Museo Baracca, Paviglione, collegiata di S. Francesco, Annichini, Sorboli, Festa di S. Michele, Sugal, Centro Etnografico delle Erbe Palustri, ceramica
Dai lidi, dirigendosi verso la bassa pianura ravennte, si incontra la località di Lugo, il cui centro storico conserva un tessuto urbano e architettonico molto interessante, quindi da visitare. Nella piazza centrale possiamo ammirare la rocca, oggi sede dell’amministrazione comunale, il cui impianto attuale rispecchia la ristrutturazione operata nel 1568-70. All’ingresso un busto di Andrea Costa (1913), ed oltre il portone il Museo Baracca che raccoglie cimeli dell’aviatore lughese. Molto belli sono il giardino pensile, coltivato sui bastioni della rocca, e la sala del primo piano in cui si trovano varie opere scultoree di rilevante valore. Di fronte alla rocca ecco il Paviglione, ideato dal ferrarese Giuseppe Campana; si tratta di un grande quadriportico che recinge piazza Mazzini e che ricevette la struttura attuale nel 1783 per ospitare il mercato dei bozzoli dei bachi da seta, funzione che ancora oggi le è attribuita. Sul retro del Paviglione si apre piazza Trisi, chiusa su un lato dall’omonimo palazzo che ospita al suo interno la Biblioteca civica e l’Archivio storico Comunale. Sempre sulla piazza si prospetta anche il lato sinistro della chiesa del Carmine che ospita all’interno sei rappresentazioni pittoriche e due organi di notevole valore. Poco distante, la collegiata di S. Francesco, di origine medioevale, conserva resti romanici visibili specie sul fianco destro, mentre se ci dirigiamo verso corso Garibaldi, si incontra la chiesa di S. Francesco da Paola in stile neogotico, dove vi sono interessanti opere scultoree e dipinti che abbelliscono le 3 navate in cui è suddivisa. Altra tappa obbligata è la sosta al Parco del Loto di Lugo, che evoca uno straordinario paesaggio d’oriente con la distesa infinita delle foglie della celebre pianta acquatica. Uscendo da Lugo, prendendo la statale S.Vitale, in direzione di Ravenna, oltrepassando gli argini del Senio sul ponte della Chiusa e procedendo per alcuni chilometri, si incontra Bagnacavallo il cui centro storico ben conservato è di origine medioevale e con un tracciato di mura che cingeva la città ancora leggibile. Il nome deriva forse da una sorgente terapeutica che, secondo la leggenda, guarì il cavallo dell’imperatore Tiberio. La visita può partire da piazza Libertà, profondamente modificata tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, su cui si affacciano la Torre dell’Orologio, il Palazzo Vecchio (prima sede comunale), il Municipio, a pianta rettangolare con un alto porticato, ed il Teatro Goldoni inaugurato nel 1845. Di fronte al Municipio si apre via Mazzini con i palazzi barocchi Annichini e Sorboli. Sulla sinistra la collegiata di S. Michele Arcangelo, ristrutturata nella seconda metà del XV sec. con influenze bramantesche e ritoccata ancora dopo il terremoto del 1688; della struttura originaria quattrocentesca conserva solo l’abside poligonale con le finestre, decorazioni in cotto e alcuni dipinti. Seguendo via Cesare Battisti, si può visitare anche quella che un tempo fu un mercato coperto, ovvero piazza Nuova, che oggi ospita botteghe e spettacoli all’aperto. Se invece si continua per via Mazzini e poi per via Ramenghi, eccoci alla neoclassica chiesa di S. Francesco affiancata dall’imponente convento seicentesco. All’interno, nelle varie cappelle, sono custoditi un crocefisso su tavola di scuola riminese del XIV sec., la lastra tombale di Tiberio Brandolini del XV sec., una raffigurazione fiammingheggiante della Beata Vergine di Gerusalemme, nonchè