Aielli: la storia nei dettagli

Aielli: la storia nei dettagli

itinerari nel centro Italia

Il periodo antico

La presenza umana nell’area, allo stato attuale delle nostre conoscenze, è documentata a partire dall’età del bronzo (3.500 anni fa) con l’insediamento della località “Reniccia” sotto Monte Secine (Irti 1991, 82), poi da quello protovillanoviano (3000 anni fa) perilacustre delle “Cave di Ghiaia” sul terrazzo che fiancheggia il Rio di Aielli a quota 668 (Irti 1987, 284); successivamente altre tracce di un abitato della prima età del ferro (2900-2800 anni fa) sono documentate nelle vicinanze del Cimitero. Pur tuttavia la presenza umana nell’area va fatta risalire al paleolitico data la presenza di cacciatori neandertaliani nel Fucino intorno ai 150.000/70.000 anni fa, cacciatori provenienti dalle coste adriatiche e tirreniche che nella buona stagione raggiungevano le zone di caccia alte della Marsica.

Nel corso della prima età del ferro (IX-VIII secolo a.C.) gli insediamenti aperti di pianura posti sulle rive del lago e quelli collinari vengono abbandonati dato l’aumento della conflittualità umana nell’area (nascita di “capi” e sviluppo della proprietà privata), conflittualità che porta alla nascita dei centri-fortificati italici, degli insediamenti d’altura racchiusi da cinte murarie composte da grossi blocchi di pietra calcarea locale, i cui resti sono riconoscibili sul Monte Secine e sull’altura detta “Castello” del centro storico di Aielli. Questi centri fortificati (ocres in lingua italica locale: oppida e castella in latino) erano delle piccole “cittadelle” locali ad economia polivalente con prevalenza dell’agricoltura ed in eterno conflitto fra loro, rette da un re (raki) contornato da principi guerrieri (nerf) (Grossi 1989, 200-201).
Ai nostri due centri-fortificati di Monte Secine e Aielli Alto si collegavano le necropoli di tombe a tumulo circolare della “Stazza grande” e quella più vasta delle località Musciano-Cantoni da cui provengono dischi-corazza di bronzo ed armi di ferro dell’ VIII-VI secolo a.C. (De Nino 1886, 85), necropoli inseribili nella locale “cultura fucense” parte della più grande unità culturale “safina” dell’Italia centrale appenninica: probabilmente da una di queste necropoli proviene la bellissima coppia di dischi-corazza di bronzo lavorata a sbalzo con raffigurazione di chimere funerarie ora nel Museo di Perugia, relativa ad una sepoltura principesca della fine del VII secolo a.C. (Colonna 1974, 195). Nel V secolo le popolazioni fucensi metteranno fine alle tante “cittadelle” monarchiche dell’età del ferro con la nascita di uno stato federale caratterizzato dal nomen dei Marsi. Ciascuno degli ocres federati del territorio aiellese, come gli altri dei Marsi, verranno a costituire una touta, una comunità italica locale retta dapprima da nerf (= principi guerrieri) e successivamente da meddices tudici, dei “magistrati pubblici supremi” eponimi che governeranno le repubbliche aristocratiche (toutas) incentrate sui centri di Caela (Monte Secine) ed Agellum (Aielli Alto).

