breve storia del canto popolare della Valle d'Aosta
Le origini del canto popolare nella Valle d'Aosta possono essere fatte risalire al tempo dei Salassi, canti propiziatori alle divinità, di guerra e di amore, che affermano l'indipendenza dai conquistatori Romani che ebbero grosse difficoltà a sottometterli all'aquila imperiale. I Romani, a loro volta, apportarono il loro contributo canoro ai sentimenti primitivi delle popolazioni autoctone. Più tardi i “troubadours”, cantori ambulanti del Medio Evo, in visita ai numerosi castelli nella Valle, apportarono i resoconti frammentari e leggendari delle imprese dei Paladini. La gente, affascinata da quei racconti cantati ed eseguiti su semplice linea melodica, con accompagnamento d'uno strumento a corda, accorreva nei castelli per ascoltare con “golosità” il racconto cantato delle imprese dei loro eroi. Alla monodia originale si aggiunse presto l'accompagnamento eseguito dall'assemblea popolare che ripeteva il ritornello più facile da ritenere a mente. Le occasioni non mancavano per queste esecuzioni di canti popolari: le feste nei villaggi, in cappella prima e poi nelle case dove si riunivano le famiglie con parenti e amici, la festa di addio al celibato, le fiere locali, la festa delle nozze, le giornate dei “coscritti”, i momenti della “desarpa”..... tutte le occasioni erano buone per terminare la giornata con qualche canto. Il soggetto dei testi musicali era molto vario: dagli inni alla montagna agli episodi della vita ordinaria erano trattati con umorismo popolare, ai canti di guerra dell'epopea napoleonica e della guerra del 1915-18, ai canti d'amore, sovente disperato o per lo meno tormentato, ai canti riportanti i sentimenti degli emigrati in terra straniera, ai canti di protesta importati dagli emigrati in terra di Francia. L'esecuzione delle novità musicali avveniva senza accompagnamento di strumenti musicali, ad eccezione a volte del “frustapot” o armonica a bocca. Non si concepisce il canto come sola melodia: grazie a un buon orecchio musicale istintivo, il canto era eseguito sempre ad almeno due voci, a tal punto che i vecchi cantori in chiesa accompagnavano in sordina, con la seconda voce, i canti liturgici stessi che il sacerdote eseguiva all'altare nelle funzioni religiose. Gli anziani ricordano ancora, con rimpianto, l'esecuzione dei famosi “fauxbourdons” nelle grandi solennità, occasione per i cantori della chiesa di far sentire le loro voci più potenti. L'ambiente per l'esecuzione dei cori poteva essere lo “pillo”, la stalla o, in mancanza d'altro la cantina. Per la buona riuscita dell'esecuzione canora non doveva mancare la “grolla” di buon vino, che passava da una mano all'altra in senso orario, con l'augurio “porto”, equivalente al “prosit” o “ben ti faccia”. I canti erano trascritti a mano su quaderni appositi, canti sacri e profani, e passavano da una famiglia all'altra. Le prime pubblicazioni furono sparse qua e là nelle raccolte del “Ramoneur”. Concorsi regionali di canto popolare vengono organizzati per la prima volta nel 1948 a cura del Professor Amato Berthet, allora assessore regionale alla Pubblica Istruzione, sotto forma di veri concorsi partecipati da oltre 800 coristi, provenienti da tutta la Valle. La prima pubblicazione ufficiale di canti fu il “Chansonnier de la Ligue”, edito nel 1912; nel 1932 viene dato alla luce un nuovo chansonnier ricco di 70 melodie antiche.
|