varie sculture e reperti trecenteschi di grande valore. Ritornati in piazza Libertà, si può ripiegare per via Garibaldi per visitare la chiesa del Suffragio e quella di S. Giovanni; quest’ultima, di fondazione camaldolese riedificata nel XVII sec. con l’annesso convento, è famosa per aver ospitato un soggiorno del poeta Byron. Al n. 1 di via Vittorio Veneto ha sede il Centro Culturale Polivalente che comprende la pinacoteca, la biblioteca, la sezione naturalistica, etnografica, archeologica, d’arte moderna e grafica. Si richiama l’attenzione sui 39.000 volumi custoditi nella biblioteca, così come l’alto valore artistico dei dipinti esposti nella pinacoteca (da vedere pietà e Santi di Andrea Lilio o l’Adorazione dei Magi di pittore romagnolo). Da ricordare che dal 25 al 29 settembre, lungo le viuzze del centro storico, si svolge la Festa di S. Michele durante la quale vi è la possibilità di visitare palazzi, chiese e cortili nascosti, con visite guidate; concerti, danze, mostre, spettacoli e mercatini animano il tutto. I forni e le pasticcerie offrono preparazioni tradizionali come il Sugal dolce di mosto, il Migliaccio con sangue di maiale, il Savor con mele e pere cotogne e tant’altro ancora. A pochi km. da Bagnacavallo, visita al Podere Pantaleone, oasi naturalistica di circa 6 ettari, compresa nella riserva di Alfonsine; a Villanova di Bagnacavallo, si trova il Centro Etnografico delle Erbe Palustri, che si prefigge di portare l’attenzione del turista sulle attività artigianali con cui un tempo i contadini fabbricavano scarpe, cappelli o suppellettili domestiche. Inoltre il centro espone le cinque erbe primarie delle vicine valli: canna, stiancia, carice, giunco e giunco pungente. A questo tema è dedicato un appuntamento che si svolge ogni anno, dall’11 al 14 settembre, denominato Sagra delle erbe pungenti. Si lascia Bagnacavallo, in direzione di Faenza, per Cotignola, grosso borgo agricolo quasi completamente distrutto dallo stazionamento del fronte del dicembre 1944 e ricostruito rispettando il regolare impianto medioevale. Nella piazza principale si trova il Municipio e la Parrocchiale, la quale custodisce interessanti dipinti e sculture. L’attuale sede della biblioteca è invece il Palazzo Sforzesco, ricostruito nel 1961 sulla base dell’originario impianto trecentesco; lungo la stessa si può ammirare anche la torre di Giovanni Acuto, il simbolo della cittadina, riedificata nel dopoguerra. Sulla S.S. 302 Brisighellese Ravennate, la località di Russi, rappresenta un importante centro agricolo noto per aver restituito il più significativo esempio in ambito regionale di villa romana. Nella piazza principale la chiesa di Sant’Apollinare con all’interno stucchi, dipinti ed affreschi pregevoli. Dalla stessa piazza si osservano i resti della rocca, la chiesa di S. Maria dei Servi e l’ottocentesca pescheria trasformata in mercato comunale. Allontanandosi di appena un chilometro dall’abitato, superata la ferrovia, si segue via Fiumazzo e si arriva agli scavi della villa romana di età augustea, completamente ristrutturata all’inizio del II sec.. La villa è composta da un nucleo principale, rettangolare, circondato da portici con colonne in mattoni; l’ingresso era posto a sud. All’interno due cortili porticati attorno ai quali si articolavano, a nord, il settore residenziale abitato dal padrone e, a sud, la zona più vasta, ovvero quella adibita alle attività produttive; la prima era composta dalla stanza di soggiorno attorniata da stanzette circostanti destinate ad usi diversi, mentre a ovest vi era il quartiere notturno; la sala da pranzo era pavimentata a mosaico ed