Il conflitto fra i Marsi e Roma sul finire del IV secolo a.C. porterà il territorio di Aielli ad essere parte del confine settentrionale dello stato federale dei Marsi verso quello della nuova colonia romana di Alba Fucens: il territorio di Alba Fucense (Ager Albensis) terminava sulle Gole di Aielli-Celano e sulla strada che da Celano porta alla Stanga sulla riva fucense con le colline della Selva e il Rio di Aielli in territorio marso (Grossi 1998, 22). Con l’età repubblicana nel III secolo a.C., sotto o a contatto dei centri fortificati descritti, nascono i vici (villaggi) di Caelum e Agellum riconoscibili nella località “Cèle”, gradone collinare posto alla base del versante sud di Monte Secine e nell’interno della parte bassa del centro storico, il medievale burgo (Grossi 1985). Dei due villaggi abbiamo: a “Cèle” resti murari di terrazzamenti in opera poligonale, murature in opera incerta e mista, resti cosparsi di frammenti fittili, macine in trachite vulcanica e un ritrovamento di una statuetta di Ercole in bronzo (Lab.St. Di Pietro 1986, 32); da Aielli, dallo scavo del 1979 dell’attuale autorimessa comunale posta vicino Oratorio parrocchiale, due frammenti di dediche votive del II secolo a.C. che attestano l’esistenza nel villaggio di un santuario dedicato a Cerere (Cereri) ed altra divinità sconosciuta (Letta 1991, 392-395).
A questi vici facevano riferimento le fattorie agricole di “La Selvotta”, S. Giovanni, “S. Iro” e Romito con le loro murature in opera incerta, i terrazzamenti in opera poligonale ed i pavimenti di cocciopesto decorati da tessere in pietra (opus signinum), mentre una mirabile strada (“via Romana”) veniva ricavata, forse sul finire del III secolo a.C., sulle balze rocciose sommitali delle Gole di Aielli-Celano (fauces) sotto Monte Etra per unire i vici descritti con l’altopiano della Valle d’Arano: quindi una strada trasversale appenninica che collegava la via Valeria con la strada romana Alba Fucens-Aveia (Fossa - AQ), che transitava nell’Altopianiano delle Rocche (Lab.St. Di Pietro 1986, 31; Grossi 1998, 104). Con l’età augustea i villaggi di Caelum ed Agellum entrano a far parte del municipium marso di Marruvium, inserito nella IV Regione d’Italia (Sabina et Samnium) ed iscritto alla tribù Sergia, con sottostanti colline e piani cosparsi di fundi agricoli segnalati dai toponimi prediali, Hillara, Alafrano, Azzano, Molesiano, ecc. e da resti di ville e grandi monumenti funerari (“Morrone di Aielli”) contornanti la sottostante via consolare Valeria (Grossi 1985; 1998, 23). E’ proprio dal foro di Marruvium (l’attuale S. Benedetto dei Marsi) che viene una dedica del finire del II secolo d.C. di una probabile statua onoraria eretta dagli abitanti dei vici marruvini di Caela, Agellus, Urvinum ed Aprusculum ad Aurunculeia un patrona probabile moglie di un potente esponente della classe senatoriale romana legato al municipio marso (Letta-D’Amato 1975, n. 33; Letta 1988, 232).

Dallo studio delle iscrizioni votive e funerarie conosciamo i nomi delle famiglie marse che occupavano il territorio dal II secolo a.C. fino al III secolo d.C.: Acavii, Annii, Vimmii, Petulcii, Vettii, Divii, Farrufanii, Longeii e Duorvitii (Letta-D’Amato 1975, 4-12; Letta c.s): personaggio notevole di rango senatorio del territorio di Aielli è Vettio Scatone un giovane tribuno militare della legio IIII Macedonica morto trucidato a circa 25 anni nel 70 d.C. nel campo di Mogontiacum in Germania durante la rivolta legionaria di Giulio Civile ed il cui monumento funebre (cenotafio) fu eretto dalla madre Alfia Prima sul diverticolo viario che dalla Valeria portava a Marruvium, in località La Stanga (Letta 1990).
A partire dalla metà del I secolo a.C. e per tutta l’età giulio-claudia si sviluppano le grandi necropoli lungo il Rio di Aielli, sulla viabilità primaria (Via Valeria e circonfucense) e secondaria (di collina e di pianura) e sulle balze rocciose di Monte Secine con tipologie che andavano dalle semplici tombe fittili a cappuccina ed a fossa con copertura a lastroni (S. Giovanni, S. Iro, Romito, Alafrano, Castellano) a quelle a camera con copertura a volta (“Aielli Vecchio” e “S. Agostino”) ed alle monumentali tombe rupestri di “Cèle” e Rio di Aielli (Grossi 1985). A personaggi di notevole levatura economica e sociale risalgono le tombe a camera della fine del I secolo a.C. di S. Agostino rinvenute nel 1936 e che hanno restituito ben quattro letti funerari in avorio ed osso attualmente parzialmente esposti nel Museo archeologico nazionale d’Abruzzo di Chieti (Letta 1984, 96, 103; Faita 1989). Durante i lavori di realizzazione del tracciato della Ferrovia nel 1886 furono rinvenute numerose tombe di età imperiale romana nelle località “Margini”, sotto i “Cappuccini”, “Stazza grande” e “Stazzetta della clementina” (De Nino 1886, 85-86), tombe collegate ai tracciati viari delle centuriazione municipale di Alba Fucens e Marruvium.

