a 345 m. di altitudine, con il castello e la Rotonda Antonelliana
Castellamonte è una cittadina del Canavese, nota per la produzione di ceramiche artigianali; la sua altitudine è di 345 metri e dista da Torino, suo capoluogo di Provincia, all’incirca km. 38. Questo comune ha una densità di quasi 9.000 abitanti, distribuiti fra il capoluogo e le sue otto frazioni. Buona parte del territorio si adagia sulle colline e dalla cima del colle ove sorgono le rovine del Castello dei Conti S. Martino, si gode di una splendida vista che abbraccia i monti della Valle Orco e Soana, i colli e la pianura. Dal 1996 la città di Castellamonte è ufficialmente gemellata con la cittadina francese di Saint Arnad En Puisaye per il loro comune interesse verso la ceramica. L’origine di Castellamonte risale al tempo dei Salassi, una popolazione celto-ligure dedita all’agricoltura, all’allevamento e alla lavorazione dei metalli. Nel 25 a.C., dopo più di un secolo di lotte, questa civiltà fu distrutta dai Romani che estesero la propria egemonia su tutto il Canavese. Testimonianze della dominazione romana sono i ritrovamenti archeologici di lapidi ed urne, oltre al nome stesso della città che deriva da “Castrum ad Montem” oppure “Castrum Montis” rispettivamente “Castello presso il Monte” e “Castello del Monte”. Le tormentate vicende medioevali hanno visto l’antico castello più volte distrutto e riedificato. Nel 1351, ad esempio, quando ormai era sotto il controllo dei Savoia, fu devastato dalla Compagnia di Ventura del Marchese del Monferrato. Una seconda distruzione si verificò verso la fine del XIV secolo, quando la popolazione, stremata dalle grandi carestie e dalla guerra, tra i S. Martino e i Valperga, insorse dando vita al movimento del “Turchinaggio” e scagliandosi contro il potere feudale. Ultime poi, in ordine del tempo, furono le invasioni francesi e spagnole, che nuovamente misero il Castello in rovina.
Chiesa di San Rocco La chiesa di San Rocco si trova all’estremità occidentale della città. É raggiungibile con l’auto della circonvallazione ovest che, partendo dal semaforo, davanti all’ospedale porta verso Castellnuovo Nigra, oppure percorrendo Via M. d’Azeglio con un eventuale ritorno per Via Torrazza. Parcheggio per le auto a pochi metri dalla chiesa. Per secoli il rione San Rocco fu sede tradizionale di botteghe artigianali e di fabbriche di ceramica. Via M. d’Azeglio conserva diverse preziose testimonianze di questa antichissima attività castellamontese. Al numero 111 (ovvero al grande numero 21 in ceramica smaltata bianca della precedente numerazione), si trovava fino ad una trentina di anni fa la sede della più importante fabbrica dell’800, di Giacomo Buscaglione, che seppe diffondere in tutta l’Italia la fama delle terrecotte e delle ceramiche locali, con la produzione di un’infinità di manufatti per l’edilizia, per il riscaldamento, per l’industria e per la decorazione artistica. Molto pregevoli i grandi finestroni di ceramica smaltata, all’ultimo piano e, sul tetto poco visibili e corniglioli. Proseguendo il percorso, al n. 174 sulla facciata della casa Allaira ( una delle più antiche dinastie di ceramisti locali che hanno trasformato la loro abitazione in uno splendido museo della ceramica) un altorilievo in terracotta con una Madonna dal disegno molto nitido, risalente al 1707. Poco più oltre, sul lato opposto un’altra grande composizione in terracotta con Madonna e Santi, datata 1633 della fabbrica Reasso. Qui vi era fin verso il 1770 la precedente cappella dedicata a S. Rocco, mentre alla fine della via si erge la chiesa edificata nel 1777 da un ignoto architetto, in forme barocche molto eleganti e pulite. La facciata ostenta balaustre, capitelli, finestroni e grandi vasi figurati in rossa terracotta, preziosi esempi dell’abilità degli artigiani locali. L’interno, recentemente restaurato, è semplice e luminoso e conserva un bel pulpito in legno scolpito, con la data del 1673, proveniente da un’altra cappella (S. Francesco) oggi adibita a Caserma dei carabinieri. Nella sacrestia vi sono alcuni manufatti originali, tolti dalla facciata. Poco prima della cappella, a destra, sorge un originale palazzetto in cotto, con decorazioni in ceramica, con una curiosa commistione di elementi gotici e moreschi. Fu costruito sulla fine dell’800 da un diplomatico locale che aveva soggiornato in Oriente. Verso il centro, percorrendo la silenziosa e suggestiva Via Torrazza, ( a sinistra per chi torna da S. Rocco, a poco più di 100 metri). Al n. 9 un’interessante casetta in cotto, con alcuni singolari comignoli di varia fattura. Al termine, proprio sopra la piazza con il monumento ai caduti, i palazzi nobiliari dei Conti Cognengo, architetti ducali, e poi dei S. Martino (1600) e dei Botton (1700). Questo edificio è stato per oltre un secolo sede municipale ed è ora destinato alla raccolta civica delle terrecotte (al momento chiusa per lavori di ristrutturazione).