un’altra piccola area era probabilmente destinata al fattore della tenuta. La zona rustica, invece, comprendeva una cucina, depositi per i prodotti agricoli, vasche ed ambienti per il vino nonchè una zona termale. Ricordiamo che nel 1966 la villa è stata soggetta ad un totale allagamento che, purtroppo, ne ha in parte compromesso le strutture. Tutto intorno alla villa si estende l’area di riequilibrio ecologico villa romana di Russi che comprende sostanzialmente l’area della vecchia cava d’argilla della fornace Gattelli a cui si sono poi aggiunti altri terreni. Questa oasi fa parte, insieme ad altre naturali o di origine artificiale, del circuito regionale delle aree di riequilibrio ecologico che mirano a salvaguardare una serie di micro ambienti e riproporre la diversificazione naturale. Si va da zone in perenne contatto con l’acqua ad altre in cui il contatto avviene solo in certi periodi dell’anno, per passare alle zone boschive. Tra i rari esemplari che si possono osservare ricordiamo la canuccia o le ninfee negli stagni o anche le orchidee spontanee nel prato umido, mentre per quanto riguarda gli uccelli, qui possiamo trovare la gallinella d’acqua, il tufetto, il pendolino ed il germano reale. Oggi la gestione dell’area è stata affidata dal Comune di Russi a Legambiente ed al WWF. Sempre nel territorio di Russi, in prossimità dell’argine destro del fiume Lamone e a circa 2 km. dal centro abitato, sorge palazzo S. Giacomo, costruito per volontà del conte Guido Carlo e del vescovo Rasponi nella seconda metà del XVII sec. probabilmente sui resti di una chiesa e di un castello di epoche precedenti. Qui la famiglia Rasponi soleva trascorrere le vacanze estive con tutti gli agi di città. Nella chiesa attigua (XVIII sec.) vi sono conservati i resti del cav. Rasponi e della moglie Guerrieri Gonzaga. Le sale al pianterreno sono ornate da semplici decorazioni, mentre ai piani nobili troviamo grandi caminiere in stucco, pitture sei-settecentesche raffiguranti scene allegoriche, i segni zodiacali o i giorni della settimana. Ancora poco distante da Russi (a circa 4 km.), la pieve di S. Pancrazio che l’unico documento esistente la fa risalire al 963 d.C.. Una breve visita spetta anche a Godo dove, dopo la ferrovia, si leva la pieve di S. Stefano, chiesa precedente al 963 ma ricostruita in seguito all’ultima guerra. La facciata principale è comunque rimasta quella originale ornata di lesene che racchiudono 6 finestrelle e la navata centrale, con pilastri rostrati e colonne di pietra. Una particolarità della pieve originale era l’irregolarità dei muri disposti a trapezio invece che a rettangolo; purtroppo questi muri furono in seguito abbattuti per ripristinare una forma più regolare probabilmente molto lontana dalle intenzioni dei primi architetti.
A Faenza Celebre in tutto il mondo per l’arte della ceramica, Faenza è ricca di monumenti e opere d’arte. Prendiamo come punto di partenza le due piazze della Libertà e del Popolo divise dalla via Emilia che in questo tratto urbano prende il nome di via Mazzini, verso Bologna, e via Saffi verso Forlì. A loro volta corso Garibaldi e corso Matteotti partono da queste due vie principali. La Cattedrale domina tutta piazza Libertà con la sua poderosa mole e in tutto il suo stile che denota l’influenza rinascimentale toscana a Faenza. In origine la facciata avrebbe dovuto essere rivestita per intero da marmo, ma in realtà venne compiuto solo il paramento di mattoni dentati, mentre la struttura interna è a tre navate spartita da lesene e vi si aprono 3 portali, finestre centinate e oculi. Da notare la presenza di pilastri alternati alle