Fegato etrusco

Fegato etrusco

conservato nel Museo Civico di Piacenza

In posizione appartata, nel torrione sud occidentale, è allestito il fegato estrusco, modello in bronzo di un fegato ovino, rinvenuto nel 1877 a Ciavernasco di Settima (Gossolengo). E’ un documento unico della dottrina religiosa estrusca, la cui funzione è connessa all’epatoscopia (interpretazione del volere divino mediante l’osservazione del fegato di un animale sacrificato).
La faccia piana, con tre protuberanze che riproducono elementi anatomici, è suddivisa in 38 caselle con iscritti nomi di divinità in lingua estrusca. Il nastro perimetrale di 16 caselle riproduce i settori del cielo, orientati secondo gli assi cardinali e raggruppati in quattro sezioni, riferite ai diversi livelli del cosmo: cielo, acqua, terra, inferi.

Seguendo l’orientazione a sud peculiare della religione etrusca, la parte sinistra del cielo (corrisponde a quella destra dell’oggetto) era occupata da divinità favorevoli, quella destra invece era considerata ostile.
Sull’altra faccia, convessa, è resa a rilevo la nervatura: ai suoi lati compaiono, con chiaro riferimento astronomico, i nomi del sole (Usil) e della luna (Tivr).La cronologia tarda del Fegato che si ritiene realizzato in Etruria settentrionale tra la fine del II e I secolo a.C. ne spiega la complessa stratificazione: vi si colgono l’evoluzione della dottrina religiosa e scientifica etrusca, influssi delle concezioni filosofiche e astrologiche greche e richiami all’epatoscopia babilonese-caldea, cui rimanda la presenza di due segni arcuati incisi nella parte sinistra della faccia principale, il manzânu (presenza) e padânu (sentiero), considerati indispensabili per l’ispezione delle viscere.

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