Con i prosciugamenti del Fucino e il prolungamento della via Valeria dalla località “Arco” (“Cese di S. Marcello”) fino ad Ostia Aterni (Pescara), dapprima ad opera dell’Imperatore Claudio nel 52 d.C. e successivamente da Traiano ed Adriano (98-138 d.C.), i piani agrari aiellessi posti fra la Valeria e il Fucino vengono potenziati con la realizzazione, nel 149 d.C., della nuova centuratio (divisione agraria in lotti regolari) del Marsus municipium di Marruvio (Lib.Col. I, 229, 6-7; II, 256, 23-28), lottizzazione che si spingeva fino ai nuovi terreni emersi fucensi ed amplificava l’importanza delle ville rustiche agrarie poste sui limiti lacustri, come il caso della villa di “Castellano-Ponterone” i cui resti sono visibili a “Fonte La Regina” e riferibili ad un possibile fundus Hilarianus.
A partire dal IV secolo d.C., con la Marsica inserita nella Regione Valeria, la crisi socioeconomica del sistema municipale romano e il gravoso terremoto locale del 375 portarono ad un ridimensionamento della struttura insediamentale territoriale fucense di tradizione italica (soprattutto i vici) a vantaggio delle villae perilacustri ad economia agricolo-pastorale. A questo si aggiunse, nel secolo successivo, l’arrivo delle truppe barbariche di Alarico ed i Visigoti (410-412) e la distruttiva guerra gotico-bizantina del 535-553, soprattutto nell’inverno del 537-38 quando le truppe bizantine del duca Giovanni, provenienti da Aternum (Pescara) e dirette a Roma, svernarono ad Alba Fucens: l’arrivo delle milizie bizantine nell’area dovettero portare a saccheggi, devastazioni e massacri anche a danno della popolazione civile, azioni che portarono nel 539 d.C. alla morte per fame di ben 50.000 contadini nel solo Piceno (PROCOPIO, Bell.Ghot., II, 7, 20). E’ probabile che gli abitanti di Caela ed Agellus abbiano in quei pericolosi periodi riutilizzato i vecchi oppida marsi di Monte Secine e Castello, come documentato dal ritrovamento nel Monte Secine di una fibula bronzea a forma di pavone databile al VI secolo d.C. (Grossi 1998, 26-27).


Il periodo medievale

Nella seconda metà del VI secolo la Valeria viene invasa dai Longobardi e definitivamente conquistata nel 591 da Ariulfo, secondo Duca di Spoleto. Dall’accorata descrizione del Papa Gregorio Magno dell’invasione longobarda sappiamo dell’esistenza nella Marsorum provincia delle prime comunità cristiane, dei monaci addetti alla conversione dei pagani locali e della decapitazione di un “venerabile diacono” (Gregorii Magni, IV, 262): agli inizi della prima presenza longobarda nel territorio di Aielli risalgono le sepolture tarde della necropoli di S. Agostino con materiali di corredo di tradizione goto-romana databili al VI-VII secolo (Faita 1989, 299-230).

In età altomedievale l’area della Marsia, inserita nella Contea di Spoleto con la sua Gastaldia e successiva Contea Marsorum franco-longobarda, è interessata dalla presenza dei monaci benedettini, soprattutto quelli cassinesi con le chiese di Sancta Maria in Hyllara (Ponterone-Fonte Regina, sul luogo del tardo-romano fundus Hilarianus) e Sancti Gregorii in Pentoma (sotto il Cimitero di Celano) possesso nel 1017 della prepositura di Sancti Benedicti in Civitate Marsicana (S. Benedetto dei Marsi ) (Chron.Mon.Casin., 231, 10-15). Dalle donazioni dei re Ugo e Lotario sappiamo che alla cella cassinese di Sancti Victorini in loco Telle (S. Vittorino di Celano) appartenevano, nel IX-X secolo, l’antico mons Caelanus (Serra-Secine-Etra), i territori adiacenti (segnati ora dal toponimo “Celle Monacesche” che indicano l’esistenza di piccole sedi eremitiche monastiche sul Sirente, la medievale Serra de Candida nives) ed i possedimenti distrutti dai Saraceni sul finire del IX secolo (Reg.Mon.casin., II, 74 n. 41; 88 n. 8 = anni 941 e 981). Di probabile fondazione longobarda della seconda metà del VII secolo era la chiesa di Sancti Angeli in Agello situata nel vecchio casale di Aielli Vecchio.
A partire dal X secolo, dopo le distruzioni dei Saraceni ed Ungari, sulle alture sovrastanti le ecclesiae descritte, con i vicini casalia e curtes laiche, nascono i castelli-recinti (castella), di Focem, sull’imbocco delle Gole di Aielli-Celano, e Agellum (“Aielli Vecchio”) sotto Costa Pelara con le torri-cintate di avvistamento di Aielli Alto e di Monte Secine. Nel XII secolo, quando la Marsica era inserita nel normanno Principato di Capua fra le terre settentrionali di confine del Regno di Sicilia, i due castella sono ricordati come parte della Contea di Celano e possesso del conte Raynaldus de Celano: Focem era feudo di quattro militi (circa 520 abitanti), mentre Agellum era feudo di tre militi (circa 390 abitanti) (Jamison 1972, 214). A questi incastellamenti si affiancano nel basso medioevo le chiese del clero secolare con i vicini casali di Bovitio (“Bovezzo”), di Agello (“Aielli Vecchio”), Foce, Ozzanello, Molesiano (“Musciano”), Alafrano, Subezzano, Ponterone e Pentoma.

