire nuovamente in Sicilia. Napoleone, infatti, poneva sul trono del regno di Napoli, in un primo tempo, il fratello Giuseppe Bonaparte e, nel 1808, il cognato Gioacchino Murat. Solo dopo il Congresso di Vienna Ferdinando IV, che dal 1816 diventava Ferdinando I dello stato che assumeva la nuova denominazione di Regno delle Due Sicilie, poteva rientrare a Napoli.
Francesco I, figlio di Ferdinando I, divenne re nel 1820, a lui successe, nel 1830, il figlio Ferdinando II, che, dopo aver promosso un certo rinnovamento del regno, subì una svolta reazionaria. Gli anni del suo regno videro moti e repressione e prepararono la fine dello stato borbonico. Infatti, alla sua morte, nel 1859, gli successe il figlio Francesco II, che, nel 1860, davanti all'avanzata dei garibaldini, pur di evitare sofferenze alla sua tanto amata capitale, rinunciò alla resistenza e abbandonò Napoli.
Il 7 settembre 1860 Garibaldi entrava a Napoli, i plebisciti del 21 e 22 ottobre 1860 stabilivano l'unione di Napoli e della Sicilia all'Italia.

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