colonne, cappelle che si aprono lungo le navate minori e la sostituzione della copertura piana con volte a vela. Soffermandosi per un attimo lungo la prima cappella della navata di destra, si può osservare il bassorilievo dell’Annunciazione, il sarcofago del vescovo Zanelli (1454), probabilmente di autore toscano, la Madonna con Bambino e Santi (1526) e il bel coro ligneo posto nel presbiterio. Gli stucchi barocchi e i dipinti della cappella di S. Savino sono del Fenzoni, mentre è del Maiani la splendida arca di S. Savino, posta dietro l’altare, sul cui basamento possiamo leggere sei bassorilievi rappresentanti episodi della vita del santo. Anche lungo la navata sinistra da notare, nell’ottava cappella, l’arca di S. Emiliano (1468), ornata di eleganti bassorilievi, i grandi ovali coi dottori della chiesa, nella quinta, altri 2 dipinti del Fenzoni allusivi alla peste di Milano, nella terza, ed infine il grandioso fonte battesimale nella prima cappella. Passando attraverso la sagrestia ci ritroviamo nell’Oratorio dei Battuti Bianchi, con affreschi di scuola faentina della fine del ‘600 e, rivolgendosi al sagrestano, è possibile ammirare una notevole collezione d’argenti, un reliquiario di S. Savino, codici pergamenacei di scuola ferrarese e fiorentina ed altri piccoli ma importanti tesori. Se poi nell’uscire si costeggia il fianco destro della basilica, lungo via Barilotti, si giunge in piazza XI Febbraio, dove un porticato collega il Duomo al Vescovado (aperto martedì, giovedì e sabato dalle 9.30 alle 12.30) che oggi conserva ben poco della primitiva costruzione medioevale; al suo interno una piccola Pinacoteca con opere di Bertucci il giovane, Benedetto Coda, Cignani. Ritornando in piazza Libertà, sull’angolo con corso Garibaldi, si trova palazzo Laderchi, realizzato sul finire del ‘700 da un progetto del Tadolini con affreschi di Amore e Psiche nella volta del Salone delle Feste, mentre al piano nobile ha sede la Società Torricelliana di Scienze, Lettere ed Arti che conserva materiale del fisico e matematico faentino. Proprio di fronte alla cattedrale, il portico dei Signori o degli Orefici del ‘600, con ristrutturazioni postume del Casanova e la barocca fontana di Piazza,poco distante, ideata da Domenico Paganelli. Sua è anche la torre dell’Orologio, all’imbocco di corso Saffi, in cui è custodita in una nicchia la statua marmorea di Francesco Scala raffigurante la Madonna col Bambino. Di fianco alla torre ecco il palazzo Comunale a cui, al nucleo primitivo, grazie a diversi interventi ristrutturativi, vennero aggiunti diversi ampliamenti. La sala dell’Arengo, al primo piano, si apre con pentafore, trifore e monofore ed oggi è spesso sede di manifestazioni culturali. Sull’altro lato della piazza del Popolo ecco il palazzo del Municipio di cui ricordiamo l’ampia antisala con soffitto a cassettoni policromo e la sala del Consiglio che risale alla primitiva costruzione duecentesca. Imboccando corso Mazzini, si passa in rassegna la casa di Giuseppe Pistocchi, il mosaico geometrico esposto in una vetrina del Credito Romagnolo, palazzo Zanelli, in stile tardobarocco, e palazzo Conti in cui è possibile ammirare, al piano nobile, decorazioni del Giani. Resti di cicli pittorici di quest’autore ancora all’interno di palazzo Gessi mentre uno stemma sugli architravi dei portali dell’atrio di palazzo Caldesi attestano l’antica appartenenza di tale palazzo alla famiglia Laderchi. Sul lato opposto della strada la chiesa del Pio Suffragio del ‘600 con portale ligneo finemente intagliato. Andiamo poco oltre per visitare casa Morri con raffinati stucchi e bassorilievi nei soprafinestre, nei