Il castello (sec. XIV - XIX) Si può raggiungere a piedi in circa 10/15 minuti percorrendo la caratteristica via Conti di S. Martino, selciata a ciottoli e fiancheggiata da antichi palazzi nobiliari, oppure in auto ( ma ci sono difficoltà di parcheggio) per la strada che porta a Castelnuovo Nigra. Al n. 8 è ubicato il seicentesco palazzo dei Conti Carlo e Amedeo, architetti ducali di Carlo Emanuele I e di Vittorio Amedeo II, poi proprietà dei San Martino di Sale. Di fronte, a destra il palazzo dei Conti Botton, fino a pochi anni fa sede del Municipio. Dopo i restauri, attualmente in corso, ospiterà degnamente il Museo della Ceramica. Ancora più avanti, al numero 28, il palazzo già dei Conti Graziano. Proseguendo verso il castello si gode una splendida veduta sui monti della Val Sacra, sul rione S. Rocco e su tutto l’alto Canavese. Il castello è preceduto da due imponenti porte in pietra, unici resti del primitivo edificio medioevale, in gran parte distrutto nella rivolta popolare dei Tuchini (1380-1393). L’intero complesso fu poi rimaneggiato dai vari proprietari in particolare dai Conti Carlo e Amedeo Cognengo, nella prima metà del ‘600. Ad essi viene attribuita la chiesetta vicino al piazzale. Verso la fine dell’800, su progetto all’architetto Formento, autore della chiesa parrocchiale, fu aggiunta la parte orientale in mattoni rossi, con merlatura ghibellina, seguendo la moda medioevaleggiante del tempo. Nella parte più antica, verso nord, sopra la porta d’ingresso, recentemente restaurata con molta cura, sono venuti alla luce interessanti affreschi dei secoli XV e XVI. Dal piazzale antistante, cinto da una bella balaustra in terracotta, si gode uno dei più bei panorami sul Canavese. L’occhio spazia dai lontani Appennini liguri-piemontesi, oltre le colline di Torino, al Monviso, ai monti della Val di Susa e di Lanzo, sino alle propaggini del Gran Paradiso con la piramidale vetta del Monte Colombo, mentre alle spalle si ergono maestose e protettrici le cime dei monti Quinzeina e Verzel. Scendendo verso le città, dopo il primo palazzo a sinistra, si può deviare nella suggestiva via Meuta, racchiusa tra mura e rientrare in centro, ammirando il bel pannello di piastrelle in terracotta, modellate dai bimbi delle scuole canavesane e, poco dopo, nella piazzetta, sul lato est il palazzettocentesco, le decorazioni in terracotta del ceramista Angelo Barengo e, sul cornicione superiore due belle statue di Renzo Igne. Rotonda Antonelliana La centrale piazza Martiri della Libertà, cuore della città, è caratterizzata dal solitario campanile romanico del secolo XI, unico resto della primitiva chiesa parrocchiale, demolita nel 1842. La parte superiore del campanile fu aggiunta nel 1762. Al di là del campanile si apre l’imponente e suggestiva cerchia muraria detta “Rotonda Antonelliana”: è quanto rimane di un colossale tempio, progettato dal famoso architetto novarese Alessandro Antonelli (l’autore della Mole di Torino e della cupola del Duomo di Novara). La Rotonda misura 60 metri di diametro e avrebbe dovuto essere sormontata da una massiccia cupola più grande del Pantheon romano. I lavori, iniziati nel 1844, furono interrotti dopo pochi anni per mancanza di fondi. Nella nicchia sul lato sinistro delle mura è da ammirare la maestosa statua. Sull’area destinata dall’Antonelli al coro, fu edificata nel 1875, su progetto dell’architetto Formento, l’attuale chiesa parrocchiale, in stile neo romanico. All’interno, nel bel battistero, è stato allestito un piccolo museo che, oltre ad arredi sacri del ‘600 e del ‘700, conserva una tela, della scuola del Tintoretto ed una bella “pigna” fiorita di ceramica smaltata del ‘700. Da ammirare la vetrata retrostante dello scultore Leo Ravazzi. Da notare sono la via Crucis ottocentesca e nelle cappelle del transeto le ceramiche degli artisti locali Alfeo Ciolli, Renzo Igne e Angelo Pasterla. Sul lato opposto della piazza il Palazzo del Municipio, ristrutturato nel secolo scorso su progetto dell’Antonelli. Davanti il bellissimo arco in terracotta dello scultore Arnaldo Pomodoro. Poche decine di metri più a nord, dopo un breve tratto di portici seicenteschi, si apre la piazza Vittorio Veneto, con il monumento ai caduti dello scultore Monti, dominato dal settecentesco palazzo dei Conti Botton, già sede municipale, mentre di scorcio, si possono ammirare le linee classiche del seicentesco palazzo degli architetti ducali Carlo ed Amedeo Cognengo poi dei San Martino di Sale.
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