Dalle bolle papali di Pasquale II del 1115 e Clemente III del 1188 conosciamo la consistenza delle chiese dei casalia e castella del territorio aiellese: Foce con le chiese di S. Barbara, S. Donato, S. Marta, S. Pietro, S. Nicola e la montana S. Maria intra Fauces inserita nelle Gole di Aielli-Celano; Agello (“Aiello Vechio”) con le chiese di S. Angelo e S. Nicola; Bovitio con S. Maria e S. Giusta; Ozzanello con S. Giovanni; Alafrano con S. Croce e S. Pancrazio; Subezzano con S. Cristina e S. Cristofaro; Pensula con la vecchia chiesa cassinese di S. Gregorio; Pentoma con S. Giovanni e S. Ilario; Molesiano con S. Martino; Ponterone con S. Maria, la vecchia chiesa cassinese di Sanctae Mariae in Hillara; le chiese montane del Sirente come S. Pietro de Monte e S. Nicola in Capistrello (Monte S. Nicola del Sirente) (Di Pietro 1869, 144-149).
Nel secolo XIII, ad opera di Pietro Conte di Albe e Celano, vengono potenziati i castelli di Foce ed Aielli: la torre-cintata di Aielli Alto trasformata in un piccolo castello con recinzione dotata di torrette-rompitratta rettangole “a scudo” e nasce la grandiosa fortezza di Monte Secine, la Rocca de Foce, con le sue lunghe mura dotate di numerose torrette-rompitratta e tre grandi torri interne. I successivi conflitti fra Federico II e il figlio di Pietro, Tommaso “ Albe et Molisi comes”, portarono alla presa e distruzione nel 1230, dopo un lungo anno di assedio, della Rocca de Foce ad opera di Bertoldo, fratello del duca di Spoleto (Ryccadi Chronica, anni 1929-1930).
Ma anche lo stesso incastellamento di Aielli Vecchio aveva subito danni tanto che nel 1231 lo stesso Federico II dava l’ordine di riparare il Castrum Agelli, uno dei strategici castra dell’Aprutium svevo posto ai confini settentrionali del Regno: «Castrum Agelli reparari debet per homines ipsius terre» (Winkelmann 1880, 780; Sthamer 1914 e 1995, 121). Il successivo passaggio del Regno di Sicilia agli Angioini, dopo la definitiva sconfitta di Corradino di Svevia nella Battaglia dei Piani Palentini del 1268, vede Agellum nel 1273 come castello della Contea di Celano inserito nello Justitiariatus Aprutii ultra flumen Piscarie, quindi nell’Abruzzo posto oltre il fiume Pescara (Faraglia 1892, 75). Per un periodo compreso dal 1277 fino al 1316 Agello divenne feudo della contessa di Albe Filippa da Celano moglie del conte Oddo di Toucy (Antinori Corogr.).