riquadri e cornici, mentre se oltrepassiamo l’incrocio tra via Cavour e corso Beccarini, si incontra la severa mole di palazzo Mazzolani (del XVII sec.). Di fianco, piazza due Giugno con ciò che resta (solo gli attergati) dei due palazzi Rossi e l’attigua piazza S. Domenico con l’omonima chiesa, il cui basamento originale medioevale fu completamente demolito e poi ricostruito nel ‘700 e nelle cui nicchie ammiriamo le statue dei santi. L’interno è a una navata con 4 altari ricchi di marmi. Palazzo Strozzi (1600) sorge invece all’angolo tra via Beccarini e via Campidori ed è sede dell’Istituto statale di Arte per la Ceramica Gaetano Ballardini, mentre proprio sul lato opposto non mancherà una visita al Museo Internazionale delle Ceramiche che, offrendo una campionatura di quanto è stato prodotto dall’antichità ai giorni nostri, può dirsi uno dei più importanti centri di documentazione e ricerca sulla ceramica esistenti al mondo. Usciti dal museo, prendendo via Campidori, si raggiunge l’incrocio con via Naviglio che sbocca poi in via XX settembre in cui ammiriamo palazzo Bertoni (1700) e palazzo Morri del ‘500 con un elegante scalone neoclassico adornato da tre statue del Graziani. Molto caratteristico è anche borgo Durbecco, che si trova oltre il ponte delle Grazie sul fiume Lamone, edificato in epoca medioevale ed in gran parte danneggiato dopo l’ultimo conflitto mondiale. Da visitare la chiesa della Commenda del XII sec. (ma che assunse la forma attuale solo nel Rinascimento dopo vari maneggi), affiancata dall’antica residenza dei cavalieri dell’ordine di Malta e di Gerusalemme. L’interno è a una navata con abside semicircolare e nel cui catino si osservano pregevoli affreschi di Girolamo da Treviso il Giovane ed altri frammenti di affreschi trecenteschi sulla volta. La porta di Chiavi segna l’antico limite del borgo. Dopo la visita al borgo, riprendendo via Manfredi e superata piazza Martiri della Libertà, si incontra il massiccio fabbricato delle case Manfredi che conserva elementi architettonici del XIV e XV sec., mentre sul lato opposto il complesso delle case Ragnoli di origine quattrocentesca. Se prendiamo invece la via che corre parallela a via Torricella, ovvero via Severoli ci troviamo di fronte ad un nucleo di costruzioni ottocentesche tra cui casa Valenti o palazzo Pasolini dall’onda. Il palazzo dei Gesuiti ospita oggi la Pinacoteca comunale con una raccolta iniziata nel 1805 e qui sistemata nel 1877. Proseguendo lungo via S. Maria dell’Angelo incontriamo, sulla destra, la chiesa di S.Maria Nuova di cui possiamo notare la facciata che è rimasta incompiuta, mentre all’interno il marmoreo altare maggiore e la Madonna col Bambino nella prima cappella a sinistra. Attraversata via Cavour e via Pascoli, ammiriamo il bellissimo campanile del IX sec. di S. Maria Vecchia che, aperto da monofore e bifore, rappresenta il più importante monumento altomedioevale di Faenza con una struttura ottagonale e scala a chiocciola interna unica. In uno slargo di via Toducci, la chiesa di Sant’Antonio da Padova racchiusa in strutture di origine quattrocentesche, ma con varie ristrutturazioni che nel corso dei secoli ne hanno cambiato l’aspetto originale. Questa via sbocca poi in via Castellani, dirigendosi per via Scaletta, si può osservare la chiesetta di S. Bartolomeo, oggi Tempio votivo ai Caduti, che conserva un abside ed un campanile del 1200. Da qui ripieghiamo di nuovo in corso Matteotti che termina all’altezza del circuito delle mura ove esisteva la distrutta porta Montanara che delimitava uno dei confini della città.
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