Il ritorno nella Contea di Celano di Ruggero I Berardi porta nell’area i monaci celestini dell’Abbazia di S. Spirito in Morrone (Sulmona) a cui nel 1289 il conte celanese aveva donato la chiesa di S. Maria dei Seniori posta sotto Celano a Monterone. I Celestini di Pietro dal Morrone (Celestino V) sul finire del secolo, condotti dal discepolo e biografo di Celestino V Bartolomeo di Trasacco, trasformano una precedente cella eremitica del Sirente in un monastero celestiniano dedicato a S. Marco (i famosi Casareni di S. Marco, ora “Mandritti”, nel territorio di Aielli), posto sotto Monte Etra nelle vicinanze di “Vado Castello” del Sirente; monastero abbandonato nel 1328 perchè continuamente disturbato “dai malviventi” con il trasferimento dei monaci nel nuovo monastero di Sancti Marci in Foce realizzato, per volere del conte di Celano Pietro figlio di Ruggero I, a contatto della vecchia S. Maria intra Fauces al termine delle Gole di Aielli-Celano, sopra la “Fonte degli Innamorati” (Grossi 1998, 37-38).
E’ con il conte Ruggero II di Celano (figlio di Pietro) e dopo la distruzione nel 1347 dell’incastellamento di Aiello Vecchio ad opera delle forze di Amatrice, che inizia la costruzione del nuovo “Burgo” di Aielli, collegato con il piccolo “Castello” sommitale attraverso un recinto murario ornato di due porte (“Porta Montanara” e “Porta Jannetella”) e nuove torrette-rompitratta scarpate alla base: la sommità è coronata nel 1356 dalla raffinata torre-mastio cilindrica con canna ottagonale interna e firmata dall’iscrizione sormontata dallo scudo a banda trasversale dei Conti Berardi di Celano, mentre sotto il nuovo abitato nel 1362 viene fondata nel suolo giurisdizionale della chiesa di S. Giovanni in Laterano di Roma dallo stesso Ruggero la nuova chiesa della S.Trinitatis.

Dall’inventario dei beni di Ruggero II di Celano del 1387 sappiamo che lo stesso possedeva “in castro Agelli” la “selva di Foce”, i casali di Pentoma e Alafrano, la nuova chiesa della S. Trinitatis con le sue rendite e possessi, le chiese di S. Giovanni in Ozzanello, di S. Maria di Acuto e di S. Cristina (Sella 1936, VI-VII).
La seconda metà del trecento vede quindi la nascita del nuovo incastellamento di Aielli, dopo la distruzione di quello di Aielli Vecchio del 1347, nato nelle vicinanze del casale di Bovezzo con il suo borgo che acquista maggiore importanza nella contea di Celano: nel 1385 è Vescovo dei Marsi Gentile di Aielli, mentre nel 1403 il vescovo Filippo istituisce il Luogo-pio Ecclesiastico a Bovezzo, nell’ Ospedale di S. Maria della Pace, a cui unisce le rendite dell’ ospizio di S. Giovanni in Ozzanello (Di Pietro 1869, 153-154). E’ un periodo questo in cui l’economia locale è maggiormente legata alla potenziata via pastorale transumante “orizzontale” che si snoda nel piano fucense ricalcando il percorso della Valeria, il famoso Regio Tratturo Celano-Foggia definitivamente regolarizzato dagli Aragonesi sotto il conte di Celano Leonello Acclozamora (Colapietra 1979).

Dallo studio delle decime vescovili del trecento ricaviamo l’aspetto di una società profondamente agricola con un modesto apporto della pastorizia e della caccia a volatili stagionali migratori del lago Fucino (spatularum) (Di Pietro 1869, 144-149). Il casale di Aielli Vecchio è dotato della nuova chiesa di Sancti Silvestri de Ajello, mentre grande importanza assumono le chiese di S. Cristina in Subezzano e S. Giovanni in Pentoma, chiese “pievane”della Diocesi dei Marsi con i loro “prepositi” da cui dipendevanno nel trecento le numerose chiese dei casalia e castra del territorio di Aielli, come risulta dalle decime vaticane degli anni 1308 e 1324: in totale le due chiese “blebane” controllavano ben 30 edifici di culto (Sella 1936, 23-46).
La seconda metà del quattrocento vede gli interventi dei Piccolomini: sull’altura del “Castello” con i nuovi bastioni angolari circolari dotati di fori per fucili e colubrine, mentre la torre cilindrica viene modificata con l’apertura di finestrature rinascimentali e di una porta bassa che immette in un modificato ambiente dotato di copertura a cupola ornata da eleganti costolature ad ombrello; nell’interno del “Burgo” con la realizzazione degli “sporti” intramurali firmati dalle mezzelune dei nuovi feudatari senesi e nella “Piazza Publica” in cui svetta la nuova facciata di scuola aquilana della chiesa della SS. Trinità già fondata da Ruggero II di Celano nel 1362, facciata iniziata nel 1477 e finita da Antonio Piccolomini nel 1479 e consacrata dal Vescovo dei Marsi Ludovico Senese (Di Pietro 1869, 114-115).

A cura del Prof. Giuseppe Grossi
da www.comunediaielli.it

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